Capitolo 1

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Capitolo 1
"Le due facce di Torino"


Guardo mia sorella di nuovo, alzo gli occhi quando vedo che si sta ancora specchiando. Si passa le mani fra i capelli gettando le ciocche bionde
dietro le spalle e osserva le sue curve.

"Greta, sei stupenda okay?"

La vedo sospirare afflitta dal riflesso nello specchio, si mette di profilo e si guarda ancora una volta.

"E' importante" dice, ma credo che lo abbia fatto già almeno trenta volte nell'ultima ora. "Ho la sensazione che sia la volta buona, Lara".

Sorrido, mia sorella aspetta questo giorno da cinque lunghi anni e se penso che potrebbe essere finalmente arrivato sono felice per lei.

Suonano al citofono e Greta sobbalza sgranando gli occhi.

"Merda" impreca sottovoce. "Merda, merda, merda è qui!"

"Certo che è qui, idiota. Sei allo specchio da due ore" alzo gli occhi al cielo alzandomi dal letto.

Le appoggio una mano sulla spalla ma lei non stacca gli occhi dalla porta chiusa della camera.

"Lara?"

"Si?"

Inspira dalle narici lentamente, "Ho paura".

"Lo so. E' arrivata l'ora però di prendere a pugni quella porta, andrà tutto alla grande" le rispondo abbracciandola. "Dai, vai a prenderti il tuo anello" le faccio l'occhiolino.

Greta annuisce debolmente e si infila le scarpe alte, si da un'ultima occhiata e raggiunge la porta mentre stringe un bauletto nero di Chanèl.

"Ti rendi conto che c'è la possibilità che io mi sia immaginata tutto, vero?" mi domanda indicandosi con il dito indice.

"Greta.. lo hai visto in una gioielleria ieri mattina e due ore dopo ti ha invitata a cena" ribatto incrociando le braccia al petto. "Vuole sposarti".

Alle mie parole Greta stringe così forte le labbra fra i loro da farle diventare bianche, come se sentirselo dire fosse un colpo allo stomaco.

"Okay"annuisce rilassandosi un po'. "Chiedimi dove vado".

Inarco un sopracciglio confusa, "Dove vai?"

"Vado a prendermi il mio anello".

Scoppio a ridere fissando mia sorella che esce dalla stanza a passo deciso facendo scricchiolare il pavimento a contatto con i tacchi.

Guardo il romanzo che ho aperto sulle ginocchia e sbuffo, ho passato il pomeriggio a casa a sognare che Alberto chiedesse a Greta di sposarlo e che la protagonista del mio libro rispondesse al messaggio del suo spasimante.

Mi chiedo se a ventidue anni non dovrei forse avere una vita sociale più attiva, meno monotona. Mi piacerebbe essere qualcuno, che le persone mi conoscessero e mi fermassero per la strada. Anche solo per sapere come sto, anche solo per un istante.

Paulo

Prendo il cellulare, ho centinaia di messaggi nei direct di Instagram. I miei amici mi hanno consigliato di togliere la possibilità di scrivermi, infondo le persone a me care hanno il mio numero privato.Tutte queste notifiche sono sfiancanti.

Torno a guardare il televisore, sto facendo una noiosissima e solitaria partita a Fifa inattesa che arrivino le sei quando mi metterò in macchina per andare all'allenamento.

Ultimamente a casa mi annoio parecchio, da quando Antonella è partita per Milano ci sentiamo solo su Skype e non è la stessa cosa di averla qui con me.
Fortunatamente mi ha promesso che il suo è un impegno temporaneo e che questo fine settimana riuscirà a tornare a Torino.

Mi vibra il cellulare, ho un messaggio da Miralem.

Aperitivo in centro tra mezz'ora.

Esulto mentalmente e gli rispondo subito che non aspettavo altro. Vado incamera e mi cambio mettendomi comodo, con un paio di jeans e una polo bianca.

Il centro di Torino è affollato e caotico soprattutto a quest'ora, quindi ci metto un po' per raggiungere Diez, il bar dove ci troviamo sempre io e gli altri della squadra.

Mi fermo ad un semaforo, a lato della strada c'è un ragazzino con lo zaino sulle spalle per mano con un uomo incappucciato.

"Papà, papà!"inizia a gridare. "E' Dybala, è Paulo, papà!"

Quando l'uomo si gira verso di me socchiude gli occhi per capire cosa stia cercando di intendere il figlio.

Quando mi riconosce il suo broncio si trasforma in un sorriso.

"Aspetta,Paulo!"
Faccio un cenno con la mano verso i due che mi allungano il lembo di t-shirt del bambino e un pennarello. Guardo davanti, il semaforo sta per scattare.

Stacco la cintura velocemente e mi allungo con le braccia fuori dall'auto per arrivare al bambino. Gli firmo la maglietta e i suoi occhi si riempiono di lacrime.

"Sei il mio eroe, Dybala" sussurra senza fiato.

Gli sorrido scompigliandogli i capelli, "E' un piacere".

Non faccio in tempo a sentire cosa mi urla il padre che il semaforo scatta e sono costretto a sfrecciare avanti prima che l'automobilista dietro mi inizi a suonare come un folle il clacson.

Mentre percorro il corso camminando vengo fermato da altre cinque persone che chiedono un autografo, uno per il figlio, l'altro per il padre e un altro ancora per fare invidia al suo amico.

Ovviamente mi fermo con tutti ma per un secondo nella mia mente passa il pensiero indecente di voler essere una persona qualunque, con una vita monotona. Anche solo per un istante.

Benvenute a tutte! Questa è la mia nuova storia su Paulo, non è la prima perchè ne ho scritte altre ma questa è la prima volta che ne faccio una di genere narrativo.
Spero vi piaccia! Fatemi sapere, un bacio💕

La parte migliore di me(Paulo Dybala)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora