Capitolo dodici

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«Lo so, mamma. Anche io lo vorrei... Adesso vediamo, non so quando sarò libera, e se sarò libera... Ok, devo scappare. Ciao mamma.» Camila chiuse sbrigativamente la chiamata, vedendo Lauren scendere le scale principali.

Era una rampa larga, con scalini in granito rivestiti di un tappeto rosso, il quale strascico si protraeva fino alle porte. Lauren indossava un vestito nero, attillato, ma il tocco di classe era conferito dal soprabito. Un trench beige con mantello annesso che le ricadeva sulle spalle. I tacchi slanciavano la sua figura, affusolando le gambe.

Per un momento la cubana non poté fare a meno di fissarla abbagliata. Era una stronza, ma era decisamente una bella donna.

Eccome se è bella. Sospirò senza fiato la cubana.

Fu quando la corvina discese l'ultimo scalino e proseguì elegantemente verso di lei, che Camila rientrò nei ranghi. Scosse la testa e abbassò lo sguardo, incappando nel suo, di vestiario. Adesso si sentiva un po' fuori luogo, avendo optato per un abito riverente che copriva interamente la sua figura, e quel cappotto di lana poggiato sopra. Decisamente non era fuori tema, ma si sentiva inferiore. Forse non era nemmeno troppo sbagliato, alla fine la sua carica rivestiva un ruolo in ombra, precisamente l'ombra di Lauren. Quindi, forse, era meglio così. Non voleva eccedere e dare l'idea di volerle rubare la scena, anzi! Lauren era astralmente migliore di lei, che si tenesse pure i riflettori. Lei si sarebbe limitata a imbeccarla se si fosse dimenticata la battuta, tutto lì.

«Abbiamo un appuntamento con Malek, il delegato della Tyser. Ovvero, il primogenito di Carlos.» La istruì Lauren, mentre appoggiava vezzosamente i gomiti sul bancone e chiamava il concierge.

Camila si crucciò «Primogenito? Non l'ho visto alla festa di Theresa.» Notificò la cubana, che tutto si poteva dire di lei, ma non che fosse smemorata.

Al liceo era rinomata per la sua virtù nel sapere nomi e cognomi di tutti gli studenti, che aveva imparato associandoli alle rispettive fotografie. In un concorso di Memo si sarebbe piazzata seconda. Almeno, questo aveva stimato.

«Infatti non c'era.» Assentì Lauren, chiedendo al ragazzo di chiamare il suo gentilmente autista «Malek è troppo preso da se stesso e dall'azienda per pensare alla famiglia.» Illustrò inespressiva la corvina.

Mi ricorda qualcuno... Ma questo Camila non lo disse, perché si rese conto che fosse un pregiudizio bell'e buono. Non aveva mai osservato Lauren in un contesto familiare, magari era diversa, magari no, ma comunque non poteva darlo per scontato.

Non è che l'apparenza inganna, è che siamo a noi volere che inganni.

«Sicuramente avrà prenotato nel ristorante più lussuoso, farà battute salaci tutta la sera e non mancherà la lezione di enologia. Ah, e non dimentichiamo lo sfoggio del francese. À ne pas manquer.» Alzò gli occhi al cielo, scuotendo impercettibilmente la testa.

A volte dava l'impressione che, in rari momenti, si chiedesse chi glielo aveva fatto fare di accettare di guidare l'azienda così giovane, di sacrificare gli anni più spensierati per essere catapultata nel mondo del rispetto, dell'educazione, dell'impeccabilità, che poi sotto sotto non era altro che un vaso di Pandora strabuzzante di tranelli, sotterfugi, bugie e tante inimicizie.

Camila non poteva capire minimamente che cosa significasse ricoprire un ruolo tanto insigne, ma forse poteva immaginare che cosa rappresentasse per una giovane donna accollarsi tante responsabilità.

«Il suo autista è qui.» La ridestò il concierge, zelante.

Lauren sospirò, gonfiando il petto qualche secondo di troppo. Ecco che si torna alla realtà, allo specchio dove dubbi e insicurezze non sono ammessi, perché potrebbero mutare la torre d'avorio in un misero castello di carte. Integrità, determinazione, pugno di ferro.

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