Capitolo due

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Camila era distesa sul letto, supina e con le mani congiunte in grembo a fissare il
soffitto. Dinah affiancata a lei, supina anch'essa, ma con le braccia tese verso l'alto e l'assegno centrato in mezzo all'intersezione della sua vista, adorante e attonito al contempo.

«Puoi smetterlo di fissarlo come fosse un Dio?» Proruppe esasperata Camila, mantenendo un certo contegno però.

«Ma questo è molto più di un Dio!» Si rovesciò sul fianco, assumendo una posizione prona, di modo che il suo sguardo potesse agilmente fare spola fra i sei zeri e gli occhi inespressivi della cubana «Questo lo puoi pregare e lui ti risponde.. monetariamente! Ti rendi conto? Se vuoi paragonarlo ad un Dio, allora devi anche aggiungere che è un Dio sceso in terra!» Esclamò enfatica la polinesiana, smancciando concitatamente ma sempre tendendo saldo il pezzo di carta firmato.

Camila sospirò. Sospirò soltanto. E continuò a figgere imperterrita il soffitto.

Dinah posò cautamente l'assegno sul cuscino, dedicando per un momento attenzione all'amica. Puntellò il gomito nel materasso e riposò la testa sul palmo della mano, domandando poi delicatamente «Perché non vuoi incassarlo?»

Camila sbuffò sonoramente, ciancicando l'orlo del maglione che le ricadeva largo su spalle e fianchi.

«Non lo so, non voglio questo peso.» Scrollò le spalle la cubana, rotolando anch'essa per atterrare prona.

Tenne lo sguardo basso, però. Mentre la polinesiana non lo distolse dal suo profilo allungato e intristito.

«A me non sembra un peso, anzi. Mi pare che posso alleggerirti molto.» Sottolineò Dinah, prendendo in considerazione solo il lato prettamente economico.

Camila sbuffò di nuovo, stavolta più spazientita «Non lo so, è un peso per me.»

«Si, ma.. perché?» Reiterò Dinah, sempre con tatto.

«Perché mio padre è morto, e questa è l'ultima cosa sua che mi è rimasta.» Disse tutto d'un fiato, respirando infine.

Silenzio.

«E se li impiegassi male?» Proseguì Camila, con lo sguardo puntato ovunque ma non sull'amica «Se non facessi altro che sperperarli? Se non fossi in grado di gestirli? Se mi cambiassero? È un peso.» Decretò risoluta Camila, innervosita dai parametri che quella somma le aveva prefissato.

«Se tuo padre li ha lasciati a te...»

«Anche, a me. Anche.» Precisò Camila, interrompendola.

Dinah riformulò «Se tuo padre lo ha lasciati anche a te, vuol dire che si fida di te, no?»

«Ma li ha lasciati anche a Sofia. A Sofia, Dinah! Sofia mia sorella di nove anni!» Sbuffò sarcastica Camila, smontando la teoria della polinesiana.

«Forse perché non si aspettava di morire così presto.» Notificò schiettamente l'amica, ottenendo per la prima volta l'attenzione di Camila che per un attimo si illuminò, evidentemente non conscia di quell'illazione.

«Comunque avrò tempo di pensarci.» Liquidò sbrigativamente l'argomento Camila, appropriandosi del suo pesante assegno «Oggi voglio cercare un lavoro.»

«Lavoro? Ehm, pronto!? I milionari non lavorano.» Cantilenò Dinah, scuotendo appena la testa.

«Ma io non lo sono ancora.» Ammiccò la cubana, facendo scivolare la giacca di pelle sulle spalle e dirigendosi verso l'uscita.

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