34- Il momento che stavo aspettando

88 5 0
                                    

  Acquisto un'incredibile e falsa sicurezza quando raggiungo il civico 21 di Bond street. Guardo la piccola casa in mattoni rossi con il tetto spiovente blu e un grazioso recinto in legno tinto di bianco a proteggere i quattro ciuffi d'erba, da cui a breve sbucheranno i primi fiori.

Una casa uguale a tante altre in queste stessa via, solo, più piccola.

Dalla finestra svolazza una tenda bianca con dei grossi papaveri rossi che lascia intravedere i vasi di lillà e la parte superiore di un armadio bianco.

Sul davanzale inferiore ci sono dei piccoli cactus, messi qui da poco a prendere il sole. Lo si capisce, dal fatto che al contrario del marmo non sono ricoperti da uno strano di fuliggine dovuto alle macchine che passano.

Mi chiedo come debba sentirsi lei. Starà passando un sabato pomeriggio come tanti ed ecco che arrivo io a sconvolgerle, nel migliore dei casi, solo la giornata.

Premo sul campanello, aspetto battendo nervosamente il piede sull'asfalto con le mani nelle tasche.

La porta impiega qualche minuto ad aprirsi mi sembra stupido pensare e sperare che possa non essere lei ad aprire la porta. Ma che dovrei dire al marito?

"Ciao sono la figlia abbandonata di tua moglie, sono venuta perché credo di volerle bene e vorrei sapere perché è andata via e magari sentirla per telefono di tanto in tanto." Decisamente pessimo come inizio.

Penso a una scusa plausibile ma non serve perché sulla soglia della porta appare la figura di mia madre. Il suo viso mi sembra, a conti fatti, quello di uno sconosciuta. Se in cantina non avessi trovato quella foto avrei potuto incontrarla per strada e non riconoscerla. Eppure quei suoi lineamenti sono simili ai miei in certi punti: nelle guance tonde e piene, il taglio degli occhi e d'attaccatura dei capelli. Con il tempo sono rimasti ricordi strani della sua Immagine nonostante le foto. Ricordo i suoi capelli biondi mossi come dopo una giornata al mare, i vestiti colorati e la sua figura lunga e sinuosa che non sembra mutata di molto, ma il suo viso l'ho scordato.
Le parole mi si bloccano nella gola inizio ad andare in panico perché non so cosa dirle, ho solo voglia di piangere senza un motivo ben preciso.

"Diana"Trasalisco confusa. "Vieni entra."

È come se qualcuno mi avesse tirato un secchio d'acqua gelata addosso. Resto di sasso mentre lei mi guarda come mi conoscesse da sempre, senza esitazione, tanto da farmi entrare in casa sua. Sa chi sono senza nemmeno avere un dubbio, per come è tranquilla sembra quasi mi aspettasse.

"Beh come si dice... Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato." Sorride accennando una risatina nervosa e da brava padrona di casa mi fa strada. Mi guardo intorno, tutto è arredato in modo minuzioso. Foto sulle pareti, cornici, vasi con fiori, una pila di panni appena raccolti nel cestino che profumano di qualcosa di floreale. La storia di una famiglia chiusa dentro una stanza su cui non voglio soffermarmi oltre.

"Hai un figlio." Constato dalla foto sul comodino.
"No è la figlia di mio marito.È un po' bruttina poverina, anch'io l'ho sempre scambiata per un maschio tu eri più carina. Sei cresciuta, chi crederebbe che ho una figlia di vent'anni? Come mi hai trovato? Tuo padre è qui?" Domanda spensierata facendomi cenno di accomodarsi sul divano mentre lei si getta a peso morto sulla poltrona difronte accendendo una sigaretta.

"Fumi?" Mi porge il pacchetto. Come le viene in mente? Quale genitore porge le sigarette alla figlia? È pur vero che lei non è mai stata davvero una madre.

"No. Papà non lo sa. Ho assunto un investigatore. Ho conosciuto anche Dave, Coraline e William.'

"Ti hanno già corrotto con una borsetta di Chanel? Approfittane. Come sta Willy?" Continuo a guardarmi intorno, la stanza sembra vorticarmi in testa insieme a tutte quelle foto che più non voglio guardare, più mi attraggono come il mio personale spettacolino dell'orrore. La piccola famigliola al mare, a sciare, al secondo compleanno della bambina. La coppia felice il giorno del matrimonio, a cena fuori. Mi fanno venire la nausea ma non ne capisco il motivo.

"Ti detesta a dire il vero. Non mi sono ancora fatta un'idea su di loro."

"Fai bene. Vedi anche senza di me sei cresciuta bene. Povero Willy è sempre stato invidioso per colpa mia lui è dovuto restare."

"Come hai fatto a riconoscermi?"

"La zia Diana, aveva un sacco di tue foto me le mandava ogni tanto per farmi tornare."

"Ma non l'hai fatto. Te ne sei andata e basta dopo aver detto un sacco di bugie. Sentivi la mancanza dei tuoi clienti più di quella di tua figlia? O magari quella dell'eroina."

"Ha fatto un lavoretto minuzioso il tuo investigatore, non gli è sfuggito nulla." Fa schioccare la lingua contro il palato con l'aria di chi vorrebbe fare a pezzi chiunque abbia osato dirmi questo. È la prima volta che la vedo turbata da quando sono qui, finalmente mi sento di dire. Comincia a essere inquietante la sua stupida calma.

"Voglio sapere perché sei andata via. Da quel poco che mi ricordo e che mi ha raccontato mio padre non eri una pessima madre."

"Perché non ce la facevo più. Avevo una vita noiosa, i bambini sono noiosi. Lo so ti aspettavi una spiegazione migliore ma non c'è, non volevo essere madre. Volevo di nuovo la mia vita. Senza cambiamenti, senza dover pensare di continuo a giochi pannolini e a fare da mangiare fingendo di essere qualcun'altro. Per non parlare dei tuoi nonni anche quel poco che facevo non andava mai bene. Hanno finito con il rendere quel supplizio un inferno. Alla fine non ti sono servita io, guardati."

"Mio padre lo sapeva di Coraline e Dave o che facessi la prostituta? Vi siete conosciuti così?"

"Tuo padre è troppo buono per andare a puttane. Lo sapeva ma non ci siamo conosciuti così e non sapeva dei miei genitori. Se solo non avessi voluto a tutti i costi un figlio sarebbe finita bene con lui. Spero andiate ancora d'accordo, anzi, sono certa sia così ti amava da impazzire fin dalla prima ecografia. Mi sono fatta una vita adesso e non credo ci sia spazio per il passato sarebbe troppo complicato."

"Tu non hai spazio per il passato? Sei fuori strada. Sono io che non voglio avere niente a che fare con te. Hai ragione, hai fatto bene ad andartene. Mio padre si merita di meglio, io me lo merito e quella che per anni è stata per tutti una disgrazia, in realtà è la cosa migliore che mi sia successa. Avresti dovuto scrivere questo nel tuo biglietto d'addio al posto di lasciare in sospeso tutto per anni. William ha ragione hai raggiunto il livello d'inutilità completa molti anni fa. Almeno un tempo servivi a far divertire qualcuno. Ho pensato davvero che avessi una buona scusa, che avessimo qualcosa in comune e che sarebbe stato bello ritrovarci ma anche così non è male, è più semplice. Non disturbarti, conosco la strada."

In uno strano silenzio apocalittico con le lacrime che minacciano di uscire imbocco il salotto e poi la porta con lo strascico di vergogna e dignità ferita che mi ha portato qui. È ovvio che non mi volesse. L'ha scritto in tutte le sue lettere, l'ha mostrato in ogni suo gesto eppure mi sono voluta illudere. Che maledetta stupida.

Ci ho creduto, è stato un solo momento ma l'ho desiderato così tanto avere una madre. Ricevere la sua telefonata per il compleanno, poterla vedere magari per Natale o una qualsiasi delle feste, non fingere più di essere figlia di un fantasma. Tutto ciò che desidero ora, invece, è non vederla mai più.

Mi perdo un paio di volte fino a tornare in Hotel mi maledico ancora per aver ceduto e comprato il pacchetto di sigarette si cui ne ho fatte già fuori tre.

Quando entro nella hole sono certa di puzzare come un posacenere. Cerco nella borsa la scheda magnetica mentre mi infilo dell'ascensore e vista la particolare giornata fortunata la trovo solo dopo aver incasinato la borsa.
Mi rintano in camera, mi guardo intorno e mi chiedo perché mai io e Zayn abbiamo prenotato due camere. Gli invio un messaggio. Sento il suo cellulare attraverso il muro. Due minuti dopo sta già bussando alla porta.

"Com'è andata?"domanda di getto entrando.

"Perché abbiamo prenotato due camere?" Domando poggiandomi contro il tavolo traballante a pochi pass dalla porta.

"Perché abbiamo prenotato martedì. Sei sicura di stare bene? Da quando fumi?"

"Non fumo, mi serviva fare qualcosa di sbagliato per confermare la mia scarsa intelligenza." Mormoro avvicinandomi alla sue labbra per rubargli un bacio.

"Non è andata come ti aspettavi vero?"

"No, decisamente no ma non voglio parlarne, non serve. Facciamo solo in modo che questo weekend non sia del tutto sprecato." Dico accennando un piccolo sorriso triste mentre aggancio le braccia al suo collo e faccio aderire il mio corpo al suo."

"Intendi...Vuoi fare sesso? " Domanda confuso.

"Intendo stare con te, noi due qui. Voglio davvero stare con te Zayn e non mi importa il modo."

Like I would- Zayn MalikDove le storie prendono vita. Scoprilo ora