41. Uscire allo scoperto

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La ragazza bionda aprì gli occhi ritrovandosi nella enorme stanza a lei data, sotto due coperte ed ai piedi del letto vi erano alcuni dei suoi ''famigliari.'' Suo zio Trenderman sedeva composto, distintamente dagli altri due che non aspettavano altro che lei si svegliasse. Ben esultò appena, al contrario di Sally che corse verso il letto gridando dalla gioia. 

-Sei sveglia, sei sveglia!- Continuò a ripetere la bambina mora sorridendo in modo quasi raccapricciante, tanto sgranati erano gli occhi e le labbra che solcavano tutte le guance.

Cara analizzava la stanza ignorando palesemente la bambina e si notava dal suo sguardo che qualcosa non andava. Non parlava, non sorrideva, sembrava persa nei suoi pensieri dovuto allo sguardo vuoto, una spallina scesa della sua maglia larga ed una ciocca di capelli biondo cenere sul naso quasi dividendo il viso in due. 

-Attenta!- scattò in avanti Sally quando Cara stette per alzarsi. Infatti questa esitò, mordendosi le labbra e piegandosi in due da un dolore lancinante al busto. Poggiando una mano al petto, notò strati di bende attorno a petto e addome rosse per il sangue incrostato. Ma anche le mani stesse ed il collo erano bendati, così come alcuni cerotti coprivano tagli superficiali sulle braccia ed un ginocchio. 

-Cara-, Ben avanzò verso di lei mentre lo zio rimaneva ancora al suo posto ad analizzare la scena dal suo punto di vista critico. Vide Ben abbracciare improvvisamente la ragazza e lei era rigida, non mosse un muscolo verso il ragazzo, mentre Sally si allontanò di poco dai due. -hai fatto una cosa terribile e se fosse accaduto il peggio io non te lo avrei mai perdonato.- Commentò con una nota di rimprovero mentre Cara sembrò ascoltare indifferente.

Improvvisamente si alzò ignorando i presenti, cercando come se fosse in trance la porta. Andò verso il bagno ma Sally la bloccò per una manica richiamandola più volte.

-Cara, che è successo...- Chiese Ben ma più a se stesso. Stava veramente male per lei e Trenderman lo aveva capito perfettamente.
Il ragazzo biondo prese in mano un ciondolo dal colore simile al suo vestiario, guardando Cara non sincerità.
-Ne ho uno io, come quello regalato a te. È grazie a questo che ti ho ritrovato, perché il tuo si è scheggiato.-

Cara guardava diffidente l'oggetto appeso al suo collo, non aveva aperto bocca affatto.

-Sono in un certo senso connessi, perché lo siamo noi.- Aggiunse il ragazzo, cercando un abbraccio di lei che non arrivò. Cara si scostò con noncuranza, incamminandosi nuovamente verso il bagno e chiudendosi dentro.

All'esterno, voci diverse commentavano la scena, aggiungendosi agli altri. Vi era anche una voce maschile ben distinta, era il padre di Cara. Offenderman era rimasto tutta la notte a sorvegliare sua figlia, martellandosi nella testa quanto il suo bene più prezioso avesse potuto compiere tale gesto e lui non fosse stato realmente così attento fino ad allora.

Era un mostro ma non anche sua figlia.

Offenderman poteva benissimo entrare nel bagno, attraversare le pareti anonime che in quel momento nascondevano l'anima della ragazza, ma restò sul posto aspettando che ella uscisse.
Sentirono il rumore dell'acqua, si stava facendo una doccia.

Tutti andarono via, Toby anche era davvero preoccupato e prese Sally per una mano rassicurandola. Solo Offenderman rimase fisso al centro del corridoio, come se fosse precipitato nel suo risentimento.

Cara si era tolta il ciondolo, i vestiti li lasciò cadere ai piedi, ed avanzò a falcate il box doccia. Il getto d'acqua cadeva con una propria forza imitando lo scrosciare del fiume in prossimità di una cascata: pronto ad andare giù. Lei, nella sua mente, riguardava sempre la scena in cui tentò il suicidio, ora, a manovrarla, vi era solo ed esclusivamente la parte di sé che più temeva.

Da sotto la doccia uscirono i tentacoli, innalzati verso la lampadina, guidavano il corpo della ragazza nudo come un verme e rosso dalle ferite causate dalla ragazza stessa. Era in uno stadio incompleto.
Come se il suicidio non fosse avvenuto, la sua anima era ancora in parte viva, però maggiormente sottomessa dal mostro che si era svegliato in quegli anni.
Il destino suo era così.
Doveva portare a termine la sua trasformazione, la bestia incompresa doveva uscire e mostrarsi nel suo maestoso e fiero aspetto per cui, senza ripensamenti, doveva uccidersi di nuovo, un'altra volta: non era morta.
Le era mancato poco per morire ma ora doveva ritentare.

Un paio di tentacoli la tenevano stretta sull'addome e sulle clavicole, fino a raggiungere il collo, mentre lei rimaneva inerme, incapace di contrastare il mostro.

Poco prima di stringere, una lacrima scese dalla sua guancia muta, tramutando in una goccia anonima tra le tante della doccia, inutile ad ogni fine poiché la stretta aumentò, soffocandola.

-AARGH!- Esalò poco prima di accasciarsi all'angolo del bagno, col volto violaceo e gli occhi sbarrati.

Così morì definitivamente, permettendo al mostro che cresceva in sé di uscire. Non era prevedibile, nessuno lo avrebbe mai immaginato, in fondo, mai un mostro come quello si era prima rapportato con una umana e messo al mondo una creatura simile.
Uno dei suoi desideri, fu quello del non essere mai nata.
Ora, chiunque sapeva che destino toccava a tali esseri che mai più avrebbero tastato le gioie di una vita vera e spensierata, vuota da creature immonde e dalle sembianze orripilanti, dalle interiora deformi e sentimenti assenti o quasi.

La ragazza era ferma all'angolo del bagno con lo sguardo impietrito verso un punto indefinito della stanza. L'acqua continuava a scorrere e picchiettarle delicatamente la testa lasciando il suo corpo perennemente umido.

La morte di un essere del genere poteva portare alla nascita di una creepypasta, uno di quei mostri dei quali lei era coinvolta di sangue.
Della sua vita passata non contava più nulla, della ragione non seppe più che farsene, quel mostro la divorò subito lasciando spazio alla frenesia, all'ira, al desiderare con bramosia il sangue e ancora altro sangue.

La ragazza si mosse appena solo per aver deglutito, il resto del corpo era ancora immobile e doveva riprendersi.
Ora lei non poteva più crescere, era come gli altri.
O forse, peggio degli altri.

My little daughterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora