Capitolo quaranta

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La mattina Camila si svegliò che invece di avere l'impressione di essere nel tuo confortevole appartamento, le parve di essere tornata indietro ai tempi dei boy-scout quando aveva partecipato a tre escursioni prima di disertare calpestando scenicamente la fascia insignita di solo due distintivi: "scalatrice provetta" e "brava marmotta". E quei mesi da incubo tornavano alla luce a causa delle tre compari, Ally, Normani e Dinah, accampate letteralmente nel suo salotto con i sacchi a pelo. Un'iniziativa che aveva propugnato Normani, alla quale Camila non solo non aveva aderito, ma si era anche crogiola nell'illusione che non fossero serie.

La cubana le svegliò delicatamente scuotendo tutte e tre con l'ausilio di un piede e un affettuoso buongiorno. «Alzate il culo dal mio parquet.»

«Oh, andiamo!» Mugugnò Normani.

«Che palle!» Grugnì Ally.

«Altri cinque minuti, mamma.» Si appisolò Dinah.

Camila si genuflesse all'altezza della polinesiana circa e la sballottò ancora una volta. «Non sono tua madre, sono Camila.»

«Ah!» Urlò Dinah schiudendo le palpebre «Un incubo!» Si coprì fin sopra la testa con la pesante stoffa.

Camila scosse la testa e sbuffò, lasciando perdere. Si diresse invece verso la macchinetta del caffè; lei si che l'ascoltava davvero. Servì quattro tazzine, anche se quella di Dinah si raffreddò perché impiegò dieci minuti per saltare fuori dalla coltre del sacco a pelo e avrei dieci minuti per berla.

«Sei pronta a rivedere Lucy?» Le domandò Normani, alquanto preoccupata per quell'incontro-scontro.

Camila si strinse nelle spalle. «Non mi interessa. Pretenderò che non sia lì, e mi comporterò civilmente.» Ostentare maturità e indifferenza era la carta vincente.

Dare corda a Lucy gliela avrebbe soltanto data vinta, e Camila non poteva permetterselo, non ora che le cose con Lauren filavano lisce e in studio procedeva tutto in gran carriera. La sua pubblicità, alla fine, era stata accettata. Lauren aveva fatto sì che fosse prodotta e divulgata nel minor tempo possibile, e aveva promesso alla cubana che avrebbero fatto un brindisi tutto loro a fine giornata. Camila non vedeva l'ora che arrivasse la sera per gustare "le bollicine".

«Brava, ottima mossa. Se avessi bisogno di manforte, sarò lì.» La rassicurò volitiva è incoraggiante Normani, ammiccando amichevolmente.

La cubana la ringraziò, sperando dentro di se che non si arrivasse a tanto, dato che non voleva iniziare le vacanze natalizie con un altro livido nero.

Ally e Dinah uscirono assieme, entrambe dirette verso una meta lavorativa. Idem Normani e Camila.

Quella mattina la cubana diede sfoggio delle sue qualità automobilistiche, traumatizzando per la seconda volta nel giro di 24 ore Normani, sempre più convinta che dietro quella facciata da ragazza della porta accanto si celasse una spia omicida senza scrupoli.

In azienda vi era un gran fermento, non solo nella hall o ai piani alti, ma si percepiva proprio negli animi degli astanti, tutti indaffarati e concitati. I tempi di "messa in onda" stringevano, e tutti sapevano bene quanto fosse fondamentale per l'azienda un lancio proficuo e stellare. Non potevano sbagliare, non di nuovo.

«Diamine, sembra che sarà una giornata lunga.» Sospirò Normani, scansando giusto in tempo una segretaria che correva con un faldone di documenti verso l'ascensore. «Mi correggo: molto lunga.» Rettificò la donna, aggiustando la tanto amata camicia.

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