27. Crisalide

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Pochi apprezzano i bruchi. Ma quando emergono con i loro meravigliosi colori, in graziose farfalle, nessuno ne ha più paura.

Esistono, però, alcune farfalle di color nero, un nero così opaco che perfino sopra di esse si mostra prepotente e forse maligno. Quelle sono le farfalle del demonio, dicevano. Così rare che se qualcuno le avesse potute vedere avrebbe subito conseguenze fatali, addirittura, ma queste sono solo voci. In realtà, si potrebbero considerare tra le più belle farfalle di sempre, mistiche, ed il loro sbattere d'ali è il più pacato e rilassante suono per chi le saprebbe ascoltare. Lo avevate mai sentito? Forse fermarsi all'apparenza non è la più giusta cosa da fare.

Il giorno seguente dalla venuta della madre era magnifico, c'era il sole e Cara poté uscire fuori e dedicarsi al suo piccolo giardino di fiori e piante di vario genere; la rosa rossa si era rinvigorita e mostrava petali accesi e meravigliosi.
La ragazza amava la botanica, preferiva anche star da sola e dedicarsi ad essa, la tranquillizzava ed il silenzio che trasmetteva la faceva stare paradossalmente in compagnia.
Quella mattina stava piantando alcune calendule, regalate precedentemente dalla madre, quando vide delle bellissime farfalle svolazzarle in tondo e posarsi su alcuni fiori.
Erano bianche, così piccole e pure, ma al loro seguito ne arrivarono altre due di colore giallo.

La ragazza alzò lentamente un braccio per non farle fuggire via e sperava di poterle toccare.
Una di esse si posò sul suo dito, sembrava non essere spaventata, e sbatteva lentamente le ali come volesse dare dimostrazione all'umana della bellezza che aveva la natura.

Cara sorrise.
-Sì, siete davvero meravigliose.-

Poco dopo ne arrivò un'altra, modestamente più grande di esse, che si posò a sua volta su un ginocchio della ragazza facendola quasi sobbalzare.
Le quattro farfalle volarono via mentre l'ultima arrivata era ferma ed immobile davanti alla ragazza.
Aveva le ali nere. Cara non aveva mai visto una creatura simile.

Essa aprì le ali ed erano veramente grandi, quasi quanto una mano, davvero belle e modeste.

-Sei particolare.- Commentò la ragazza senza distogliere lo sguardo da essa.

La farfalla, come se l'avesse capita, svolazzò intorno al suo corpo soffermandosi sulla sua spalla nuda.
Aprì ancora una volta le ali e, poco prima che la ragazza potesse toccarla, volò via, verso il bosco.

Cara si alzò da terra e raggiunse quest'ultimo ritrovando l'amica volare intorno agli alberi come in festa, rendendo il posto più magico.
Ma avanzando trovò a terra un corpo e ella stette quasi per urlare.

Esso era in putrefazione e puzzava leggermente, il volto era ancora piuttosto riconoscibile mentre metà del corpo si stava cedendo al banchetto dei predatori, quali animali e vermi.
Sopra volavano quelle farfalle scure, sembravano esser attratte dall'odore, ma Cara pensò fossero farfalle della morte e subìto ritirò i complimenti fatti precedentemente.
Erano farfalle della morte, sicuramente. Ed il fatto che una era stata attratta da lei poteva essere cattivo presagio?

Cara osservò inorridita il corpo inerme e le sembrava terribilmente famigliare. Le labbra sottili ed ora viola, i corti capelli non troppo scuri e lo sguardo vitreo ma dal quale si potevano vedere quei vispi occhi maturi e le lentiggini sulla pelle così chiara.
Le venne in mente un nome ma poco dopo ci rise, era impossibile.

Stare lì le dava una forte ansia, la puzza le entrò nel naso e le creò un gran disgusto, stava per vomitare.
Ma non riusciva ad andarsene. Voleva sapere a tutti i costi chi fosse quella persona e perché avesse subito una tale tortura, esser dimenticato lì in quel fitto bosco.

Sentì un fruscio non molto lontano e, voltandosi, trovò Splendorman.

-Oh, Cara! Cosa ci fai qua?- La voce innocente e cantilentante dello zio era sempre molto buffa ma in quel momento faceva trasalire la ragazza.

-Zio, stavo... Stavo facendo una passeggiata. Avevo curato il mio giardino e... Mi sono fermata qui.-

-Oh, tesoro, la mamma ti stava cercando e... Cosa stai facendo?!- Sobbalzò lui appena vide il cadavere.

Cara aveva quella sensazione, quella sensazione di pericolo che non mentiva mai e sapeva ciò che stava per succedere; cercò di mantenere il sangue freddo e, con tono quasi distaccato, chiese spiegazioni allo zio.

-Piccola, lo sai quale è il nostro lavoro.- Il volto di Splenderman diventò una smorfia triste. - Non ho potuto farci nulla, non ero in me. Cara, non devi entrare qui nel bosco da sola, non voglio che tu veda tali orrori.-

-MA IO DEVO SAPERE!!- Urlò lei, esasperata. Splendorman fu sorpreso da quell'atteggiamento raro in lei.- Io devo sapere cosa fa la mia famiglia, certo, so cosa ha fatto mio padre ma mi ha promesso di essere cambiato e gli ho creduto, però non accetto questo anche da te e dagli altri! Ho fatto finta di nulla ed ho sbagliato... Vedere queste cose mi fa... Mi fa imbestialire...- La ragazza sbatté la schiena al muro presa da un forte mal di testa. - Io... Odio il male.-

-Cara, mi dispiace. Purtroppo certe cose non si possono cambiare.-

Ed era vero. Cara ancora allora rimpiangeva di aver ucciso per la prima volta e di aver ripreso i poteri subdoli del padre, lo rimpiangeva ogni notte.
Voleva poter cambiare, poter tornare indietro nel tempo e non ricommettere quello sbaglio, soprattutto che ora c'erano anche i testimoni presenti di quel suo assassinio.
Rimanere lì, davanti a quel cadavere, la stava facendo impazzire.
Voleva andarsene ma doveva assolutamente sapere chi fosse, sperando di sbagliarsi fino alla fine.

-Splendorman.- Lo chiamò per nome.- Chi era questa persona?-

-Io... Non so il nome. Aveva all'incirca una ventina di anni e si trovava vicino al bosco. Era nervoso, si stava guardando intorno e stava anche minacciando di voler appiccare un incendio. Non potevo permetterlo. Credimi, non gli avrei mai fatto del male, non ero me, non ero me...- Splendorman si coprì il volto per la vergogna.

-Non ti posso credere.-

-Stava anche con un altro ragazzo, più giovane, ma poi se n'era andato.-

-Non si erano chiamati per nome?!- Cara era ancora più esasperata.

-Ecco... Sì, lui chiamava il più piccolo "Joel" se non mi sbaglio.-

A Cara caddero le braccia a terra.
Scoppiò a piangere e biascicava qualcosa come 'non è possibile... Non è possibile' tirando calci al vuoto ed alzando la terra.

-ERIC!!!!!!- Urlò.

Urlò ancora più forte finché non svenne per la mancanza di forze.

My little daughterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora