Epilogo

96 10 0
                                    

Uno stormo di corvi lo accolse prima ancora che potesse scorgere la vecchia casupola. La giornata stava volgendo al termine e le ali si stagliavano come pece contro il cielo rossastro e sopra agli alberi ricurvi.

Haley camminava da ore, sovrappensiero, le mani in tasca e gli occhi bassi sull'erba. Non riusciva a non pensare a ciò che Calum avrebbe potuto rispondere alla sua proposta. Sarebbe partito con lui? Lo avrebbe abbandonato? Lo trovava improbabile dopo ciò che avevano passato insieme, ma non era nemmeno ovvio e lui non poteva decidere per la vita di entrambi. Eppure non poteva ancora dirgli nulla, non prima di aver mantenuto una volta per tutte la sua ultima promessa.

Alzò il capo sentendo i versi striduli dei volatili. Il bosco era verde e tranquillo, fin troppo. Non si udivano nemmeno il fruscio delle foglie o le voci flebili degli anthousai. Tutte le creature di Faerie erano ancora riunite alla Corte per i festeggiamenti. Aveva dovuto convincere Calum a lasciarlo andare via prima con la promessa di non cacciarsi di nuovo nei guai, altrimenti si sarebbe ancora trovato coinvolto in balli infiniti e circondato da vestiti di tulle colorato.

La radura si apriva ora di fronte ai suoi occhi come un inquietante abbraccio. I corvi che lo avevano seguito fin lì planarono in gruppo e si dispersero intorno alla casa, alcuni all'interno e altri sullo steccato. I loro occhietti rossi non smettevano di fissarlo. Haley sapeva che Mauve poteva vederlo attraverso di essi. Se ne sentiva intimorito, nonostante fosse lì proprio per lei. Avanzò ancora di qualche passo, fino al confine della proprietà, dove un basso cancelletto delimitava il giardino incolto. Vi posò una mano e il corvo più vicino lo scrutò arcigno. Il sospetto che fosse lo stesso a cui aveva mandato a fuoco la coda tempo prima gli solleticò la mente, ma non fece in tempo a pensarci seriamente che un rumore di passi zoppicanti lo fece voltare verso la porta.

«Ne è passato di tempo» lo salutò con voce roca la donna, ferma sulla soglia della baracca. Reggeva il suo peso su un bastone bianco terribilmente simile a un lungo osso umano e si riparava le spalle con uno scialle sgualcito. Gli occhi ciechi lo osservavano con fissità.

«Non molto, a dire il vero. Qui il tempo scorre diversamente. Eppure molte cose sono cambiate» mormorò Haley. Non si spostò dalla sua posizione. Non aveva intenzione di metterci troppo.

Mauve ghignò. «Sei qui per la lettera? Pensavo che, nonostante la tua crisi di panico, ti avrebbe fatto piacere leggerla e riavere indietro il suo anello. Speravo anche che ti aiutasse a capire, ma fortunatamente quel Seelie tiene abbastanza a te da supplire alla vostra mancanza di intuito.»

«Non sono qui per quello» negò il fae. «Sono qui per la promessa che ti ho fatto. Non mi hai mai detto cosa volessi da me in cambio dei tuoi favori. Sto per partire e vorrei mettere tutto in ordine prima di farlo.»

«Partire» ripeté la donna fra sé. Poi scoppiò a ridere, una risata agghiacciante e stridula come il verso dei suoi adepti. «Intendi scappare dalla tua vecchia vita. Sapevo l'avresti fatto anche senza la mia palla di cristallo. È una cosa che fai spesso.»

«Non ho chiesto il tuo parere in merito» si indispettì Haley. Strinse i pugni sullo steccato per impedirsi di compiere quei passi che lo distanziavano dalla fata più anziana. «Voglio sapere cosa ti devo.»

Mauve scosse la testa. «Non sei convinto della tua scelta, altrimenti non la temeresti. È perché hai paura che Millet ti lasci solo? Idiozie. Quel fae non ti permetterebbe di stare lontano dalla sua ala protettiva per più di un giorno. Allora perché? Forse non sei certo di poter lasciare andare il passato come professi di voler fare?»

«Ti ho chiesto» ribatté ancora una volta Haley, sull'orlo di una crisi di nervi, «che cosa ti devo.»

«Non mi devi niente» rispose a quel punto la donna, con noncuranza.

L'Unseelie inarcò un sopracciglio. «Niente?»

Mauve annuì. «Non più. Mi hai già dato quanto dovevi.»

«Ovvero?»

«Temi di aver perso qualcosa inconsapevolmente, giovane Nightshade?» lo prese in giro, avvicinandosi di qualche passo. Poi alzò il capo. Osservò i suoi corvi gracchiare sul tetto spiovente e coperto di edera della casupola e ne richiamò uno con un fischio lacerante. Haley storse il naso nell'udirlo, come se gli avesse causato dolore fisico. Un incantesimo.

Il corvo spiegò le ali e volò dritto sul braccio teso della fata, aggrappandosi al tessuto con gli artigli sporchi. Emise un ultimo verso e poi si zittì. Mauve gli accarezzò le piume scure e sorrise fra sé. «Conosci la leggenda dei corvi, Haley?»

Il fae scosse la testa, titubante. Non era certo di volerla sentire, ma allo stesso tempo era curioso di sapere che cosa aveva fatto per sdebitarsi con lei. «Cosa dice?» si decise infine a chiedere.

Mauve lo guardò dritto negli occhi con un'espressione perturbante in viso. «Si narra che i corvi siano la reincarnazione delle anime dei dannati. Che per i primi tempi conservino ancora le caratteristiche di quando erano umani, prima di diventare nient'altro che semplici uccelli.» Fece una pausa. «Ultimamente ci sono davvero molti corvi intorno a te.»

Haley deglutì. Un brivido gli percorse la schiena mentre abbassava lo sguardo sul corvo che Mauve ospitava ancora sul polso e scorgeva uno scintillio azzurro fra il folto piumaggio. Se ne rese conto con orrore; i suoi occhi non erano rossi. Erano azzurri. Azzurro ghiaccio, come una delle proprie iridi, la stessa che aveva ereditato da suo padre. Fece un passo indietro e quasi cadde alla consapevolezza di ciò che Mauve aveva ricevuto in cambio della sua collaborazione. Un corvo nuovo. Una nuova anima. «Tu –» balbettò.

La fata sorrise. Con un gesto rapido della mano scacciò il corvo, che tornò in un battito d'ali nella sua posizione originaria. «Sarebbe bello se fosse vero, non credi?»

Haley guardò in alto, ma il corvo era sparito dalla visuale. Riuscì solo a scorgere il rosso del sole confondersi con il nero delle tenebre, in un monito a fare in fretta. Doveva ancora parlare con Calum e convincerlo a fare quella pazzia con lui. Doveva salutare Cedar, dirgli che senza di lui non avrebbero risolto nulla e che lo considerava l'unica figura paterna che avesse mai avuto. Doveva ringraziare Rhys per averlo coperto più volte senza domandare e scusarsi per quell'amicizia troncata anni prima, perché in parte era stata anche colpa sua. Doveva farsi perdonare da Ivy per averla coinvolta senza chiedere e per averle affidato un incarico più grande di lui, ma non certo di lei. Doveva fare le valigie e allontanarsi il prima possibile da tutto ciò che aveva fino a ora consociuto per ritrovare il vero se stesso, quel bambino che si era perso nel labirinto della Corte e che non aveva idea di cosa significasse sentirsi le mani sporche di sangue innocente.

Tornò ad abbassare lo sguardo. Mauve lo fissava ancora in attesa, ma questa volta il suo sorriso era più dolce, quasi materno. Haley cercò di immaginarlo sul volto sconosciuto di sua madre, ma si fermò subito. Niente più dolore. Se lo ripeté per una decina di volte prima di sospirare e sorridere a sua volta, come se nulla fosse successo. Come se il passato fosse svanito davanti ai suoi occhi in una nuovola di fumo e sogni agitati. Come se gli occhi di Regan non gli avessero appena lanciato uno dei suoi classici sguardi severi dal corpo di un animale.

Sorrise fino a farsi dolere le guance. «È una fortuna che si tratti solo di una leggenda.»

Il Regno dell'IngannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora