35. Stella a sette punte

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«Cosa stai dicendo? Tuo padre è l'assassino?»

Haley fece una smorfia infastidita. Il tono di Rhys si era alzato di almeno un'ottava, mentre i suoi occhi sembravano voler uscire dalle orbite, tanto erano spalancati. Si posò l'indice sulle labbra, guardandolo serio. «Fa' silenzio. Non voglio che gli altri lo sappiano.»

Il Seelie sbuffò una risata isterica. Si passò entrambe le mani fra i capelli e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza. Borbottava fra sé. I suoi rimuginamenti ricordavano ad Haley il suono vibrante emesso dai calabroni. Lo osservò muoversi a scatti senza dire nulla, le gambe incrociate sulla trapunta. Sapeva di dovergli lasciare del tempo per far sedimentare le sue parole. Lui stesso faticava a credere che fossero vere. Ad un certo punto, però, Rhys si fermò. Squadrò l'Unseelie dall'alto al basso mordendosi l'interno di una guancia. «Ne sei certo?» mormorò.

Il moro sospirò e si mise a giocare con i polsini della felpa che gli nascondevano le mani pur di non alzare lo sguardo. Si sentiva a pezzi. Aspettava soltanto che si alzasse il vento per disperderli nell'oblio, da cui poi non sarebbero più stati in grado di ricomporsi. «Sapevo si trattasse di un fae, per questo ho chiesto ad Absinth di controllare. Non avrei mai pensato a Regan. Cerco di non pensare a lui da decenni, lo vedo già fin troppo nei miei incubi. Non scherzerei mai su qualcosa di simile, Rhys, e Absinth non può essersi sbagliata.»

«È così assurdo» esalò il Seelie. Si lasciò cadere accanto a Haley, rimbalzando sulle molle dure. Fissò poi lo sguardo sul suo profilo, come alla ricerca di una conferma. Il pallore dei suoi zigomi veniva bruscamente interrotto da un paio di occhiaie rossastre. Non poteva vedere le sue iridi, nascoste dalle ciglia scure. Rhys allungò una mano per stringergli una spalla, ma il fae si ritrasse, accartocciandosi ancora di più su se stesso. Il Seelie rimase con la mano sospesa nel vuoto. «Cosa hai intenzione di fare, ora? Tranne consultare Absinth dal vivo e farti sbattere in faccia la verità una seconda volta, non mi sembra tu abbia un piano. Non capisco nemmeno perché tu non voglia coinvolgere gli altri. Almeno Calum -»

«No» lo bloccò Haley. Alzò lo sguardo per un solo secondo, ma a Rhys bastò per scorgere un luccichio inusuale nelle sue pupille. Stava piangendo. «Calum si preoccuperebbe per me. Mi impedirebbe di trovare una soluzione, o anche solo di continuare la missione.»

«Sacrificherebbe la vita di milioni di persone pur di salvare la tua. E non si sentirebbe in colpa nemmeno per un istante» ammise Rhys. Rise con amarezza. «E tu non vuoi che lo faccia.»

Haley si nascose il viso fra le mani. Più che un generale, in quel momento sembrava tanto un bambino indifeso. Navigava nella felpa con la sua figura esile e le dita che stringevano le ciocche nere parevano quelle di uno scheletro, bianche e ossute. Un singhiozzo gli scappò dalle labbra, ma fu rapido a ingoiare gli altri, premendo le mani sulla bocca con forza. «Non posso permettere che accada qualcosa a chiunque di voi. Ciò che mio padre sta facendo è una mia responsabilità. Mi ha mandato quel messaggio perché vuole che io sia presente al rito. Deve esserci un motivo e immagino non sia qualcosa di cui essere felici. Se ci sarà da rischiare lo farò da solo.»

Rhys gli afferrò entrambi i polsi, costringendolo a liberare il viso dalla morsa delle sue mani. «Stai dicendo un'idiozia dietro l'altra, te ne rendi conto? Non puoi affrontarlo da solo. Non hai ancora superato il dolore che ti ha causato.»

Haley si liberò con uno scatto. Lo stava trafiggendo con un'occhiata di fuoco fra le lacrime mal trattenute. «Sappiamo entrambi che non succederà mai. Ma posso tentare. Almeno voi sopravvivrete alla catastrofe.»

«Non ti lasceranno andare così facilmente» tentò ancora di convincerlo.

Il fae sorrise triste. Si alzò dal letto e raggiunse la porta, sbloccando la serratura. Continuò a dargli le spalle anche quando riprese a parlare. «So che non lo faranno. Per questo ne ho parlato solo con te. Tu non tieni alla mia vita, mi devi soltanto un favore, perché non sei capace di vivere con i sensi di colpa. Il favore che ti chiedo è proprio questo. Non dire nulla agli altri. A tranquillizzare Calum ci penso io.»

Il Regno dell'IngannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora