20. Recidivo

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Cara si svegliò presto l'indomani; erano le cinque del mattino ed a farle compagnia si trovava il peluche di pezza un po' malconcio che a tratti somigliava ad un gatto.
Le lenzuola le coprivano le sottili gambe ancor pregne di tagli, mentre una insicura luce penetrava attraverso la finestra e batteva sul letto, in cerca di uno spiraglio un po' più largo.

Accondiscente, scese le scale per poi trovarsi il padre indaffarato nel preparare la colazione.

-Buongiorno.-

-Ti sei svegliata presto, come mai?-

-Non so.-

Per tutta la mattina non fece che sentire il fiato di suo padre sul suo collo, come se sbirciasse nel profondo della sua anima. Cara pensò che allora avesse scoperto del tragico incidente.

-Hai veramente fatto tu quello?-

-Cosa?-

-Sai di cosa parlo.- Sospirò. - Speravo non riprendessi assolutamente nulla da me, se non la sicurezza. Tesoro, dimmi come ti sei sentita in quel momento.- Lui era fermo di fronte al gracile corpo della figlia, seppure fosse ragazza ormai era comunque parecchio minuta.

-Strana. All'inizio sentivo rabbia, poi paura. Di essere scoperta. Poi nuovamente rabbia, ho rinnegato ed ho tirato fuori la parte più terribile di me, davanti a qualcuno che non lo meritava.- Si stava riferendo a Toby.

-Una volta non basta.-
Cara non riusciva a credere a quella affermazione. - Se senti nuovamente l'impulso irrefrenabile di rifarlo appena ne hai l'occasione è fatta. Così non sarai mai certa di essere al sicuro da te stessa. Piccola mia, io voglio che tu stia solo bene.- Detto ciò le diede un buffetto sulla guancia per poi uscire.

Cara non si preoccupava affatto, non percepiva alcun sadico desiderio quindi era tutto ok, non avrebbe mai avuto più intenzione di fare un atto così imperdonabile, non era parte di lei.




Passarono le giornate piuttosto in fretta, dopo quella serata la ragazzina bionda salutava spesso Toby scambiando alcuni sorrisi con lui ed altri, stava bene. Non pensò più a quel giorno, seppure fosse impregnato tra i suoi ricordi, nonostante abitasse con altri pazzi.
Da allora capì perché c'erano alcuni che andavano e venivano, le loro ambigue azioni ed il sangue incrostrato che lasciavano di rado sul pavimento, ora le era chiaro tutto, eppure non le importava, stava bene ed era con suo padre.
Un giorno le capitò di dialogare nuovamente con uno dei ragazzi più strani, quello giapponese che indossava quasi sempre indumenti neri.

-Konnichiwa, Cara-chan.- Le sorrideva imbarazzandola, e anche se Cara non capiva una parola ancora, nonostante avesse preso alcune lezioni, non voleva essere indiscreta.
-Sì, ciao anche a te.- Disse, per poi superare il ragazzo lasciandolo nel corridoio.

Il rapporto col padre migliorava giorno per giorno rendendolo di acciaio; anche con gli zii e la amica-cugina Sally, la quale le era sempre accanto.

Passò qualche mese e Cara si sentiva sempre meglio, le giornate passate con la madre la rinvigorivano, i buoni consigli di lei la rendevano sempre più donna, sempre più forte e astuta.

Un giorno, l'episodio tornò.
Cara era seduta al parco con la madre, era un piccolo parco di fianco la casa della donna, dove di tanto in tanto passavano ragazzi col pallone o con lo skateboard.
Le due presero un gelato e dialogarono energicamente per via del caldo sole che illuminava quella giornata. La tranquillità tra mamma e figlia scomparve quando la più piccola intravide un bambino in difficoltà, vicino all'altalena.

Era piuttosto piccolo, avrà avuto sei anni, mentre il ragazzo che lo stava provocando sembrava essere il triplo di lui. Lo minacciava rabbiosamente ignorando la gente che dava occhiatacce, mentre il piccolo era sul punto di piangere.
Cara si avvicinò ai due col petto in fuori, sapendo già di bloccare in fretta la brutta situazione. Prese le difese del bambino puntando il dito contro il petto del ragazzo più grande anche di lei.

-Sei furbo a prendertela con un bambino. Cosa vuoi? -

-Cerco soldi, ma penso che possa darmeli tu a questo punto, ragazzina.- Il tipo ghignò avanzando su Cara ma lei, rapidamente, si scostò prendendo il bambino in braccio e portandolo via.
Ma quel ragazzaccio non demordeva. Cara era ormai voltata di spalle, a pochi metri da lui, intenta ad andarsene, quando venne strattonata per una spalla dal tipo in questione.
La madre di Cara balzò in piedi nel vedere la scena e si avviò in soccorso a sua figlia.

-Dammi i soldi.- Disse cinico il ragazzo.

Dal naso di Cara uscì del sangue denso che macchiò il suo vestito giallo paglia regalatole dallo zio, era diventato uno dei suoi abiti preferiti.
Colma di rabbia, si alzò in fretta da terra colpendo la faccia dello sbruffone con un pugno deciso, egli barcollò gemendo dal dolore.

-Brutta t...-

Cara tirò un calcio piegando in due il ragazzaccio, al ché intervenne la madre portandola via da lì.


Erano sedute sul divano della casa della donna, Cara era ancora furiosa.
La madre rimase scioccata dall'ira funesta della figlia, vedendola sempre così quieta e dolce.
Cara, al contrario, non bramava altro che vendetta, avrebbe voluto continuare a picchiare quel tipo finché non ci sarebbe stato più motivo; allora si spaventò della sua stessa intenzione.

Non riusciva a controllarsi. Le tremavano le mani dal nervoso e nella sua mente offuscata si delineava solo il pensiero di dolore, di morte.
Anche se potesse apparire esagerato per lei era più che giusto.

La sera stessa uscì dalla porta per tornare a casa col padre quando le venne in mente l'idea di tornare sul luogo.
Era al parco, il padre era rimasto escluso fuori, si girò intorno in cerca di quel ragazzo. La sua mente ormai era alimentata dal nervoso, non riusciva a ragionare più e ciò lo capì anche la madre che chiese al padre di controllare la loro bimba.

Offenderman era in allerta anche se ormai, anch'egli aveva la certezza di ciò che si era instaurato nella mente di Cara.

La ragazza finalmente trovò la sua vittima; era seduto su una panchina di ferro mentre fumava una sigaretta, il suo sguardo si paralizzò appena vide la ragazza di fianco a lui.

-Vuoi fare a botte?- Incitò lui, Cara non rispose.

Gettò la sigaretta e prese a pugni Cara, sopreso della tanta improvvisa vulnerabilità della ragazza; le tirò i capelli ghignando, per poi farla cadere a terra come fosse un sacco di patate. Rise con cattiveria quando Cara si alzò e avvicinandosi veemente a lui, per poi far uscire fuori i suoi impensabili tentacoli bianchi.

Lui indietreggiò impaurito.

-Che diavolo sei??!-

La ragazzina bloccò gambe e braccia di lui, facendolo fluttuare in aria e contro alcuni alberi, mentre un ghigno sul suo volto si allargava.
Fu un attimo, un attimo in cui la sua coscienza non si avviò: allargò lentamente gli arti del ragazzo facendolo gemere di dolore, tentando di spezzarglieli.
Un secondo dopo, un primo crack si udì alle sue orecchie: un suo braccio penzolava per poi finire a terra grondande di sangue.
Ella continuò ignorando le grida di terrore del ragazzo, in preda al panico e con gli occhi pieni di lacrime.
Dopo aver completato la tortura egli si ritrovò a testa in giù pendente da un albero, il volto proteso verso il basso dal quale poteva ammirare i suoi gracili arti creare artisticamente una croce rosa carne e rossa.
Appena dopo morì di infarto.

Offenderman prese in braccio Cara stringendola forte a sé e portandola a casa, sapeva che la figlia era rimasta un'altra volta interdetta, incosciente di quella brutta azione ripetuta per una seconda volta. Lui le accarezzò i capelli, premendo il suo viso contro il grande petto di lui, permettendola di urlare e sfogarsi senza che nessuno la sentisse.

-Figlia mia, ricorda, tu non sei cattiva, ricorda, tu non sei cattiva.- Continuava a ripeterle lui, sapendo che la natura di ella la riprese purtroppo dal padre.

My little daughterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora