20-Jamima

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  Non ho l'aspetto di qualcuno che è appena tornato dalle vacanze. Il mio relax è stato completamente spazzato via nella lunga ed estenuante coda al policlinico. Tempo impiegato da papà per ricordarmi quante volte mi ha ripetuto di non appoggiare i piedi sul cruscotto mentre la caviglia è rapidamente diventata gonfia e dolorante.

Nemmeno i miei nonni non hanno avuto pietà e dando il cambio a mio padre sfinito hanno cominciato loro a rantolare fino a farmi fumare le orecchie. Ho afferrato il concetto; niente piedi sul cruscotto

Zoppicando fino al mio appartamento, con le mie due valige mi chiedo anch'io perché non gli ho dato retta.

Dorothy é stata costretta ad abbandonare le sue scarpette per indossare delle sneakers raso terra. Mi sento come l'ultimo dei puffi.

Chiamo Paris, citofono almeno due volte, ma niente da fare. La sua promessa di aiutarmi con i bagagli si è dispersa nel vuoto, alimentando il mio cattivo umore e le imprecazioni che da quando sono atterrata, sono in rapido aumento. Di pari passo alle volte in cui una delle due valige casca a terra o mi impiglio in qualcosa o peggio ci sono dei gradini che ho scoperto essere molti più di quelli a cui ho mai fatto caso.

Mi infilo nell'ascensore, le valige ovviamente cadono entrambe con un tonfo che rimbomba per tutto l'abitacolo. Reprimo a stento la voglia di urlare a squarciagola e lascio che la scatola metallica maledetta mi porti a destinazione, chiudendo gli occhi e sperando che non si blocchi per nessun motivo.

Mi impiglio nuovamente nei manici dei miei bagagli ma un po' alla rinfusa li lancio sospirando per essere finalmente arrivata. Sento delle urla provenire da casa e so già che probabilmente è Paris che litiga con sua sorella al telefono come sempre.Per questo mi ha abbondanata a me stessa e al mio piede contuso insieme alle valige.

Mi preparo a darle una bella strigliata brandendo le chiavi come un'arma, ma quando provo ad aprire la porta, questa si richiude bloccata da qualcosa al suo interno. Percepisco le urla furibonde di Paris di Paris e quelle di qualcun'altro che mi sbatte la porta in faccia nuovamente chiudendola quasi sulla mia mano che per un pelo riesco a ritrarre.

Inebetita fisso la porta e provo a strizzarmi gli occhi per capire se tutto questo è un'incubo, ho dormito tre ore stanotte per via di questo stupido piede è possibile mi sia addormentata.

La porta di fianco si apre, Josh, il nostro coinquilino in pieno da relax da canna visto l'odore acre che proviene dal suo appartamento fa capolino con i capelli raccolti in codino improvvisato al centro della testa e lo sguardo a fessura. Ondeggia fino alla porta, si accorge di me solo in un secondo tempo.


"Devo dormire, è da ieri che urlate io vi adoro ma dovete smetterla.

"Non sono nemmeno entrata in casa, sono appena arrivata." Borbotto.

"Allora di a chiunque li dentro è stato posseduto da un'aquila di tacere, grazie. Ho sempre saputo che eri tu quella simpatica."

Resto confusa lì sul pianerottolo a sentire un semisconosciuto strafatto piagnucolare perché vorrebbe solo dormire e una sconosciuta che strilla e che non mi consente di entrare in casa . Riapro la porta stavolta infilo la stampella per evitare che la richiuda e faccio leva con il mio peso e i miei trenta chili di bagagli fino a entrare dentro in modo decisamente poco ortodosso. Stesa lunga con la faccia sul pavimento e un quasi certo livido al gomito.

"Maledetta pazza hai aggredito un'invalida!" Sbotta Paris correndomi in soccorso. La trucido con lo sguardo e mi tiro in piedi più rapidamente che posso arrampicandomi sul muro e la scarpiera vicino l'entrata.

"Non sono un'invalida!" Sbotto secca. "Si può sapere chi è questa e perché non posso entrare in casa mia?"

"La nuova coinquilina quella della stanza tre, non mi ha permesso di scendere sotto." Incrocia le braccia e mette il broncio come una bambina indicando la ragazza difronte a lei.

"Qualcuno ha rubato il mio golf, nessuno uscirà di qui finché non mi verrà restituito." Deve aver preso troppo sul serio il suo corso di laurea in giurisprudenza, ammesso che sia questo che faccia e non sia solo un'esaltata.

"Quel golf è di Diana."

"Era in camera mia perciò è mio."

"Quella è la camera di Diana, per questo c'è la sua roba." urla Paris più forte per sovrastare la voce di Jamima che ormai ha impuntato i piedi. Avrei dovuto mettere un lucchetto alla porta.

"Io non ci sto in una camera con la finestra piccola"

"Allora dovevi pensarci a settembre tonta, non puoi usare la roba degli altri!"

"Che vuol dire che ha usato le mie cose?"

"Vuol dire che è entrata in camera tua, e tutto quello che hai lasciato, inclusi i lenzuoli che mi auguro brucerai, visto il tizio puzzolente che ci ha dormito ieri, è diventato suo secondo lei. Inclusa la tua camera" puntualizza Paris. Guarda la ragazza minuta e bionda che mi osserva battendo appena le ciglia con aria di superiorità nel suo completo in Lycra che risalta un fisico scolpito. Fa una bolla con la sua gomma da masticare e ribadisce il concetto aggiungendo che non c'è nulla di male a usare le cose degli altri.

Brandisco la mia stampella e avanzo in camera da letto. Dopo circa dieci minuti sotto le urla di sdegno della nuova, simpatica coinquilina ho lanciato fuori tutta la sua roba dalla stanza senza accortezza alcuna esattamente come ha fatto lei usando le mie cose.

"Grazie, in effetti mi serviva proprio trovare tutte le mie cose sporche, in disordine e rovinate. "Sbotto. Sono così arrabbiata da non trovare nemmeno le parole e non mi resta che trascinare i bagagli dentro la mia camera e chiudermi dentro.


Il mio letto non profuma più di bucato appena fatto, nemmeno lontanamente e l'aria è appestata dal medesimo tanfo. Sparso per il pavimento c'è tutto il mio intimo di 'La Perla' accumulato in anni è stato usato da qualcun'altro e ormai da buttare e gran parte dei miei vestiti sono gettati in un angolo come vecchi stracci.

La mia privacy è stata violata, perfino il mio comodino è stato ampiamente profanato ma con sollievo le scarpe di mia madre sono ancora lì, sotto il letto dove le ho lasciate sopravvissute a questa strage.

Avrei preferito avesse stracciato uno qualunque dei miei vestitini firmati anche più costosi piuttosto che questa che aveva un valore affettivo.

Prendo un blando antidolorifico, e canalizzo la voglia di spaccare tutto, nel rassettare la camera in religioso silenzio ignorando il baccano che continuano a fare quelle due. Con Paris sono stata fin troppo fortunata, nonostante i suoi intrugli verdi è una coinquilina eccellente ma il karma per riequilibrare le cose ecco che ha mandato una biondissima, psicopatica con il nome di Jamima che in qualche lingua antica sono certa significhi; male e distruzione.

Non sapendo cosa dire a nessuna delle mie due coinquiline me ne resto in silenzio con entrambe e Paris a ogni domanda priva di risposta sbuffa afflitta sempre più forte per esser sicura che io possa sentirla, provare pena e parlarle. Jamima non batte ciglio, mi lancia qualche occhiata di tanto in tanto ma finge disinteresse continuando a a mescolare il suo intruglio dimagrante da bere guardando con sdegno i pacchi di pasta nel mobile.

