38. Specchio della Verità

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La camera era illuminata a stento. La cera sciolta si era solidificata sul tavolo, dove fino a poco prima tremolava una decina di fiammelle. Ora solo una debole colonna di fuoco si levava dallo spago dell'unica candela rimasta accesa. Spandeva il suo bagliore soffuso sulle ante lucide del mobilio, sulle pareti di pietra levigata e sulla finestra di fondo, seminascosta da una grossa tenda intessuta con foglie di ortica. Il riflesso della fiamma sul vetro incorniciava il volto della Regina con un'aura spettrale.

La fata osservò la propria immagine con un senso di distacco. La luce calda contrastava in modo sdegnoso con il colorito grigiastro delle sue gote e con il luccichio spento delle iridi.

Non era più abituata a vedersi senza il velo. Era sempre stata troppo spaventata da ciò che avrebbe potuto scorgere per levarlo. Non era pronta ad accettare il decadimento del proprio corpo, a vedere i segni della mortalità sulla pelle, a prendere coscienza della sua sempre più vicina scomparsa. Tornare a far parte della natura non era mai stato nei suoi piani. Eppure era qualcosa a cui non poteva opporsi. Nessuna fata può sfuggire al suo destino. Così si era ritrovata a ignorare la verità. Voleva pensare soltanto al presente e nascondere alla vista di chiunque, persino alla propria, l'evidenza della fine. Questo, fino a quel momento.

Si accarezzò una guancia con la punta aguzza delle unghie, lasciandole poi strisciare fino al mento e infine tornare lungo il fianco, molli come foglie autunnali. Il fantasma del loro passaggio le pizzicò la pelle per alcuni secondi. Arricciò le labbra in una smorfia. Le rughe intorno alla sua bocca divennero più profonde, proiettandole nuove ombre sul volto. Guardò anche quelle con aria annoiata. Poi, con un sospiro frustrato, voltò le spalle alla finestra e serrò le tende, affinché neppure un raggio di luce sfuggisse al loro manto.

Non stava reagendo come si sarebbe aspettata. Aveva sperato in qualcosa di più forte. Aveva sperato in un moto improvviso di ribellione, ribellione contro il destino e contro le leggi di Madre Natura. Invece, niente. Non aveva sentito niente. Quando aveva sciolto i lacci del velo dai capelli e l'aveva scostato dal volto per la prima volta dopo secoli, trovandosi di fronte quel viso vecchio e stanco, non aveva percepito alcuna emozione. Come se non stesse guardando davvero se stessa. Come se quell'essere ripugnante fosse solo uno dei suoi tanti servitori.

Eppure era lei. Era il suo viso quel fiore appassito che la fissava con piccoli occhi di brace dal vetro. La dimostrazione della vanità del tempo aveva scrutato nel profondo del suo animo annerito dalla cattiveria e l'aveva giudicata per quello che era: un corpo solido di polvere e sangue in attesa di tornare al suo stato originario. Nessun incantesimo avrebbe potuto allontanarla dall'orlo dell'abisso. Lo Specchio non le aveva mentito. Non aveva più tempo.

Era successo quella mattina. Non era solita consultare lo Specchio della Verità tutti i giorni, ma dal primo momento in cui aveva aperto gli occhi si era sentita in dovere di fargli visita. Era stata una sensazione improvvisa e immotivata, ragion per cui aveva dovuto darle ascolto. Si era recata nella sua stanza segreta, assicurandosi di non essere seguita, e dopo minuti di ricerche aveva ritrovato lo specchio fra le cianfrusaglie contenute in uno dei tanti bauli.

L'aveva nascosto, avvolto in un panno violaceo, in una stretta intercapedine creata fra il fondo effettivo della cassa e quello artificiale. Era rimasto lì per decenni, tanto da dimenticarsene. Regalo di nozze del nobile Unseelie a cui era stata data in sposa - e che si era premurata di uccidere personalmente prima che potesse pronunciare il suo "sì" - era un oggetto spaventoso e affascinante al tempo stesso. Univa magia bianca e nera in un connubio ambiguo. Non si poteva mai essere certi di quale sarebbe stata la sua risposta. Positiva o negativa? Vita o morte? La Regina aveva deciso ben presto di tenerlo lontano dalla propria vista, non appena le previsioni dello Specchio avevano cominciato a farsi sempre più inquietanti.

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