39. Dissensi

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Svenne anche nella vasca, rischiando di morire soffocata dall'acqua che stava entrando dal suo naso. Non si accorse di nulla, per quel frammento di tempo la sua mente venne annebbiata ancora dal ricordo di quegli episodi terribili di cui lei era la protagonista. Le urla ovattate delle vittime erano in contrasto con l'atmosfera cupa e muta creatasi solo allora, nella sua testa. Altrimenti, vi sarebbe stato il rumore della natura circostante e quelle urla sarebbero parse estenuanti non minacciose o critiche verso di lei, l'omicida. 

Riemerse dall'acqua, riprendendo fiato e tossendo un paio di volte, cosciente di uno strambo annegamento al quale era riuscita ad evitare. Quando uscì dalla vasca, percorse la stanza giungendo fino allo specchio senza alcun asciugamano che la coprisse o le asciugasse il corpo umido, lasciando, invece, gocce d'acqua su tutto il pavimento. Si osservò attentamente allo specchio in parte appannato, rivelando solo metà volto e corpo della ragazza. Il viso smagrito, segno del non aver mangiato in quei giorni,  osservava diffidente la sagoma impressa davanti a sé, come se volesse criticarla o sminuirla, facendo una smorfia sdegnata.

-Cosa c'è?- Replicò Cara, cercando risposte nella sua immagine speculare così diversa da lei. -Perché mi tormentano sempre..?- Abbassò il capo, alludendo a quei terribili ricordi che non volevano lasciarla in pace.


Cara scese nella sala, cercando freneticamente qualcuno. Vi trovò solo Jane e Sally chiacchierare sotto voce e, quando queste videro la ragazza, le andarono in contro entusiaste. Cara restituì il peluche alla bambina, ringraziandola per essersi preoccupata tanto per lei. 

-Se cerchi Ben lui ora non...- Cominciò Jane ma fu interrotta dalla mano di Cara in segno di negazione.

-No, no, cercavo... Mio padre.- 

-Dovrebbe tornare a momenti.-

Ed infatti, poco dopo, il portone di ingresso si aprì ed entro Offenderman contento di vedere Cara in piedi, dopo tanti giorni. Cara non reagì in egual modo, il suo sguardo era duro e sembrava analizzare il padre dalla testa ai piedi. In quel momento, si ricordò che effettivamente lui era molto più alto di lei, di Jane, soprattutto di Sally, ma ciò non la metteva a disagio e non la considerava una sorta di 'insubordinazione'. Colse la palla al balzo e, vedendo l'umore positivo di lui, chiese se potessero passare del tempo da soli. 

Cara voleva prendere aria fresca, oltrepassarono il giardino e si fermarono in un punto impreciso nel bosco, forse non del tutto impreciso.

La ragazza guardava il terreno, immaginando davanti a sé il corpo esanime del suo ex- fratello maggiore. La mente voleva giocare ancora sporco con lei. Distolse lo sguardo scrutando la folta chioma degli alberi e ruppe il silenzio dicendo:

-Cosa sono io per te, padre?- 

-Tu sei mia figlia, Cara.- Rispose Offenderman, colpito dalle parole della ragazza. Ella era seduta su un ramo tanto grande quanto sporgente, lasciava le gambe penzolare nel vuoto ma non abbandonò il suo tono neutrale.

-Ma tu e mia madre non avevate previsto la mia nascita.- Quella affermazione spiazzò Offenderman. -Non avevate la minima idea di cosa sarebbe nato, poi. Un mostro...- Concluse la frase con un risolino, non sembrava più lei. -Tu sapevi cosa ero, cosa sono. Perché non mi hai mai detto che sarei diventata così, un giorno?- Accusò lui.

-Così..?- Offenderman era appoggiato con la schiena ad un tronco, sebbene arrivasse all'altezza del ramo dove sedeva Cara, esitò nell'avvicinarsi. Era talmente sorpreso dal comportamento di lei che preferì non accendersi una sigaretta e fumare come suo solito, mantenne il profilo apparentemente distaccato, con le braccia incrociate al petto.

-Sono morte delle persone ed ora i loro spiriti sembrano prendersi gioco di me. Mi tormentano in continuazione, sono impresse nella mia testa e non vogliono andarsene ma, sinceramente, neanche le biasimo. In fondo le ho uccise io.- Lasciò uscire un altro risolino sconfitto.

Un attimo di silenzio precedette il continuo del discorso di Cara, sempre più convinta di ciò che stava dicendo.

-Il mio corpo ha subito dei mutamenti e non riguarda solo l'esser diventata adolescente. Lentamente, la mia vera natura si riscopre, è questo ciò che sono ma a cui fatico ancora a credere del tutto, un mostro. Esattamente come te.- Una spina nel fianco colpì Offenderman con quella affermazione. Sentitoselo dire da sua figlia era diverso dalle vittime le quali ci aveva fatto abitudine.

Anche Cara rimase stupefatta dalle parole uscite dalle sue labbra, non era convinta le avesse dette davvero lei, piuttosto pensò fosse una parte celata di lei ad essersi rivelata. Considerava se stessa terribile, aveva ucciso delle vite, ma considerare tutti loro dei mostri non la faceva stare bene con l'animo. Le si stava rivoltando lo stomaco. Voleva bene a loro, per come erano fatti, soltanto un difetto li caratterizzava e cioè...

-...Che siete assassini senza scrupoli. Io non volevo essere così. Non volevo nascere così...- Diede voce ai suoi pensieri bloccandosi per i singhiozzi. In quel esatto momento, percepiva ancora quel bruciore invaderle gli organi e l'anima, come non molto tempo prima. Voleva fermare quel dannato dolore ma le risultò impossibile, spezzò il flusso di pensieri battendo un pugno alla corteccia. Le nocche rosse del suo sangue impresso anche nell'albero, tra la sua stessa linfa. 

Non solo le foglie dell'albero la proteggevano dai raggi solari con la loro ombra, ad unirsi ad essa vi erano due, tre, quattro tentacoli bianchi ondeggianti che parvero nati dalla sua schiena. Ancora quella figura, quell'essere che aveva attaccato Toby e che avrebbe preferito morire di per sé, incapace di ragionare e guidata solo dall'odio e dal rancore.

Ora lo stava vedendo anche Offenderman  come ella avesse ragione, fosse diventata qualcosa che non voleva e di cui non poteva farci nulla. Un mostro.

My little daughterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora