25. Ossessione

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«Muoviti ad aprire, c'è il diluvio universale qua fuori!»

A Willow per poco non scivolarono le chiavi dalle mani mentre il fratello la spingeva verso la porta. «Non so se l'hai notato, ma anche io sono qua fuori, idiota.»

Casa Fox non era molto distante dalla tana del kelpie. Di certo era più vicina dei bassifondi di Teorann dove abitavano Haley e Calum, e sebbene ci fossero un paio di kilometri da percorrere a piedi, i due Cacciatori riuscirono a raggiungere l'abitazione prima che facesse buio. Non poterono però evitare l'ennesimo acquazzone della giornata, che li sorprese quando mancavano solo poche decine di metri alla salvezza.

Willow riuscì a spalancare la porta d'ingresso solo dopo un paio di tentativi, a causa delle mani bagnate. Le stanze erano silenziose intorno a loro, segno che sua madre doveva già essersi addormentata e che la cena sarebbe stata solo un miraggio. Sospirò fra sè, abbattuta, per poi scrollarsi di dosso la giacca di jeans, fradicia e gelida per il vento invernale. La lanciò sulla spalliera del divano mentre attraversava il salotto, uno sbuffo seccato a lasciarle le labbra imbronciate. Tom la guardò perplesso dirigersi in cucina a passo di marcia, sbattere la porta e uscirne l'istante successivo con una bottiglietta d'acqua in mano. Stava vagando per la casa come un'anima in pena, mentre Thomas era ancora fermo sulla soglia con un'espressione fra il confuso e il divertito. Quando, alcuni istanti dopo, la ragazza inciampò sull'orlo di un tappeto, terminando il suo nervoso camminare, il fratello si decise finalmente a prendere la parola. «Posso sapere che stai facendo?»

Willow lo incenerì con uno sguardo. Gli diede le spalle subito dopo, soltanto per tirare un calcio al tappeto colpevole, ora ripiegato su se stesso. «Sto consumando le energie in eccesso, ma per oggi ne ho davvero abbastanza. Vado a dormire» mugugnò a quel punto, prendendo la via per le scale.

«Oh, no. Non ti ho guardata scavare un cerchio nel pavimento per poi lasciarti andare a dormire come se niente fosse. Mi dici qual è il problema?» sbottò Thomas, incrociando le braccia al petto. «È da quando siamo partiti dal lago che sei così.»

La sorella lo fissò con occhi seri, fin troppo. Una sua mano stringeva già il corrimano delle scale, pronta ad accompagnare il suo prossimo passo. Con i capelli rossi bagnati di pioggia a scoprirle le punte delle orecchie e la bocca serrata sembrava essere tornata la bambina irritante che Thomas ricordava tormentare la sua infanzia. «Così come?»

Il Cacciatore fece spallucce, stringendosi nel giaccone umido. I capelli gli gocciolavano sugli occhi in modo fastidioso. «Strana. Sei strana, non so spiegarti come.»

Willow scoppiò a ridere. Si passò una mano sul volto, asciugando dalle gocce di pioggia guance e fronte, e fece roteare gli occhi per tutta la casa. Prima verso la porta chiusa della cucina, poi lungo i mobili di legno scuro del salotto e infine lì, attraverso la finestra che dava sul cortile, da cui era ben visibile la piccola baracca di accoglienza per le fate, lo studio di Mikhail. «Trovi strano che io senta di essere trattata ancora come una bambina? Non dovresti. È quello che fai, quello che fate tutti. Papà mi tiene chiusa in casa ogni pomeriggio, a meno che io sia con te o con Fionn. Fionn stesso si comporta come se io rischiassi di rompermi in mille pezzi ogni volta che mi tocca. E forse all'inizio lo trovavo tenero, ma non più. Ora mi sembra solo patetico e umiliante. Poi ci sei tu, che mi impedisci di fare qualsiasi cosa in missione, prendendoti tutte le responsabilità. E ti chiedi pure che cosa mi prenda!»

Thomas spalancò gli occhi a quelle parole, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. Sua sorella, di fronte a lui, lo fissava con il fuoco nelle pupille, un'espressione che non gli aveva mai rivolto prima di allora. Doveva essere scoppiata tutto d'un colpo. E Tom credeva di saperne il motivo. «Sei ancora arrabbiata perché ti ho impedito di andare a Faerie, un paese popolato da creature mostruose, insieme a tre fae che non hanno affatto una bella fama? È questo che mi stai dicendo?» sbottò, un cipiglio scontroso a corrugargli la fronte.

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