9. Ferro freddo

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Uno sparo, poi cadde il silenzio.
La scena sembrava essere stata bloccata da una strana macchina del tempo, eppure i pensieri dei presenti correvano rapidi come fulmini in direzioni diverse.

Il precario equilibrio si ruppe soltanto quando Calum, ancora sotto shock, fece un passo indietro nel vicolo. Il coperchio metallico di un bidone cadde a terra con un frastuono assordante nell'immobilità di quell'istante, coprendo tuttavia solo in parte le colorite imprecazioni del Seelie.

Haley sbatté le palpebre un paio di volte, aspettando che il dolore si propagasse lungo i suoi nervi. Era in tremendo ritardo rispetto a quel che avrebbe pensato. Non pensava di essere diventato insensibile fino a questo punto. Possibile che non percepisse il bruciore di un proiettile di ferro conficcato nella carne?

Gli ci vollero ancora alcuni attimi per capire. Secondi in realtà, ma a lui parvero anni. I suoi occhi misero a fuoco una dopo l'altra le immagini che riuscivano a catturare nella luce tremolante dei lampioni, in ordine sparso, confuso, finché non trovò il filo conduttore che le unisse in modo sensato. La canna di una pistola diretta verso il suo petto. La mano del Cacciatore stretta spasmodicamente sul manico. La sua espressione di disappunto e quella esterrefatta della ragazza. La figura pallida di Calum addossata a un cumulo di rifiuti, in un angolo. Più in basso, proprio ai suoi piedi, Rhys raggomitolato su se stesso, le dita premute sulla spalla destra, macchiate di rosso.

Corrugò la fronte, mentre passava lo sguardo dal proprio corpo a quello del fae ferito. Era così assurdo, ciò che aveva fatto per lui, che faticava a comprenderne l'effettivo avvenimento. Rhys aveva preso la pallottola al suo posto? Per quale maledetto motivo? Haley sapeva alla perfezione ciò che stava facendo, non aveva bisogno del suo intervento. Sapeva come ferirsi senza rischiare la morte, sapeva come velocizzare la propria guarigione senza un esagerato dispendio di forze, e Rhys aveva mandato all'aria ogni suo piano. Fantastico. Lavorava con degli incompetenti.

Fece una smorfia. Stava man mano riacquistando l'udito dopo quel momento di smarrimento, ma non poteva certo esserne felice. Calum stava mormorando insulti fra sé e sé come se fossero le parole di una ninna nanna un po' troppo spinta, mentre Rhys mugolava qualcosa di non meglio definito. I due ragazzi dai capelli rossi erano ancora davanti a lui, ma la pistola era abbassata, ora nelle mani dell'umana. Sembrava star rimproverando il fratello a mezza voce. Capì solo alcune frasi, come: «L'avranno sentito a miglia di distanza! La polizia non deve sapere», o: «Come ti è saltato in mente di sparargli senza giusta causa, deficiente?»

Di fatto, Haley era sempre più convinto del suo disgusto verso l'umanità. Si abbassò sulle ginocchia, cercando di contenere la nausea causata dalla sporcizia della strada, e costrinse il fae a spostare la mano dalla ferita. Vi posò in seguito due dita, con quanta più delicatezza possibile, e lasciò fluire in quel punto una piccola parte della sua Energia, quanto bastava per mantenere l'area al sicuro dalle infenzioni per qualche ora e fermare il sanguinamento. «Non muovere troppo il braccio. Sistemo la faccenda e ti portiamo da noi. Per quanto l'idea non mi piaccia affatto» ci tenne ad aggiungere, con l'ennesima smorfia disgustata sulle labbra pallide.

Rhys lanciò un'occhiata alla ferita semi rimarginata per poi squadrare Haley con un ghigno divertito fra le lacrime di dolore. Il ferro freddo lo stava dilaniando. «Non fingere di non avere un cuore, mia dolce infermiera.»

L'Unseelie si produsse in un ringhio infastidito, prima di tornare a concentrarsi sui due Cacciatori in lite, ignorando le risatine del fae. Avrebbero fatto meglio a sparargli in fronte, pensò, mentre con gli occhi seguiva il movimentato gesticolare della ragazza. Pur sembrando più giovane del fratello, aveva un non so che di minaccioso che la faceva troneggiare su di lui come una madre che rimprovera il figlioletto dopo essersi riempito i vestiti di fango.

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