Un bambino di sei anni che ritorna a casa da scuola da solo, ha avuto bei voti ma nessun premio, nemmeno un complimento dalla sua mamma, nemmeno uno sguardo fiero, niente.
Un bambino di dieci anni che ritorna a casa da scuola da solo, bei voti, ma qualche marachella lo ha messo nei guai. La mamma questa volta lo considera, ma gli rivolge solo parole di disprezzo.
Un ragazzino di tredici anni che ritorna a casa da scuola da solo. Ha rubato un pacchetto di sigarette ma non dice nulla alla madre, ne al suo patrigno. Ma quando i due trovano il pacchetto il ragazzino subisce le prime violenze.
Un ragazzo di diciassette anni che ritorna a casa da scuola da solo. Ormai è grande e i nonni materni che vede una volta all’anno gli regalano una moto. Il ragazzo beve, fuma e rincasa tardi. Ad aspettarlo la solita razione di insulti e botte, ma ormai il ragazzo ci ha fatto l’abitudine. Solo una bimba di quattro anni sembra capirlo e lo tratta come se fosse suo fratello a tutti gli effetti.
Un ragazzo di diciannove anni che ritorna a casa da scuola da solo, o forse non rincasa affatto. Ha quasi finito le superiori, è all’ultimo anno, ha ottimi voti, è il capitano della squadra di basket e fa girare la testa a tutte le ragazze. È ribelle, testardo e stronzo. O almeno è quello che vuol far credere.
È lo stesso bambino, ragazzino, ragazzo che si è costruito una dura armatura per non essere più ferito e per tenere a distanza gli altri, per tenere lontano chiunque potesse amarlo. Meglio essere odiati che amati, è più facile, pensava lui.
Finché un paio di occhi verdi e un disegno fatto a matita su un semplice foglio non rompono la corazza: lei, con la sua bontà e con il suo altruismo bussa gentilmente e chiede il permesso di entrare. La sua ingenuità e timidezza rendono tutto spontaneo, genuino. Ma la corazza c’è ancora, e le persone non smettono di colpirla a tradimento. Ma quegli occhi sono sempre lì, sempre presenti. Lo guardano come se potessero attraversargli l’anima. È lì il posto di quegli occhi, è lì che devono stare, accanto a lui. Per dargli forza e sostegno.
Per dargli l’amore che gli è sempre stato negato.
Il ritmico bip del monitor lo svegliò.
La luna piena attraversava la finestra e una dolce brezza muoveva le tende candide.
Zayn prese una bella boccata di quell’aria di tranquillità, ripensando al suo passato: in quei momenti tragici c’era tutto quello che lui non avrebbe mai voluto essere.
Quel bambino adesso era un uomo, un uomo che si sarebbe rialzato più forte di prima.
“...quando si sveglierà fratellone?” una piccola vocina provenne dal lato opposto della sua lettiga.
“presto, tesoro, presto” sussurrò una voce più adulta, ma ugualmente dolce “adesso riposa, devi essere tanto stanca...” uno schiocco di un bacio riempì la stanza.
“va bene...buonanotte Angie”.
“buonanotte piccola mia”.
Dopo qualche minuto il ragazzo ebbe la forza di girarsi e come sempre quegli occhi verdi erano lì, che lo guardavano in silenzio. Pieni di preoccupazione. Pieni di amore.
“ciao” sussurrò Zayn.
Angie si alzò e lo raggiunse facendo attenzione a non svegliare Denise “ciao dormiglione...” disse con la voce rotta dal pianto “mi hai fatto preoccupare moltissimo, sai?”.
“sono un tipo forte, non devi preoccuparti per me” sorrise Zayn.
“mi viene naturale preoccuparmi per le persone che amo” disse la ragazza tirando su col naso.