4. Immorale

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Fu la persistente sensazione di essere osservato, unita a un ennesimo pizzicotto sul collo, a far scomparire del tutto ogni traccia di sonno dagli occhi di Haley.

Li strizzò con forza prima di passarci sopra i pugni chiusi, mugugnando qualche mezzo insulto diretto a Calum. Non aveva bisogno di vederlo. Ogni mattina il fae si divertiva a tormentarlo nei modi più assurdi, dal semplice gettargli caraffe di acqua in faccia fino ad arrivare, una volta, a trascinarlo direttamente nel letto di un torrente. Haley non lo aveva ancora perdonato per quello scherzo.

«La prossima volta che andremo a caccia ti prometto che ti lascerò mangiare tutti i funghi che troverai sul tuo cammino, Cal» aggiunse ad alta voce quando riuscì finalmente ad aprire gli occhi. Tuttavia si trovò presto a corrugare la fronte, confuso. Davanti a lui non c'era nessuno. Impiegò qualche secondo a ricordarne il motivo. Il pavimento liscio sotto le sue mani non lasciava spazio ai dubbi: non si trovava nella sua abitazione fatiscente nella collina dei Solitari, ma nel cuore stesso della Corte Unseelie. Per la precisione, era seduto a terra e con la schiena appoggiata contro la porta della sua vecchia e odiata camera da letto.

Con grande sollievo notò che non c'erano tracce nè di Calum nè della tanto temuta brocca d'acqua ghiacciata. Non che alla possibilità di una doccia fredda preferisse dover alloggiare nello stesso luogo in cui l'avevano tradito e umiliato, ovviamente. Avrebbe sempre scelto il letto cigolante e le persiane cadenti di casa sua a quella messa in scena di lusso, ma per una volta cercò di pensare positivo e godersi la calma prima della tempesta.

Un altro pizzicotto, più forte dei precedenti, lo riportò al motivo per cui si era svegliato di soprassalto. Haley emise uno strillo acuto, prima di tapparsi la bocca con la mano sottile. Aggrottò la fronte e scosse la testa. Allora non se lo era immaginato. Preso dalla ricerca della fonte di quel dolore si colpì accidentalmente dietro al collo, facendosi male da solo, ma alla fine, con uno sbuffo seccato, riuscì a togliersi di dosso il folletto dispettoso che gli si era nascosto fra i capelli. Gli lanciò un'occhiataccia, a cui la minuscola creatura rispose con una smorfia. Non aveva idea di come fosse riuscito a entrare nella sua camera. Forse gli era rimasto attaccato ai vestiti da quando era uscito dal labirinto. Di solito quelli della sua specie non si azzardavano a entrare senza invito nella Corte. Erano legati alla natura nella sua forma più viva, mentre gli Unseelie non sapevano fare altro se non distruggere e comandare. Haley questo lo sapeva bene.

Osservò per qualche istante la figura bluastra e alta poco più di due centimetri che ciondolava appesa fra le sue dita. «Mi hai appena svegliato. Cosa hai da dire in tua difesa?» la rimproverò il fae imbronciato. Il folletto non rispose, ma Haley aveva la sensazione che stesse sorridendo. Un gesto azzardato da parte sua. Se avesse voluto avrebbe potuto stritolarlo nel palmo della mano o dargli fuoco con una semplice parola. Ridurlo in un mucchietto di cenere trasportata dal vento estivo.

Non fece nulla del genere, però, e forse la creatura ne era in qualche modo consapevole. Dopo tanti anni di cieco servizio e sottomissione era davvero stanco di uccidere. Poteva ancora vedere il sangue di centinaia di innocenti sulle dita pallide e magre, un vessillo scarlatto a ricordo di ciò che era stato. Continuava a sperare di essere cambiato ma, in fondo, è possibile cambiare davvero? Haley non lo sapeva e d'altro canto preferiva fingere che la sua vita di un tempo non fosse altro che un orribile incubo. Ogni tanto si immergeva ancora nel fiume e tentava di grattare via del sangue immaginario rimasto sotto le unghie, ma stava meglio, lo sapeva. Era stato semplice ignorare la realtà, almeno fino a quella dannata ghianda.

Sospirò e con gesti resi rigidi dalla posizione in cui aveva dormito aprì di poco la porta, quel tanto che bastava per gettarvi fuori il folletto. Lo vide atterrare e rimbalzare sul pavimento con degli strepiti acuti. Non poteva decifrarli, ma era sicuro fossero tutt'altro che parole di ringraziamento. Haley ridacchiò fra sè e per tutta risposta gli sbattè la porta in faccia. Era stato già fin troppo cortese per i suoi standard.

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