Non si è nemmeno presentata ma da una che si appropria delle mutande altrui non posso aspettarmi molto suppongo.

"Se ti dico che ho recuperato il regalo che Zayn ha lasciato nella cassetta della posta ancora integro c'è qualche possibilità che tu possa parlarmi?"

"Che aspetti a darmelo?" Borbotto.

"Aspettavo che mi rispondessi." Bofonchia con uno sbuffo sparendo in camera sua per uscire con un pacchetto tra le mani.

E' sigillato in una spessa carta argentata con un fiocco rosso fuoco che si tiene su a stento. Quasi mi dispiace dover strappare tutta quella carta per aprirlo ma la curiosità fa muovere le dita in automatico e in men che non si dica i miei pantaloni sono ricoperti di pezzetti argentati.

'Planetario personale' recita la scatola. Su un lato fa capolino un post-it giallo un po' spiegazzato.

"Un modo carino per dirti che è ora che tu la smetta di venire a casa mia perché le stelle si vedono meglio. Buon Natale. Z." Riconosco a stento la sua scrittura è così attenta e precisa mentre di solito somiglia di più a uno scarabocchio allungato. Lui mi ascolta quando blatero. Ha ascoltato ogni mio singolo monologo davanti la finestra della sua cucina anche se preferiva restare concentrato al computer. È forse l'unico a farlo, esclusi gli altri nerd del mio corso ma loro non contano.

Raccolgo a manate le cartacce e procedo in camera frettolosa, per quanto possa con la caviglia ancora dolorante, di aprirlo e vedere di fatto cos'è.

Sfoglio il libretto d'istruzioni in fretta, seguo i semplici passaggi, scarico la app e sono pronta a immergermi nelle stelle. Non lo so quanto resto totalmente stregata sul letto a provare tutte le costellazioni disponibili ma quando mi decido a chiuderlo i miei occhi sono stanchi e rossi e la testa è sul punto d'implodere.

Dopo il lungo riposo la caviglia sembra essersi sgonfiata e vedendo di non aver bisogno di quella stupida stampella zoppicando con la mia pesante busta di doni passo a trovare Zayn sperando che la sua accoglienza sia migliore di quella ricevuta a casa.

Appena entro in quell'edificio ormai familiare, il mio buon umore prende il sopravvento. Il suo regalo è così azzeccato che non so nemmeno come ringraziarlo. Suono tre volte di seguito alla porta. Sento subito le zampe di Zap e da sotto la porta intravedo il suo muso che cerca di annusare mentre tira testate alla porta seguito da i lamenti di Zayn che gli chiede di spostarsi.

Mi è mancato sentirlo parlare con il cane.

Lo sento armeggiare con lo spioncino e poi con la porta, da quando è così attento alla sicurezza? Quando apre ha l'aria assonnata la barba di almeno due giorni, i capelli scuri rasati da poco ai lati con un lungo ciuffo castano e gli occhiali da vista. I pantaloni della tuta gli cadono morbidi e la t-shirt bianca lascia vedere dell'altro inchiostro sul suo petto, sono sempre stata curiosa riguardo i suoi tatuaggi ma chiedergli di spogliarsi per vederli tutti potrebbe essere strano.

Dalla sua casa si riesce a sentire il profumo di pulito, e il calore dei termosifoni propagarsi fino a qui.

In uno slancio gli getto le braccia al collo come se fosse la cosa più naturale del mondo. Con il caos che ha creato da Jamima non ho potuto godermi il mio ritorno in quella che ormai è casa mia, sistemare i bagagli con calma, raccontare a Paris cosa ho fatto nelle vacanze. E' stato tutto un dramma, ma adesso che rivedo Zap, che mi fa le feste e Zayn mi sento un po' a casa, nella calma.  

Like I would- Zayn MalikDove le storie prendono vita. Scoprilo ora