Capitolo trentadue

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«Mi hai lasciata sola per andare fuori con Siope!»

«E quindi?! Tu sei uscita tre volte nella settimana con le tue amanti!»

«Si, ma non quando trasmettevano Una poltrona per due! Sei perfida.»

«Io perfida?! Chiedimi scusa, subito!»

«Forse il prossimo Natale, dolcezza.»

«Dolcezza, a me? Sei caduta in basso, molto in basso.»

Camila non aveva fatto in tempo a oltrepassare la soglia di casa che aveva trovato le due "coinquiline" a bisticciare. Dinah era infervorata dal massiccio sarcasmo di Normani, che invece era irritata perché aveva visto il film di Natale in solitaria.

La cubana non se ne diede pena. Le lasciò a discutere e si trincerò in camera, a disfare la valigia -che per la cronaca, era rimasta inviolata fino ad allora-.

Mentre ripiegava magliette e golf, la cubana riepilogò il viaggio di ritorno in aereo. Lauren era ancora malconcia per la serata "brava", le sue cellule dovevano ancora smaltire il fiume di vodka liscia. Camila aveva scoccato delle occhiate di sottecchi alla corvina, senza però nutrire l'ardire di osservarla oltre i due millesimi di secondo. Non intravedeva niente oltre i grugniti doloranti della corvina, le lenti scure degli occhiali e il colorito scialbo. Si, avrebbe voluto sfornare una quantità ridonante di domande, ma non era nemmeno sicura che Lauren ricordasse gli avvenimenti della sera precedente, quindi meglio non calcare la mano... per ora.

«Camila, vuoi dire a questa testona che non guardare un film natalizio per uscire con un ragazzo è reato alla Costituzione del Polo Nord fondata da Babbo Natale? Grazie.» Fece irruzione in stanza Normani, snocciolando il monologo senza riprendere aria.

«Vuoi dire a questa testona che è infrazione del codice penale numero 2 della Legge delle femmine, lasciare da sola un'amica per uscire tutte le sere con una ragazza diversa?» Controbatté Dinah, gravemente risentita nella sua postura altezzosa.

Santo Cielo! Sospirò Camila, appellandosi alla sua miniera di pazienza per non scacciare le due con il battiscopa dalla stanza.

«Sapete come la risolviamo?» Chiese la cubana in un filo di voce, l'ultimo briciolo di integrità che le era avanzato «Dinah va a casa sua e Normani alla propria.» Tese un sorriso isterico la cubana, sull'orlo di un attacco d'ira.

«Perfetto.» Scodinzolò fuori dalla camera la polinesiana «Allora io me ne vado.»

«Eh no,» La contraddisse Normani «Sono io che vado via.» Marciò verso la cucina, dove giacevano i suoi averi, e si incamminò verso la porta, superando Dinah di qualche passo.

Quest'ultima alimentò il passo, giusto per tagliare il traguardo in seconda posizione, e Normani la emulò. Alla fine le due arrivarono quasi di corsa alla porta e si incastrarono fra uno stipite e l'altro "Prima io", "No, prima io!", "Lasciami... passare!", "Hai messo su la pancetta, eh?", "Te la faccio vedere io la pancetta". Alla fine Normani prevalse, giocando un brutto tiro alla polinesiana: le diede un pizzicotto sul braccio, abbassando temporaneamente la sua resistenza, e riuscì a sgattaiolare oltre la soglia. "Non vale!", "Invece si!", "Hai barato!", "Bugiarda", "Sai vincere solo barando", "Ok, annulliamo. Chi arriva prima all'ascensore vince?", "Andata".

La porta si richiuse con un tonfo sordo e lo scalpiccio dei loro passi e delle loro dispute si dissipò in lontananza.

Camila tirò un sospiro di sollievo, sperando che i vicini del pianerottolo fossero partiti per un'allegra vacanza natalizia, altrimenti la mattina dopo avrebbe trovato il biglietto sotto la porta di lamentale e richiami. Come l'ultima volta che si era ubriacata pesantemente con Dinah e avevano trascorso una mezz'ora buona a produrre una canzone con bicchieri, piatti, pentole e posate. La mattina dopo, affisso all'uscio, aveva trovato un post-it, con scrittura sbilenca ma comprensibile: "Si prega di ubicare lo studio di registrazione in altra sede. Grazie, il vicino."

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