40. Hai creato ciò che avrei preferito non vedere mai

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Le sequenze affilarono la mente della ragazza come lame, distanti e non unite tra esse, come lampi, mostrando l'avvenimento dei fatti: la ragazza, esasperata, si chinò in posizione fetale urlando ma tutto ciò appariva come un film muto. Qualsiasi cosa si muoveva, si agitava, senza rintoccare un suono udibile a chiunque. Ella cadde dal ramo, tra le braccia del padre che la afferrarono in un attimo, ma a quel tocco tutto il suo corpo ne risentì negativamente, bruciando la sua cute come lava ardente, finché non riuscì ad ergersi su entrambe le gambe esili e contuse dalla corteccia del ramo. Un'altra sorta di fotogramma inquadrò lei scappare via, lontano dalla foresta e dalla parte opposta della casa, con suo padre dietro. 

Benché fosse minuta, l'agilità e la sicurezza nello spostarsi tra i vari rami intrecciati di quegli alberi centenari le doveva alla natura che riteneva impertinente fino ad allora, fino a che non la salvasse da un dialogo straziante con un essere che gli aveva rovinato l'esistenza.

Uscì dalla foresta, superando trasversalmente una lunga strada asfaltata, finché non si ritrovò nuovamente con i piedi sul terreno umido e colmo di vegetazione, radioso se messo a confronto con la foresta che circondava la sua abitazione. Corse senza una meta precisa e nel frattempo neanche pensava, riprese parte di coscienza una volta ritrovatasi al capolinea di quella foresta, davanti a sé una valle. Poteva scappare più lontano?

Poggiò le mani sulle ginocchia respirando affannosamente, mentre l'adrenalina le scorreva per tutto il corpo seguito da un'ira funesta inimmaginabile, gli occhi erano rossi, non più dolci e limpidi come i mari, così come il suo tono di voce aveva assunto un timbro basso, rimbombante. 

Sarebbe divenuta mostro ora e per sempre?

Quando la mente tornò lucida analizzò lo scenario intorno a sé, notando di aver seminato il padre, stranamente. E, sinceramente, non gli importava affatto avere la sua presenza affianco perché aveva deciso di compiere un atto imperdonabile, lontana da tutti. Cara alzò il mento, osservando attentamente i tentacoli che non l'avevano più abbandonata muoversi sinuosamente nell'aria come accarezzandola. Si sentiva patetica nel pensare ad un'unica soluzione ma, appunto, non vi erano altre vie. 

Staccò un ramo utilizzando i tentacoli stessi, doveva essere ben resistente e appuntito all'estremità. Tenne salda la presa con entrambe le mani, così forte dal scorticarsi per mezzo della corteccia ruvida, però non sapeva come rimediare un'arma tagliente a tutti gli effetti.

Se fosse morta, avrebbe messo fine a quell'agonia che la stava opprimendo ogni giorno di più, se non fosse morta ma avesse resistito ad una imminente pozza di sangue, avrebbe avuto la certezza di dover convivere con quel mostro che era la sua anima deturpata. Nel secondo caso, sarebbe rinata come il peggiore dei suoi incubi, inglobata dal buio delle sue paure e dei suoi dubbi. 

Ciò che la stava spingendo al suicidio, adesso, era l'irriverenza, la rabbia cieca sui suoi occhi che analizzava tutto da un ribaltato punto di vista. Quella sua natura era ribelle, grintosa e sfacciata, oppure era solo incompresa e perciò nervosa, non lo sapeva Cara. Non la conosceva così bene da presupporre un'analisi completa al suo atteggiamento. Non riusciva nemmeno a controllarla, probabilmente adesso era questa che aveva convinto la ragazza a compiere tale gesto.

Gli occhi persi nel vuoto, fermi come il resto del corpo. Solo le braccia si muovevano seguendo comandi ignoti, criptati. Infilzò la punta del ramo nel petto, esattamente al centro, balzando all'indietro con un rivolo di sangue colato dal punto colpito e, successivamente, sputato dalla bocca come cascata. 

Cara crollò sulle ginocchia, lamentandosi del dolore fitto e lancinante che pulsava ancora per mezzo dei nervi. Persino mettere una mano al cuore era faticoso, in men che non si dica, quella venne coperta da altro sangue, fino a macchiare l'erba per i colpi di tosse. 

Agonizzante, lottò con fatica per trattenere gli occhi aperti, aveva solo immagini sfocate di quel verde imbrattato e le dita contratte aggrappate al terreno. Se tutto ciò doveva comportare un ulteriore dolore fisico prolungato per un tempo indefinito preferiva darsi un colpo più forte sperando di terminare quella sofferenza. Intanto sanguinava, fino a che le sue orecchie non furono disturbate da suoni distinti, provenienti alle sue spalle; da due braccia che la ressero appena prima di svenire.



My little daughterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora