26. Ti stavo aspettando

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La pietra del suo anello sembrava essersi scurita rispetto alla prima volta in cui l'aveva vista, sulle mani di sua madre. Non ricordava molto di lei, a dire il vero. Solo alcuni sprazzi di immagini, come un sorriso malinconico in una giornata piovosa, una voce spaventata nel buio e quell'anello, coperto di sangue per buona parte della sua struttura. Il giorno della morte di sua madre. Forse era il contrasto con il sangue scuro a rendere la pietra tanto luminosa nei suoi ricordi. O forse rispecchiava solo il suo umore degli ultimi giorni. Chi era lui per dirlo?

Haley inspirò profondamente. Strinse la mano in un pugno per impedirsi di guardare ancora una volta quel gioiello che tanto lo turbava e solo allora si concesse di risollevare lo sguardo sulla porta della propria camera. Non fu stupito nell'incrociare le iridi rossastre di Rhys, immobile di fronte a lui, con una spalla appoggiata alla cornice di legno e un mezzo sorriso sulle labbra. Si sentiva osservato da almeno una decina di minuti. «Sei qui per compatirmi o per chiedermi di abbandonare il piano?»

«Oh, nessuno dei due» rispose il Seelie scrollando le spalle ossute. Lo fissava dritto negli occhi con un'intensità fastidiosa, che Haley non voleva né era in grado di sopportare. Fu lui il primo a distogliere lo sguardo, poco prima che l'altro riprendesse a parlare. «Conosco bene la tua testardaggine. Mi è stata anche utile in alcuni casi, come ben sai. Non oserei mai dissuaderti dal fare qualcosa.»

«Allora perché sei qui, Rhys? Sono stanco di discutere. Voglio solo farla finita con tutta questa storia. Abbiamo atteso fin troppo» mormorò Haley a bassa voce, passandosi entrambi i palmi sul volto. Poi rialzò il capo, regalando al canuto un sorriso artefatto, reso ancora più opaco dall'espressione dei suoi occhi. «Non riferire a Calum ciò che ti ho detto. Potrebbe interpretare male le mie parole.»

«Potrebbe, certo» sbuffò Rhys. Entrò nella stanza con un passo, quanto bastava per potersi chiudere la porta alle spalle. Non si avvicinò a Haley, non cercò di toccarlo, non questa volta. Aveva un'aria spaventosa. E non dipendeva dalle occhiaie violacee, che facevano sembrare le sue iridi chiare due schegge di ghiaccio taglienti, nè dalle labbra sanguinanti, nè dalle maniche del maglione tirate fin sopra le dita, per impedirsi di vedere le proprie cicatrici. C'era qualcosa di diverso in Haley, dentro di lui. Qualcosa si era rotto, o era sul punto di rompersi. Lo stesso qualcosa che Calum era riuscito ad aggiustare con il tempo e che Rhys aveva avuto modo di vedere distrutto, anni prima che il biondo entrasse nella vita del l'Unseelie. «Potrebbe, perché tu non stai bene. Ti sei visto, Haley? Lo vedi come sei ridotto? Maledizione, Nightshade, non puoi ridurti in questo stato solo al pensiero di tornare laggiù. Ci sei già stato prima di venire qui. Cosa cambia ora? Perché sembri lo spettro di te stesso? Anzi, sai cosa sembri? Sembri lo stesso Haley che ho conosciuto in prigione. Te lo ricordi, vero? Ti ricordi come quel demonio che chiamavi padre ti riduceva? Ricordi di aver tentato il suicidio a causa sua? Eri esattamente come adesso. Spento. Eri –»

«Sta' zitto, dannazione, stai zitto, Rhys!» sbottò Haley a quel punto, alzandosi di scatto dal proprio letto, sul cui bordo si era lasciato andare ore prima. Aveva gli occhi lucidi ora, la paura mischiata alla rabbia sul loro fondo, a spazzare via la patina opaca che ne aveva spento la luce. Gli tremavano le labbra visibilmente e le mani continuavano a percorrere la superficie delle braccia in modo frenetico, come a cancellare dei segni invisibili, ma Rhys non fece caso a questi dettagli. Si limitò a sorridere, cominciando a scorgere il vero Haley al di sotto della maschera che il timore gli aveva cucito addosso.

Fece un altro passo avanti, contraddicendo le sue stesse regole, e strinse Haley per entrambe le spalle, nonostante il suo tentativo di ritrarsi. «Sei furioso con me? È quello che voglio. Arrabbiati se serve, basta che torni in te. Abbiamo bisogno della tua forza d'animo per portare a termine questo piano, okay? Cerca di restare presente con la testa. Il passato non tornerà a prenderti» gli sussurrò direttamente all'orecchio. Sentiva i suoi respiri pesanti cercare di farsi più leggeri, percepiva lo sforzo che stava facendo. Non era molto, ma si ritenne soddisfatto. Lo lasciò andare subito dopo, per poi congedarsi con un cenno del capo, senza aggiungere altro.

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