38. Un richiamo

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Cara perché lo hai ucciso? Potevi semplicemente scappare. E se avesse avuto dei figli? Come l'avranno presa, adesso?
Cara, svegliati.
Svegliati.

Svegliati.

E la voce la svegliò, di soprassalto, col fiato corto. La ragazza era a letto, le finestre coperte dalle tende oscuravano la camera in un modo piacevole, lasciando passare solo alcuni fasci di luce solare che rimbalzavano sul bordo del letto.
Col dorso della mano si pulì la fronte sudata, i ciuffi erano di qua e di là come sempre.
L'occhio si abituò all'oscurità della stanza e distinse la sagoma di alcuni oggetti come una sedia, poco distante dal letto, un comodino con sopra un bicchiere d'acqua ed un peluche.
Cara lo portò di fronte al viso, riconoscendo subito un leoncino bianco con una pezza sulla zampa destra; uno dei giocattoli a cui lei e Sally erano più affezionate.

Una volta si strappò mentre la mora ci stava giocando e chiese, in lacrime, a Cara di guarire il piccolo amico. Dedusse, ora, che magari era un portafortuna per la sua guarigione. Per quanto tempo aveva dormito? Ma, soprattutto, perché si sentiva sempre così male? Per non parlare di quella infima voce nella sua testa che si divertiva a ricordarle gli episodi di omicidio avvenuti per merito suo. Provocandole anche allucinazioni.
Magari essa era la sua coscienza che stava solo cercando di farla riflettere, di carpire meglio quale fosse la sua vera identità. Perché lei non ne aveva più idea.

Cara era figlia di Offenderman, solo questo sapeva dire. Ma chi fosse lei, no. Ora che era cresciuta tanti problemi erano sorti, venuti a galla proprio nel suo periodo adolescenziale, quando spesso i suoi ormoni agivano per lei, i suoi atteggiamenti parevano incoerenti e ogni secondo si sentiva l'oggetto di desiderio al centro di una stanza piena. Ma ciò era dovuto all'adolescenza o alla natura che derivava da suo padre? Magari da entrambe. Voleva solo delle risposte.

Qualcuno bussò e lei mugolò un "avanti" con la voce ancora debole.
Fece capolino Jane, accendendo la luce e portando un vassoio con del cibo parecchio invitante sopra. Dall'odore, Cara riconobbe subito delle paste appena sfornate ed il suo stomaco non aspettava altro che divorarle.

-Speravo che con queste ti svegliassi subito ma, a quanto pare, mi hai preceduto, ahah!- Rise la ragazza dall'apparente capigliatura mora, aprendo di poco la finestra per scacciare l'aria viziata.

-Grazie, Jane. Per quanto ho dormito?-

-Due giorni. Eravamo tutti in pensiero.- 

-Due giorni!?- Esclamò la biondina. -Accade così spesso, ultimamente... Cosa mi sta succedendo..?- Chinò il volto lasciando che i ciuffi le nascondessero l'espressione enigmatica ed incredula. 

-Me lo chiedo anche io. Sai, Sally e Ben sono stati quelli che ti hanno sorvegliato di più. Jeff non è tanto bravo in queste cose, anche se mi ha parlato tanto di te.- Ammise.

-E cosa ti ha detto..?- 

-Che la sua migliore amica dovrebbe mangiare di più.- Ghignò complice finendo col scoppiare a ridere entrambe. -Soprattutto, ho notato che c'è qualcosa tra te e Ben. Non è così?-

-Sì...- Cara strinse tra le mani la collana che egli le aveva regalato due giorni prima. - Stento a crederci ancora io...-

-Beh, auguri allora!- Le poggiò una mano sulla spalla per poi uscire dalla stanza ma fermandosi sull'uscio della porta. -Ora devo andare, se ti va di farti una doccia ho adornato il nostro bagno con candele profumate, mi annoiavo questi giorni. Ah, un'altra cosa: voglio essere la prima invitata al vostro matrimonio!- Le fece l'occhiolino per poi uscire, inutile dire che Cara era nuovamente rossa. Il legame con Jane era maturato nel tempo, soprattutto perché ella le aveva dato delle dritte su come affrontare il periodo ormonale, era più grande di Cara. La biondina la considerava una sorella maggiore. 

Poco dopo corse in bagno e si adagiò nella vasca, rilassandosi con acqua molto calda e molto piacevole, finché la sua stessa cute assunse un colorito più acceso e la stanza si riempì di vapore, atterrando sugli specchi. Alzò un braccio analizzando le vene piuttosto evidenti percorrerle l'intero avambraccio, tutto, fino alla spalla. Quel senso di voltastomaco tornò ancora, ancora quelle immagini abominevoli, ora la facevano star male eppure in quei momenti era orgogliosa delle sue azioni, come un trofeo.

My little daughterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora