7- Cioccolatino e amarezza

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Voi conoscerete la verità, e la verità vi renderà folli.

Aldous Huxley

Mettendo in ordine la mia camera ho capito un paio di cose molte importanti: il mio sistema per fare il bucato funziona solo se infilo per davvero i miei indumenti nel cestino dei vestiti sporchi.

Due che il motivo per cui non devo fare mai la lavatrice e che almeno tre quarti del mio armadio è in realtà sotto il letto, appallottolato nel cassetto infondo dell'armadio o ammucchiato all'angolo del tappeto in attesa di essere lavato e per ultimo che ho una dipendenza per le patatine al pollo (gravissima 8 bustine da 40g al giorno) Muffin (Meno grave ma comunque preoccupante almeno 2 al giorno) e per le ciambelle zuccherate di Sainsbury's (Pericolosa una confezione da 6 a settimana ma solo perché non le trovo sempre.)

Guardando tutte quelle cartacce insieme è stato scontato prendere la decisione d'iniziare a mangiare decentemente e di ritagliarmi il tempo per il pranzo e per vestirmi con più calma per evitare di lanciare i vestiti per la camera. La sento la vocina di mia nonna che mi dice "Non si sa mai che può succedere, tutto deve essere ordinato."e come se l'avessi qui. Sensi di colpa a distanza.

Addirittura in un improvviso impeto di follia sono passata da un unico cesto per il bucato a tre, uno per i bianchi, uno per i colorati e infine quello per i capi scuri.

La stanza profuma del detersivo per pavimenti al limone, che per qualche assurdo motivo mi piace parecchio e quando ho finito di sistemare le lenzuola sanno di vaniglia e tutto brilla e risplende. Scatto una foto e la invio a mio padre per vantarmi di essere diventata matura e ordinata. Clamorosa bugia, ma lui ci crede e manda una schiera di faccine e pollici all'insù.  La nuova piaga del millennio i cinquantenni e le faccine non sembrano mai essere abbastanza per loro sarà perché sono gratis? 

Mi faccio la doccia e mantengo tutto in ordine mentre indosso le uniche cose decenti che mi sono rimaste e sto attenta ripiegare e rimettere a posto ogni cosa che tocco come se credessi davvero che questo idilliaco paradiso possa resistere ad una settimana di fuggi fuggi tra università e lavoro.

Arrivo con dieci minuti di ritardo, persi per la ricerca dell'ombrello finito non si sa come sotto il divano e mi metto seduta sotto un albero, ormai spoglio dai rami lunghi e nodosi quanto basta a riparare la panchina dai primi fiocchi annacquati di neve.

Mi meraviglio di non vedere Zayn nei dintorni, per quanto è puntiglioso non mi sorprenderebbe sapere che il mio ritardo è stato sufficiente per farlo andare via e già immagino i suoi lamenti e sbuffi al prossimo incontro. Sto per alzarmi quando alla fine della strada con la schiena ricurva noto la sua figura venire verso di me mentre litiga con la sciarpa. Sembra un gatto che tenta di afferrarsi la cosa.

Riconosco subito il suo passo frettoloso e un po' disattento e la mano sinistra che oscilla come il pendolo di un orologio accompagnando la sua camminata.

Balzo in piedi ripiegando il giornale e lo richiamo per fargli notare la mia presenza. Mi rivolge un'occhiata e accelera di poco il passo lasciando perdere il groviglio di lana intorno al collo, fino a raggiungermi.

Si stringe un po' di più nel suo giaccone sportivo, e risistema il cappuccio della felpa che sbuca fuori, ricacciandoci dentro un ciuffo di capelli corvini e ribelli. Sembra abbia litigato il pettine, non ci sarebbe da sorprendersi.

La punta del naso e delle orecchie gli sono diventate leggermente rosse per via del freddo e mi viene spontaneo cercare il mio riflesso nello schermo del cellulare per vedere se anche su di me il vento ha sortito le stesso effetto.

"Tutto ok? Hai un'aria... Strana." Non sapevo come altro definire quel suo sguardo perso assente in modo più marcato del solito, e quell'aria stordita che lo porta a sbattere le palpebre di tanto in tanto.

Like I would- Zayn MalikDove le storie prendono vita. Scoprilo ora