ELIJAH POV.Quando l'ho vista in ospedale, non c'è l'ho fatta. Rivederla lì.
di nuovo.
E pensare a cosa sia potuto succedere, a cosa già è successo, a cosa possa avere, l'ho vista cadere all'indietro e io, che ero poco dietro perché le stavo guardando il culo, ho corso e sono riuscito a prenderla per un pelo proprio prima che toccasse terra.
L'abbiamo portata in ospedale.
Abbiamo preso tre taxi differenti.
Perché io occupavo un grande spazio con lei in braccio.
Tutti dicevano di lasciarla e che se l'avessi fatto ci saremmo entrati, ma no, lei doveva restare in braccio a me, categoricamente.E l'ho tenuta in braccio fin quando non ho dovuto appoggiarla alla barella.
E lì ho sentito che qualcosa dentro di me si spezzava.
Di nuovo,
ora però più forte,
perché ora, lo sto vivendo in prima persona il suo dolore e non più passivamente: dai racconti di mia madre, che filtrava i discorsi che Emily, la mamma di Elsa, le raccontava disperata.
Cercando di addolcire nel miglior modo possibile la pillola sapendo quanto facesse soffrire Kat.Ma faceva soffrire anche me.
e nessuno lo sapeva.
A vederla lì sono scappato.
Sono uscito dall'ospedale, e non sono tornato.
Sono un vigliacco, me ne vergogno, ma, non saprei che fare, a stare lì ad aspettare delle risposte impazzirei.
Sarei in grado di strapparmi i capelli dalla disperazione.
Poi un messaggio, a mezzogiorno mi ha illuminato la giornata un "tutto ok" da parte di mia sorella.
Non so che voglia dire tutto ok, se è la malattia a esserlo, o si riferisce solo a come sta momentaneamente elsa.
non voglio tornare da loro , non oggi, non dopo averla vista svenuta tra le mie braccia, vederla ridere disinvoltamente mi farebbe venire voglia di prenderla a schiaffi.
So che minimizzare è da lei, è anche da me se è per questo, ma una malattia, minimizzare la vita, minimizzare quanto siano difficili e impossibili da capire le conseguenze di una malattia, beh quello neanche io lo farei mai, ci vuole forza, tantissima, io non avrei la forza di farlo, ma neanche di vedere farlo da lei.
Quando ritorno in hotel consapevole di essere in ritardo, nonostante io non abbia fatto nulla se non vagare per le strade di New York, vedo Elsa che al suono della campanella che scandisce l'entrata di qualcuno nell'hotel, alza gli occhi, alla ricerca di qualcuno, alla ricerca di me: e per la prima volta quegli occhi così grandi ed espressivi, li vedo inespressivi.
Un manto di indifferenza compre quella delusione e quello sdegno che sicuramente starà provando.Fossi in lei anche io lo proverei. Lo provo tutt'ora adesso, mi faccio schifo già da solo, dovevo starle vicino, come hanno fatto tutti. Ma io non riesco.
Stiamo zitti, ci infiliamo in macchina, nessuno mi chiede spiegazioni e io di certo non mi tirò indietro a questa "grazia gratuità"
Guido in silenzio, con le mani sul volante, gli occhi sulla strada e la testa altrove.
Mia sorella dorme dietro e dopo quella che, appuro guardando l'orologio, è un ora, 'mi giro per guardare la macchina e scrutare con terribile disinvoltura il profilo marcato e complesso di Elsa.
Dopo qualche minuto la stessa Elsa si sgranchisce la voce, ho paura mi abbia mancato e che ora mi riprenda o mi stuzzichi, invece sentenzia:
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Mai troppo lontani
RomantiekLei, fuori luogo, si innamora del fratello della sua migliore amica. Lui, ricco e inaccontentabile cerca di trasgredire dalla sua vita perfetta, con migliaia di regole, attraverso le droghe. Un amore fuori dal comune, inarrestabile ma pieno di ostac...