15. Uccidere con stile

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I passi si fecero sempre più ravvicinati.

Colti alla sprovvista, i ragazzi si scambiarono sguardi di panico. Will fu la prima a riattivarsi. Tirando con sè il fratello per la manica della giacca si fece aiutare nell'occultare le armi che si erano portati dietro, spargendole per l'appartamento. Haley lasciò cadere il frammento di ceramica in una tasca del cappotto, mentre faceva segno a Calum di occuparsi della macchia. Il Seelie annuì e scese dal tavolo con un balzo, per poi catapultarsi di corsa sul divano letto. Gettò le coperte in una pila scomposta sul pavimento e dopo essersi assicurato di aver nascosto ogni traccia, si sforzò di assumere un atteggiamento indifferente. Per quanto Calum riuscisse a passare inosservato standosene sdraiato di traverso sul materasso, con un braccio a reggergli il capo e un maglione a righe rosse e bianche addosso.

In quel momento i passi si fermarono. L'intruso era giunto al pianerottolo. Non era altro che un piccolo rettangolo di spazio, una lastra di marmo biancastro che si apriva davanti alla porta di ingresso. Non ci sarebbe rimasto per molto. Infatti, la maniglia si mosse subito dopo, ricordando a Thomas che avrebbero dovuto procurarsi una chiave anche per quella serratura, un giorno o l'altro. Ormai era tardi. Rimasero immobili, con il fiato sospeso, finché la porta non venne socchiusa, lasciando sbucare all'interno della stanza una zazzera di capelli castani, acconciati in un ciuffo sproporzionato.

La bocca di Haley si aprì contro il suo volere, mentre il fae si chiedeva se tutta quella situazione non fosse soltanto uno scherzo di cattivo gusto. Doveva esserlo. Era impossibile che, dopo ciò che aveva visto e subito nella sua lunga vita, uno stupido ragazzino gli avesse quasi fatto prendere un infarto per lo spavento.  Non poteva accettarlo e non l'avrebbe fatto, cosa che si premunì di comunicare a Fionn con uno sguardo più che esplicito.

Il ragazzo dagli occhi grigi, d'altro canto, era stupito tanto quanto loro di trovarseli di fronte. Aveva gli occhiali un poco bassi sul naso e un lato della maglietta verde strappato, proprio sotto alla scritta Vegan Free stampata in caratteri cubitali blu. Stava sanguinando, fiutò Haley, ma non aveva voglia di fingere che gli importasse, motivo per cui rimase fermo a osservare come l'umano avrebbe reagito alla loro presenza.

Ancora una volta, però, fu Willow a interrompere il gioco di sguardi e silenzi fra gli altri. «Fionn! Cosa... cosa ci fai qui?» esclamò infatti, correndo ad abbracciare il fidanzato. Lui le lasciò un bacio sulla tempia, senza mai staccare lo sguardo dalle due fate. Che fosse stupito di vederli lì, beh, Haley non lo metteva in dubbio. Nessuno era mai lieto di incontrarlo. Tranne Calum, ma lui era un argomento a parte.

«Sai che scrivo per il giornalino della scuola, no? Mi hanno chiesto di portare un articolo decente questa volta o mi buttano fuori e io, vedi, ho davvero bisogno di un secondo corso extra per ottenere una borsa di studio. Così, quando ho visto aperta la porta di questa casa, che credevo essere abbandonata, mi ci sono fiondato subito dentro. Letteralmente, in senso che mi sono scontrato con una buffa armatura medievale all'ingresso. Credo di averla distrutta. Devo, uhm, ripagarla a qualcuno?» aggiunse con tono titubante il ragazzo, mettendo finalmente fine al suo sproloquio.

Haley aveva una strana voglia di prenderlo per il colletto della sua ridicola maglietta e appenderlo al davanzale della finestra lì accanto, dove non avrebbe più avuto la possibilità di ciarlare inutilmente, ma la risata di Calum lo distrasse da quei pensieri. Si voltò verso il Seelie, che aveva ormai abbandonato la sua posa "naturale" per rotolarsi sul materasso in preda alle risate. «Tu» esalò a fatica, tirandosi d'un tratto a sedere. «Tu hai... hai buttato a terra un'armatura» prese un respiro, per poi asciugarsi le lacrime con il dorso di una mano, «e ti sei pure ferito!» Detto ciò si ributtò fra le lenzuola, continuando a ridacchiare fra sé.

Fionn inarcò un sopracciglio, mentre Thomas, in disparte, si batteva una mano sulla fronte per l'esasperazione. «Perché ridi? E chi saresti, scusa?»

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