②⑦ Inverno: aspetta

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<<Hyung aspetta.>> Ansimò il minore bisognoso, mentre Taehyung gli si sfilava da sotto per ricomporsi e posizionarsi dietro la porta.
<<Kookie vieni qui per favore? >> Domandò ancora un po' stordito.
L'altro si sistemò e gli si avvicinò.
<<Se è qualcuno che ha cattive intenzioni, aiutami a reggere il portone per chiuderlo fuori. Va bene?>> