22- Empatia

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  Le nuvole scure coprono la luna, la notte è ancora nelle sue ore più lunghe e buie e non vi è traccia del sole, nascosto da qualche parte sotto l'orizzonte.

L'orologio segna le quattro e trenta del mattino e i miei occhi sono vispi e spalancati come se fosse mezzo giorno. Non riesco a smettere di pensare, a ripetermi il discorso mentale, in più varianti che dovrò fare a Coraline e Dave. Nella prima variante solo sanno di me, sempre saputo ma non hanno mai avuto idea di come trovarmi, chi fosse mio padre anche se avrebbero tanto voluto. Questa è l'opzione che più piace, su cui spero di più.

La seconda opzione è quella in cui sanno di me, chi sono, dove abito e chi è mio padre. Avrebbero potuto mettersi in contatto ma non l'hanno fatto, perché gli bastava una figlia sciagurata, senza il bisogno di una nipote con gli stessi geni. Quando penso a questo, avverto già il loro disprezzo mentre mi invitano ad andarmene e non tornare mai più.

La terza seppur meno catastrofica fa comunque contorcere il mio stomaco è quella in cui non hanno idea della mia esistenza. Dove mia madre ha preferito eliminare la parentesi come se fossi qualcosa da nascondere. È anche la più complicata. Come posso dire a due perfetti estrani, dopo essere piombata a casa loro che la sconosciuta in questione e in realtà loro nipote? Hanno una certa età e nella mia testa immagino già l'ambulanza arrivare a sirene spiegate perché ho fatto venire un colpo a uno dei due. Sarebbe omicidio? Mi vedo già in carcere a intonare le canzoni dei Placebo con la fisarmonica e la tutina bianca e nera.

Niente mi permette di prendere sonno, provo con della musica, con un libro ma fino all'alba resto sveglia a fissare dalla mia finestra il cielo schiarirsi piano piano.

Alle sei un punto, approfittando della calma tra Jamima e Paris che è possibile solo quando dormono a quanto pare, mi infilo a passo felpato in bagno e mi concedo, una lunga doccia tiepida con la speranza di avere più energie.

Approfitto del bagno tutto per me senza alcuna lotta di supremazia, prima sistemare meglio i capelli e mettere un po' di mascara alle ciglia bionde che tendono sempre a sparire. Dopodiché giusto in tempo per il risveglio di quella belva di Jamima che mi incrocia sull'uscio del bagno mi appollaio sul letto difronte all'armadio con le ante spalancate, nuda come un verme a prendere freddo mentre cerco di decidere che cosa indossare.

Pantaloni o gonna?

felpa o maglione?

Stivali o sneakers?

Calzettoni di lana o collant e parigine?

Improvvisamente sento la vocina di mia nonna insinuarsi nella mia testa, lei e tutti i suoi consigli su come mostrarmi carina aiuti a far essere le persone ben disposte ad ascoltare. La testa mi vortica, quanto sarebbe bello adesso vederla entrare con la stampella in mano e gli abiti che secondo lei sono adatti. È stata una tortura a volte ma quella donna ha gusto e ragione da vendere alle volte.

Metto la gonna blu notte con un maglione a trecce rosa pallido, i collant, le parigi e le sneakers per non sembrare troppo elegante. Non è affatto male il mio riflesso nello specchio nonostante mi senta come una barbie con venti centimetri di altezza in meno.

Del resto il mio piede è guarito ma temo non sia ancora il momento di tacchi e mi tocca accontentarmi del poco rialzo della mia scarpa che è comunque meglio di niente.

Entro in cucina e resto sorpresa di vedere Jamima e Paris fare colazione insieme seppur a due lati opposti della stanza. Mantengo anche per oggi il mio silenzio e se la prima continua allegramente a sfogliare la rivista senza fare una piega, per Paris non è altrettanto semplice cucirsi la lingua.

"Oggi è il grande giorno allora, sei nervosa?" Mi domanda a voce bassa ma scorgo comunque Jamima allungare l'orecchio. Non do una risposta, e lei prosegue con un sospiro profondo, una volta, una seconda, alla quarta alla fine non posso fare a meno che accennarle un 'sì' secco.

"Magari potremo parlarne, non è giusto che te la prenda con me."

"E' giusto e come." Ribatto secca, io avrei impedito che una pazza si appropriasse delle sue cose.

"Credimi ci ho provato! Mi terrai il muso per sempre?" Piagnucola come una bambina attaccandosi alla mia gonnella.

"Solo finché la voglia di ucciderti non mi passa." Ribatto, annuisce afflitta e prima di vederla ricominciare con i suoi estenuanti sospiri afferro il mio cappotto e mi precipito con cautela ancora per riguardo al mio piede fuori dall'edificio.

Arrivo alla caffetteria magnolia, ho lo stomaco chiuso e nemmeno i loro cupcake più invitanti e l'odore di Brioche appena sfornate riesce a mettermi un briciolo di appetito ma non mi faccio mancare un caffè.

Ultimamente ho riscoperto il piacere del caffè estero, lungo dal sapore leggero che ti accompagna per tutta la mattina nonostante per i casi più estremi di pigrizia, l'espresso rimane in cima alle mie preferenze. Il caffè all'americana, è una lunga coccola da portare in giro.

Una fiesta nera accosta sulla strada, riconosco il ciuffo ribelle di Zayn sul lato del passeggero prima ancora che il suo amico sposti la testa rivelando la sua figura. Entrambi escono dall'auto, vedere Zayn mi rincuora ma avrei preferito non avere sconosciuti tra i piedi.

Tonno è un tipo allampanato, in calzoni neri all'ultima moda, occhiali dalla montatura in acciaio e capelli rossicci perfettamente acconciati.Mi porge subito la mano presentandosi allegro e io gli propino il mio solito sorriso di circostanza stringendo la sua mano.

"Quindi tu sei la famosa Diana, dopo tante chiacchiere ci conosciamo." Dice allegro, lancio un'occhiata a Zayn interrogativa e lui a sua volta fa una smorfia verso l'amico.

"Non così tante, dai andiamo." Bofonchia. Mi trascina per una mano come se fossi un fuscello e io lo seguo piagnucolando mentre tengo in equilibrio il bicchiere, ormai vuoto di caffè. Appena mi lascia gli do un buffetto sulla spalla e mi volto per andare a buttare il bicchiere.

"Quanta maledetta fretta!" Mormoro mettendomi sul sedile di dietro.

"Abbiamo tutto il tempo del mondo, stamattina si è alzato dalla parte sbagliata del letto." Risponde Tonno scuotendo il capo.

"Dove hai lasciato Zap?" Domando di getto ricordandomi che passerò tutta la giornata fuori e che lui non è qui.

"Da Finn, sta benone non hai altro di cui preoccuparti? Hai pensato a cosa dire?"

"Più o meno, mi sento come un elefante in una cristalleria, spero che siano in salute ho avuto un paio d'incubi su me che spiego alla polizia che non volevo ucciderli con la mia sensibilità poco sviluppata."

"Delle premesse fantastiche insomma." Mormora lui in risposta. Il viaggio resta parecchio silenzioso, a parte la piccola lite tra Zayn e tonno sul monopolio della musica il primo alterna gli AC/DC a i Guns il secondo preferisce di gran lunga il Jazz così di tanto in tanto la musica si alterna creando una strana confusione nell'abitacolo.

Io sono tesa, Zayn lo è e tutto intorno a noi c'è un silenzio morsicato dall'ansia. Intriso di parole. So che lui è preoccupato per me e io a mia volta sono preoccupata per me stessa.

Dopo due ore abbondanti di macchina ciò che appare all'orizzonte sono altre campagne, L'Inghilterra è un concentrato di cittadine alternato a immense e desolate campagne tutte uguali. Fanno quasi impazzire perché sembrano non portare da nessuna parte, di stare sempre nello stesso punto.

Arriviamo a destinazione dopo un'altra abbondante ora di auto in cui a stento mentango gli occhi aperti.

La prima cosa che faccio appena scesa è stiracchiarmi, la seconda indossare il cappotto tolto durante il viaggio e infine la terza e trascinare Zayn nella caffetteria all'angolo della strada per un altro caffè.

Mi spiega che tonno nel frattempo è andato a scattare alcune foto per un altro lavoro, qualcosa che ha a che fare con un tradimento, l'ennesimo. Mestiere triste il suo, non mi stupisce che Zayn non cerchi una ragazza, vedendo quanti tradimenti ci sono in giro la sua visione dell'amore deve essere cambiata e la sua ultima storia non ha certo aiutato.

L'aria è tesa, parliamo a stento ed entrambi sembriamo due corde di violino.

"Si può sapere perché sei così agitato?" Sbotto di getto.

"Sono empatico, ed è una cosa grossa per te voglio che vada bene." Dice e mi ritrovo ad annuire.

"Non saprò mai come ringraziarti, lo sai vero? Fai troppo per me."

"Detto da quella che si è trasformata in un imbianchino per ridipingermi la casa è un paradosso. Faccio il mio lavoro e mi preoccupo come un amico. Tutto qui." Ribatte con un'occhiata. Gli sorrido divertita, scuoto la testa gli lascio un bacio sulla guancia frettoloso aggrappandomi al suo braccio teneramente.

"Sempre la solita smielata, muoviti forza dobbiamo camminare." Porta gli occhi al cielo e mi fa strada verso il marciapiede, sa dove andare come se abitasse qui da sempre e io silenziosa lo seguo cercando di mantenere il passo senza affannarmi.

Like I would- Zayn MalikDove le storie prendono vita. Scoprilo ora