22. La Vedova Nera

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Cara era seduta sul ciglio della porta e lasciava che il caldo le illuminasse le sottili gambe rendendole ancora più pallide.

Era una bellissima giornata di giugno, i fiori erano sbucati da un bel pezzo, persino in quella stramba area, erano perlopiù rose e margherite, i due fiori preferiti di lei. Erano passati anni, ne aveva già sedici, e la sua vita era cambiata radicalmente, non se lo sarebbe mai aspettato.

Da un paio d'anni capì di essere un po' più come il padre che la madre.
Le piaceva il macabro e tutto ciò che potesse dar fastidio a qualcuno, se quel qualcuno risultava sgradito o cattivo. Aveva il potere di ammaliarlo, semplicemente con uno sguardo sfuggente oppure quando i suoi caldi occhi richiamavano quelli della vittima intrappolandoli in una via senza uscita: questa era la prima mossa. Una volta fatti entrare nella trappola era impossibile uscirne, letale come la vedova nera, li smembrava un po' per volta per poi lasciare i resti a qualcuno desideroso della casa.

Jeff, diventato suo migliore amico, le consigliava sempre come procedere al meglio per gustarsi la vittima: fare con calma e dettagliatamente ogni singola mossa, sentire le urla era divino. Apparte ciò, si divertivano anche a prendere in giro Ben, il biondino che si faceva continui pensieri su di lei da anni e che dopo quel bacio non smette di sognarla ad occhi aperti.

-Ti godi il caldo, eh?- Una voce possente interruppe i suoi pensieri, allora alzò lo sguardo e vide colui che le aveva fatto improvvisamente ombra.

-Ciao zio, Slender. Sì, mi piace il caldo, l'estate non è male.-

-Non è male ciò che tu abbia fatto in questi mesi a tanta di quella gentaglia.-

-Ahah, mi davano un rancore dentro che non desideravo altro se non ucciderli.- Mi fece sorridere amaramente il ricordo di una delle mie vittime, un uomo orribile che voleva giocare con delle ragazzine, così lo accontentai io e lo feci giocare: a modo mio.
Alla fine ne era rimasto talmente tanto contento che non aveva più le parole per descriverlo.

-Sei molto simile a tuo padre.-

-In che senso? Lui uccideva donne, anzi troie.-

-Ahah, vero, ma non in quello di senso. Lui odiava le femmine e desiderava far vedere a quelle facili cosa le sarebbe aspettato giustamente, un modo per farla pagare a tutte. Tu, invece, serbi rancore per i maschi, a quanto ho notato. Ogni tua vittima è di sesso maschile, generalmente sono malcapitati o pedofili. C'è un nesso?-

-Non credo. Forse sono più gli uomini a non esser degni di portare questo nome. Semplicemente odio quelle pessime persone e voglio che capiti a loro ciò che deve capitare, il peggio.- Strinsi i pugni.

-Sono fiero di te. Lo siamo tutti.- Mi accolse in un breve abbraccio, il silenzio creatosi venne interrotto da zio Splendorman che mostrava una serie di giochi a Sally, la mia dolce e piccola amica.

-Cara, vieni!!!-

-Arrivo!!-

Dopo aver giocato coi due come non fossero mai passati gli anni, mi cedetti ad un meraviglioso dolce semifreddo guardando un programma tv. Non ero sola in casa, papà stava uscendo.

-Offenderman, dove stai andando?- Odiava che lo chiamassi per nome, ma era l'unico modo per darmi attenzione in quel momento.

-Cara, sto andando da tua madre.-

-Questo spiega i narcisi e tulipani nelle tue mani.- Avevo il dono della poesia. Ci scambiammo uno sguardo interminabile e poi aggiunsi : - sono i suoi fiori preferiti.-

-Dopo passeremo tanto tempo insieme, promesso.- Mi salutò per poi sparire col teletrasporto.

-Ci tengo!- Urlai sperando mi avesse sentito.

Poco dopo arrivò Jeff col suo perenne sorriso a darmi una scompigliata ai capelli come suo solito.

-Siamo soli, Ben è in giro per internet ed i proxy torneranno fra un po'. Ti va di fare qualcosa?- Si buttò sul divano con le braccia dietro la testa.

-Certo, ma cosa?-

-Sono giorni che non accenno ad una goccia d'alcol.-

Ci lanciammo uno sguardo di intesa. Subito dopo accorsi allo scantinato, dove sia papà che altri della famiglia tenevano custodita ogni qualità di vino, birre ed alcolici vari.

-Papà ama il vino. Credo di aver ripreso ciò da lui.- Osservai la pila di bottiglie coperte da una sottile polvere.

Jeff stava scegliendo la più buona apparentemente.

-Hai ripreso molto da lui. Anche uccidere.- Lo disse con una marcata nota di provocazione mentre mi osservava coi suoi occhi ghiaccio.

-Che vuoi intendere?- Risposi con stizza.

-No, nel senso che sembri la sua copia plasmata.-

-Cosa cazzo vuoi intendere!?- Sbattei le mani contro il tavolino in vetro.

-Non ti scaldare. Non intendevo nel senso brutto, anzi. È affascinante come tu sia diventata così irascibile e irriverente, come tu possa guardare dritto negli occhi la tua vittima senza trapelare alcunché, godendo nel vederla soccombere lentamente, a tuo piacimento.- Si avvicinò a me durante il suo discorso. - Se non piacessi a Ben ti avrei provocato per vedere una tua reazione, ma anche così va bene.-

-Sei un idiota.-

-Ti voglio bene anche io.-

Il discorso di Jeff mi fece riflettere; mi sentivo onorata nell'appartenere al sangue forte di mio padre ma non ero certamente la sua copia. Ero semplicemente me. Ero io ad aver voluto seguire quel tipo di strada e sempre io che sentivo certe sensazioni voler emergere dall'interno, senza condizioni di nessuno.
Quella ero io.

Mi alzai dal divano e corsi con passi pesanti verso la stanza di Jeff, sentendolo mugugnare qualcosa ma indifferente aprii la porta sbattendola.

-Io sono me stessa!- Scandii ogni singola parola mentre lui mi guardava perplesso.

Si alzò dal letto pigramente, senza maglia e con uno sfregio rosso sul petto.

-Va bene.- Si limitò a dire intenzionato a non togliere lo sguardo.

-Voglio che tu lo sappia.- Aggiunsi con un po' meno grinta di prima. Mi presi una ciocca bionda attorcinandola al dito per evitare di arrossire davanti a lui.

-Sono contento che tu me l'abbia detto così decisa.-




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