17- un regalo speciale

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L'eccellenza di un dono sta nella sua adeguatezza, piuttosto che nel suo valore.
-Charles Dudley Warner  

 Paris mi guarda con sospetto mentre finisco di assemblare il regalo di Zayn. Sono soddisfatta del mio alberello, è un piccolo concentrato di natale formato mini per la mia versione personale del grinch che ha rifiutato di fare qualunque decorazione natalizia.


L'ho ricoperto di luminarie, palline di cioccolato pronte a essere mangiate, snack e caramelle fino a che i rametti no hanno chiesto pietà iniziando a piegarsi, e tutte quelle belle ghirlande argentate che hanno catturato l'attenzione dei miei occhi con tutto quello scintillio. Ho decorato il vaso con tanti lustrini e fiocchi di neve e ovviamente come ogni albero che si rispetti ha già incorporato i primi regali.

"Mi sembri folle, chi regala un mini albero di Natale per Natale?"

"A quanto pare io." Imballo il tutto con la carta da regalo più brutta trovata in commercio, ma anche l'unica che sono riuscita ad accaparrarmi e molto scotch. L'aspetto non è decisamente dei migliori ma il gigante fiocco che sta in cima lo rende vagamente un regalo.

"Potresti farci conoscere, è carino." Ha lo sguardo vacuo e infido mentre lo dice girando intorno il pacchetto per sistemare meglio il fiocco.

"Zayn non è tipo da appuntamenti combinati e l'ultima cosa che vuole è qualcun altro che cerca di appioppargli una fidanzata. A dirla tutta credo sareste male assortiti. Lui è tutto ciò che detesti e viceversa senza contare che è amico di Emma e tu sei stata con il suo ragazzo."

"Cody mi ha detto di essere single e ho chiuso quando l'ho scoperto. Non sono io la cattiva. Comunque hai ragione, sarebbe complicato sotto molti punti vista e vorrei qualcosa di semplice. È davvero carino però."

"Decisamente ma punta ad altro, Zayn è tutto fuorché semplice."

"Ci rivediamo tra dieci giorni, puoi smetterla di decorare quel coso indecente, infilarti un paio di Jeans e venire a cenare fuori con me o ti devo pregare in ginocchio?" Sbotta poi con uno sbuffo scuotendo la testa difronte al mio pigiama orrendo (ma caldissimo) con i coniglietti. Smetto di toccare la carta e non me lo faccio ripetere di nuovo, si è fatto tardi e se voglio terminare le valige entro stasera devo necessariamente uscire con Paris adesso.

Mi concede per una sera di potermi attenere al mio piano fatto di orari e scadenze che per lei che fa tutto un po' a caso è una chimera e dopo tanto affannarsi riuscire a portare a termine il programma mi fa dormire tranquilla nonostante l'idea che domani a quest'ora potrei essere nel mio letto mi fa rigirare più volte nelle coperte..

Alle cinque in punto del mattino, appena la sveglia suona balzo in piedi e l'entusiasmo mi fa sentire carica ed energica come non mi è mai successo, da quando ho memoria a un orario come questo. Di solito alle cinque di mattina non riesco a uscire dal letto se non strisciando.

Essendo tutto pronto e organizzato non mi resta che vestirmi e chiamare il taxi, non mi soffermo a ricontrollare per la centesima volta la valigia, controllo solo che la carta d'imbarco e il passaporto siano al loro posto ma ho sempre la strana sensazione di aver scordato qualcosa.

Mi sobbarco il regalo di Zayn, il tassista lancia occhiate strane al pacchetto e io mi limito a sorridere timidamente sperando che non lo scambi per un pacco bomba e mi porti al primo commissariato che incontra per strada mentre gli do l'indirizzo di Zayn.

Nel suo palazzo c'è un silenzio tombale, quando mi avvicino alla porta non sento nemmeno lo zampettare di Zap che è molto accorto ai rumori. Eccezione fatta per quando è impegnato a mangiare. Infilo il biglietto sotto la porta e lascio il pacchetto proprio sul tappeto tornando indietro velocemente prima che il tassametro raggiunga cifre astrali.

Tutte le emozioni contrastanti verso la situazione che per via di mia madre si è creata su mio padre, svanisce lentamente. Durante il viaggio non penso ad altro che quanto sarà bello tornare a casa dopo tempo.

Nonostante i lunghi viaggi fatti con i nonni in lungo e in largo per il mondo, non sono mai stata tanto lontana da mia padre, dalla mia routine Romana ed è innegabile che negli ultimi tempi al telefono siamo stati distanti.

Troppi dubbi, incertezze hanno minato, anche grazie alla distanza, il nostro rapporto e se ci penso, anche adesso storco il naso e provo un moto di rabbia che però non può sovrastare la gioia del tornare a casa.

Non sapevo che una città, le abitudini di una vita che mi hanno fatto sentire spesso stanca e annoiata potessero mancarmi tanto. Solo quando il pilota annuncia l'atterraggio mi accorgo di avere quasi gli occhi lucidi dalla gioia.

Arrivo a Fiumicino con un aspetto indecente, i capelli sono stati totalmente sopraffatti dall'aria calda e appiccicosa dell'aereo diventando piatti e con le punte secche, le occhiaie sulla pelle chiara risaltano e non mi sorprendo per tanto quando mia nonna sbarra gli occhi appena mi vede.

Sono lì in piedi, due signorotti distinti nei loro abiti spropositatamente eleganti per venire in aeroporto e mio padre con i suoi Jeans della domenica e una polo che mi viene in contro per uno dei suoi abbracci da orso che non mi fanno respirare.

"Sei pure fatta alta." Mormora scompigliando ancora di più i capelli.

"No pa', quelli sono sempre i tacchi ma ci hai provato." Rido a mia volta. I miei nonni sono come sempre molto più contenuti ma i loro occhi sono lucidi e mi osservano, nonostante il mio aspetto pieni di orgoglio. Non credevano nemmeno loro che avrei resistito. Non è cattiveria o scarsa fiducia e che mi conoscono e sanno quanto i cambiamenti mi fanno perdere la testa e suppongo sia una sorpresa invece vedermi per le vacanze e non perché me la sono data a gambe.

"La mia nipotina appena tornata da Cambridge." ha detto con orgoglio il nonno attorcigliandosi i baffi grigio topo tra pollice e indice, stringendo a se la nonna da cui ho ereditato l'altezza di una botte e poco più.

"Non vediamo l'ora di sentire tutto, ultimamente sei così impegnata che parliamo a stento." Aggiunge la nonna divincolandosi dall'abbraccio per venirmi a sistemare il cappuccio della felpa che sbuca dal giubbotto e i capelli togliendo dalla borsa una mole di ferretti da far invidia a un parrucchiere. Non ho scampo, ma fortunatamente ha destrezza con le acconciature e in cinque minuti ritorno ad avere dei capelli vagamente presentabili.

Mi sento subito a casa, come se non fossi mai andata via per davvero e il tempo trascorso dall'ultima volta che ci siamo ritrovati in questo stesso aeroporto con la sola differenza di essere nell'area partenza fosse solo un battito di ciglia. Ho la sensazione che se domattina prendessi il solito pullman delle sette per andare nel mio vecchio liceo troverei gli amici di sempre e il vicepreside a sputacchiare all'entrata al suono della campanella. Sullo schermo del cellulare però, c'è una foto buffa con Paris che mi ricorda che il liceo non mi manca per niente.

Like I would- Zayn MalikDove le storie prendono vita. Scoprilo ora