Capitolo 37

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Elsa's pov

"Just stop you crying,
It's sign of the times.
We gotta get away from here."
-Harry Styles, "Sign Of The Times"

"E quindi mamma? Dovrei ritornarmene a casa perché adesso il preside Carlo Riemma mi ha dato una seconda opportunità, ritornando in quella sorta di carcere?"sbottai per l'ennesima volta, mia madre non faceva altro che ribadire il suo discorso, impedendomi di obiettare.

Due parole soltanto: preside Riemma.
Forse grazie all'amicizia di mia madre e la sua pietà nei miei confronti, era in procinto di riammettermi a scuola. Ovviamente mia madre era al settimo cielo, la scuola aveva le priorità su tutto e dovevo rientrare il prima possibile, ed anche io avrei dovuto fare i salti di gioia, ma stranamente non era affatto così.

Torino mi mancava tanto, andare in un'altra città e starci quasi due mesi non era affatto facile, in più se si era in compagnia della squadra del proprio fratello che non mi permetteva di visitare altri luoghi. Lì c'erano i miei amici, forse avrò l'opportunità di riconciliarmi con le mie migliori amiche, o magari mostrare a mamma le mie abilità calcistiche per convincerla a lasciare la scuola e ad entrare a far parte di una squadra.
Ma non volevo che le cose andassero esattamente così, una volta ritornata nella mia città natale. Mi sarebbe piaciuto restare a Napoli.

Sembrava stranissimo detto da me, che fin dall'inizio avevo implorato quella donna per cambiare punizione, visto che non mi sarei mai adeguata in una nuova città.
Ma mi ero fatta degli amici, avevo conosciuto persone fantastiche. I giocatori del Napoli mi avevano fatta sentire a casa, condividendo assieme a loro esperienze buffe e belle.

E non volevo nemmeno perdere i rapporti con gli amici di Leo, non riuscivo a vederli tante volte a causa dei loro allenamenti e quelle poche volte me le godevo tutte.
Se fossi ritornata a casa, mi avrebbe accolto la solita monotonia: andare a scuola, litigare con mia madre, studiare contro la mia volontà, sopportare quegli odiosi professori che rendevano le loro lezioni un vero e proprio inferno. Qui avevo ritrovato la mia passione, dimenticandomi un attimo dei miei problemi e delle mie stupide insicurezze. Avevo conosciute persone che contribuivano a far realizzare il mio sogno, ho avuto modo di conoscere meglio mio fratello e i suoi compagni.

Quindi no, non ero intenzionata a tornare a casa. Quella casa che alle volte rappresentava un vero e proprio incubo per me: non riuscivo a esprimere me stessa, non potevo scrivere ciò che mi passava per la testa, o ascoltare musica rock o giocare a calcio, solo studiare con la testa china sui libri fino a tardi. Fortuna che abitassimo al primo piano, la finestra era l'unico mezzo per uscire e svagarmi, rifugendomi a casa di Rita o Manuela o imbucandomi a qualche festa di un ragazzo della scuola, giusto per non sentirmi imprigionata... .
Mi dispiaceva per il povero preside che faceva di tutto per perdonarmi e farmi frequentare le lezioni, ma io non sarei proprio ritornata a casa.

"Sì, così frequenterai le lezioni regolarmente e finalmente imparerai a non cacciarti più nei guai. Questo è l'anno decisivo, c'è la maturità in corso e dopo il diploma dovremmo puntare su qualche università. Sai, studiare legge è sempre stato il sogno di tua zia!"

Certo, e rimarrà sempre e solo il suo sogno. Non farò nessun'università, ero capacissima a scuola ma il mio disinteresse verso i libri e verso le materie mi ha sempre penalizzata, quindi non avrei proseguito gli studi. O se proprio mi costringeranno a frequentarne una; sceglierò lettere.

Perché giocare in una squadra femminile e scrivere libri erano state le mie passioni fin da piccola. Leonardo credeva in me, ma anche lui ha dovuto faticare per realizzare il suo sogno sotto le minacce di mamma e papà stando lontano da casa non poteva aiutarmi. Me la sarei cavata da sola, come ha fatto mio fratello.

Due Battiti Cardiaci In Un CuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora