Capitolo nove

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Camila aveva avuto due conversazioni vere e proprie con Lauren. La prima, avvenuta in sala riunioni, dove l'aveva derisa e sfidata; la seconda, avvenuta nel suo ufficio, dove Normani le aveva ricordato della prima.

Non era un buon pronostico per trascorrere delle ore in solitaria ad una festa mondana di alta classe che senza il minimo dubbio avrebbe fatto scalpore sui giornali scandalistici. E, per quello che ne sapeva la cubana, quella era più o meno la prima apparizione di Lauren su una testata di gossip. Le mode, l'élite, la notorietà, gli hashtag non erano pane per i suoi denti. Lei prediligeva rigorosità e professionalità, riteneva un trionfo una citazione sul New York Times e un insuccesso un trafiletto su Playboy.

Si era convinta ad uscire dai ranghi solo perché quella modica alterazione avrebbe contribuito a conseguire un fine devoluto all'azienda, altrimenti non si sarebbe mai tirata a lucido per una prosaica citazione su una rivista patinata.

Normani aveva raggiunto Camila la mattina stessa. Le aveva dato qualche consiglio prezioso, dato che ormai lavorava gomito a gomito con Lauren da un numero rispettabile di anni. "Odia il rosa troppo acceso", "Non beve vodka. Potrebbe svaligiare il bar e discutere di politica estera lucidamente, ma se beve un goccio di vodka preparati a reggerle la testa sul water di servizio", "Non mangia dolci, raramente. Le provocano una marea di brufoli istantanei", "Se Carlos rinvanga il passato, Lauren non sarà molto diplomatica. Per portarla al limite ci vuole molto più che qualche battuta di Carlos, ma sicuramente il sarcasmo non mancherà," "Forse ho sbagliato a dirti che sopporta il rosa acceso. Non sopporta qualsiasi colore oltre al nero e al rosso".

Raccomandazioni di questo tipo ubriacarono Camila per tutto il pomeriggio. Normani voleva solo aiutarla, questo era evidente e inequivocabile, ma quella mole di informazioni peggiorava il senso di nausea che avvertiva dal risveglio.

Fortunatamente, attorno alle cinque del pomeriggio, Dinah approdò a salvarla. All polinesiana bastava uno sguardo per decodificare l'umore della cubana, e quel giorno non fu diverso. Intuì che era al limite, stava per scoppiare. Già la sua ansia bastava e avanzava, se sommata poi a quella di Normani si poteva paragonare ad un fiume in piena pronto ad esondare.

Dinah distrasse Normani, parlando della serata con Siope, di come fosse ancora convinta che spacciasse i pantaloni di H&M per un modello di Gucci e di quanto fosse ottimista per la serata. Tentò di piantare il seme della positività nella sua materia grigia, ma era più difficile del previsto scalfire l'apprensione, causata dalle convenzioni e dalle recensioni, della donna.

Camila le lasciò a dialogare sulla Tyser e quando tornò in salotto era acconciata e azzimata per la serata. Indossava un vestito nero -aveva preso alla lettera i consigli impliciti, nemmeno più di tanto, di Normani-, attillato e succinto. Aveva uno scollo a V che arrivava sotto al seno, giocando con su un effetto vedo-non vedo, ma non era volgare o esagerato, solo sofisticamente sexy. I tacchi slanciavano la sua figura esile, risaltando il formidabile punto vita. Sembrava pronta per una sfilata sul red carpet, che per un party adolescenziale in mezzo al mare.

«Beh, beh, beh.» Commentò elogiativa Normani.

«Stai benissimo.» Sorrise Dinah, capitalizzando i pensieri di Normani.

«Dite? Mi sento un po' ridicola, ma grazie.» Confessò la cubana, che in quella mise da sera non si rispecchiava.

Era pur vero che ultimamente si era adattata ad uno stile classico e formale, ma non era assuefatta a scolli vertiginosi e orli accattivanti. Si sentiva dispersa.

Normani si candidò per scortarla sul luogo, dato che Lauren aveva inoltrato a lei le coordinate, forse in un ultimo disperato tentativo di sollecitarla indirettamente a succedere la cubana, ma Normani non era facilmente suggestionabile.

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