Prologo

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Cosa succede quando tutto ciò in cui credi sparisce? Quando ogni certezza si sgretola davanti ai tuoi occhi, e tu non puoi far altro che restare a guardare. Tento invano di trattenere le macerie che in polvere mi scivolano tra le dita. Come può una ragazzina vincere contro la morte e i piani che qualcuno più in alto di lei decide. Mi avevano fin da piccola insegnato la religione e io ci avevo creduto. Se Dio amava il suo mondo, e nessuno tentava di portarglielo via, con quale diritto Dio strappava a me il mio mondo. Cosa avevo fatto di tanto sbagliato per meritarlo? Pensavo che il dolore fosse relativo. Relativo alla mia età, ad una famiglia perfetta, una città perfetta e una vita perfetta. Il dolore non poteva distruggere tutto questo. Invece poteva, non mi ero mai sbagliata tanto. La morte mi aveva portato via come prima cosa la mia famiglia e dopo la mia cittá. Ora guardandomi allo specchio, osservando gli occhi limpidi e velati dalle lacrime capisco che anche la mia età mi è strappata via. Perché quando a 11 anni ti strappano l'amore con freddezza e senza apparente spiegazione tutto perde senso. In fine la mia vita perché ormai una vita per me non c'è più. La mia vita erano le mani calde di mia madre quando mi strizzava il viso, la voce di mio padre che mi leggeva qualche classico prima di mettermi a dormire, la musica che risuona nella stanza e papà che mollava i suoi dannati documenti per chiedere a mamma di ballare. La mia vita era il profumo di dolci in tutta casa e mio fratello che mi faceva il solletico. Se però tutto questo mi veniva strappato allora che ne restava della mia vita se non un cumulo di macerie? Stringo il bancone in marmo osservando la mia figura estranea: questa non sono io. Gli occhi vuoti, le occhiaie profonde e i capelli sporchi. Quella di fronte a me non è una bambina di 11 anni, è una ragazza distrutta dalla realtà. Così stanca di piangere, di sopprimere i singhiozzi davanti agli altri, di urlare nella notte e di non dormire mai. Stanca di sopravvivere. Il mio cuore ancora batte eppure sono certa che sia stretto nella morsa di un mostro perché fa male. I miei polmoni ancora si alzano allora perché mi sembra di avere un macigno che mi blocca il respiro? Perché? Di tutta la mia famiglia non restava altro che ricordi e le emozioni che io gelosamente custodivo. Le stesse emozioni che ora mi distruggono, le stesse emozioni che ora metto in pausa. Amavo la mia famiglia ma il loro ricordo ora mi distrugge e quindi ho bisogno di archiviare i ricordi e le emozioni per un po', ho bisogno di riprendere fiato altrimenti sprofonderò nel mare.
Di me non restava che una lontana immagine, un ombra in un volto troppo cresciuto per la mia età. Ma non permetterò che questo mondo dimentichi tre persone meravigliose come la mia famiglia. Farò dei loro insegnamenti lo scopo della mia vita a costo di rinunciare ai miei sogni. Loro vivranno nelle mie azioni e non moriranno mai, non nel mio cuore.
7 anni dopo
"Kyra svegliati dobbiamo partire" la voce di mio zio mi risuona nelle orecchie lontana. Mi rotolo nel mio morbido piumone sotterrando il viso sotto il cuscino. Non ne voglio sapere di uscire da qui sotto. L'estate è stata troppo breve e non sono pronta a tornare a Washington, farà male anche a distanza di 7 anni da quel giorno. Mentre qui a Miami si sta benissimo e la salsedine mi fa sentire meglio.
"Kyra hai altri 10 minuti stiamo caricando le valige"
"Hai un fottuto jet privato zio che orari devo rispettare?" sbraito rotolonaodmi giù dal letto. Mi alzo stiracchiandomi. Mio zio controlla più di mezza New York e ha ancora 2 giorni prima che finiscano le ferie Perché tutta questa fretta? Non ho mai amato usufruire dei mei soldi e dei loro vantaggi perché portano sempre con se degli svantaggi e l'ho imparato a mie spese. Sono stata cresciuta nel lusso e anche volendo scappargli ormai è tardi.
"Le piste aeree non sono tutte mie" mi rimprovera e la sua voce sembra più vicina mentre io mi sto già infilando un paio di leggings.
"Cugginetta non mi sarei mai aspettato che ti saresti adagiata sugli allori" mio cugino apre la porta della mia stanza ridendo come un matto. Ammetto di essere femminista e determinata a voler fare tutto di testa mia e con le mie uniche forze, ideologia non ben vista nella mia "classe sociale". Mio cugino non si perde mai di farmi notare quando sbaglio.
"Vaffanculo Cody" dico allacciandomi il reggiseno e lanciandogli contro la mia maglia del pigiama.
"Delicata come sempre" si infila gli occhiali a coprire i suoi splendidi occhi ambra. Mi infilo un sua felpa grigia, poggiata sulla sedia nella mia stanza qui a Miami, e scendo mentre afferro al volo la mia Micol Korse nera. Mi infilo I reiban scuri che la cameriera mi porge sulla porta di casa. Scendo di corsa le scale mentre mi lego i capelli in una crocchia disordinata
"Potevi vestirti decentemente per tornare a Washington" mi rimprovera mio zio ed io alzo gli occhi al cielo. Se c'è una cosa che ho imparato è che tra ricchi l'apparenza conta molto più della sostanza. A New York per 3 anni sono dovuta essere perfetta ed impeccabile e l'ho fatto, accontentando tutti perché questo è ciò che avrebbe fatto felice i miei genitori. A Washington non avevo bisogno di indossare tutto il vestiario di marca, nessuno pronto a giudicare ogni mio respiro o parola e niente più gala. Sono sollevata che la mia vita si divisa da New York. Mi siedo accanto a mio cugino nella limousine. Ha due anni in più di me e frequenta la Washington university già da due anni studiando economia, mi aiuterà ad ambientarmi in una nuova città. Adoro mio cugino, era con me dopo la morte dei miei genitori mentre venivo spedita in un paesino sperduto in Texas dai miei nonni. Quando loro non ne hanno potuto più di me solo dopo un anno io saltavo di città in città dal Canada al Brasile tra i miei tanti cugini sparsi per l'America che dopo sei mesi, o meno, regolarmente si stancavano e mi spedivano da qualcun'altro. Ma mio zio Mark, mio cugino Cody e un tempo mia zia Celia, venivano sempre ovunque io fossi, per le vacanze di natale e mi trascinavano con loro a Miami ogni estate. Fino a quando ai miei 16 anni i parenti e gli zii sono finiti e sono andata a vivere ufficialmente con mio zio nella alta società di New York. Dove mi sono impegnata a non creare troppi problemi e, secondo mio cugino, fallendo miseramente. Tutti gli zii e i cugini mi adorano secondo Mark, vengono a New York solo per me. Mi cacciavano perché io era impegnativa ma la migliore donna degli Williams (parole loro). Io credo che mia madre fosse mille volte meglio di me ma non mi piace pensare a lei. In aereo infilo gli auricolari per ignorare i continui avvertimenti di mio zio, e minacce inutili con me. Sto andando a studiare business ma il mio sogno era studiare psicologia, per questo tra le mie scelte ho aggiunto una lezione di psicologia elementare. I miei genitori avrebbero voluto il business per me ed io rispetterò la loro volontà.
"Cuginetta siamo atterrati nella capitale. Benvenuta a Washington! Una brutta copia di New York" mi sussurra all'orecchio ed io mi mordo il labbro per non ridere mentre sistemo la mia roba durante l'atterraggio. Mio zio non si fermerà scendiamo e lui riparte subito.
"Ragazzi state attenti. Non voglio tornare a New York prima di due settimane capito?" Ci minaccia entrambi ed io Annuisco.
"Ci sarà una gala per il suo compleanno tra un mese non scordatelo" nel frattempo hanno scaricato le nostre valigie e la mia nuova vita inizia oggi. Mio cugino esce di fretta dall'aereo mentre io mi fermo a salutare mio zio. Lui è sempre molto contenuto come io sempre molto fredda ma non l'uno con l'altro. Gli getto le braccia al collo e lui mi stringe in vita sollevandomi da terra. Questi momenti tra noi vengono evitati in pubblico anche davanti a Cody. Forse ne siamo un po' gelosi, siamo io e lui, le persone che possono dire di averci visto sensibili sono pochi e noi ci tentiamo la nostra sensibilità ben nascosta.
"Mi mancherai"sussurro
"Anche tu pazzoide. Chiamami sempre quando hai bisogno. Sempre ok?" Annuisco e mi stacco da lui regalandogli un sorriso dolce.
"Ci vediamo presto zio"
"Si tesoro" scendo giù dall'aereo e raggiungo mio cugino dentro la limousine che ci aspetta accanto alla pista aerea.
"Cos'è papà ti ha detto di controllarmi?" Sputa acido. Non corre buon sangue tra loro per motivi a parer mio quasi inutili e che nonostante i miei 3 anni di permanenza con loro non mi hanno mai voluto spiegare chiaramente. Ma conosco mio cugino è irascibile e serba rancore, non credo che mio zio meriti davvero come lo tratta. In limousine arriviamo davanti ad una villa poco distante dal quartiere dove abitavo da bambina. È persino più grande dell'attico a New York, non lo credevo sinceramente possibile. La villa supera i cancelli in metallo nero elegante, percorre un viale alberato fino ad arrivare ad uno spiazzo con al centro una fontana accesa e in marmo bianco. Gira intorno alla fontana in modo che il nostro sportello si ritrovi dal lato della casa a pochi passi dalle scalinate semicircolari per raggiungere il portone principale. L'autista ci apre lo sportello ed io salto giù come una bambina entusiasta e forse lo sono davvero. È una della case più grandi in cui io sia stata e ne ho viste molte. La risata di mio cugino mi riscuote dalla meravigliosa vista della mia nuova casa. Mi cinge le spalle baciandomi tra i capelli
"Ben tornata a casa Kyra Williams" mi sorride sincero e malinconico nello stesso tempo.

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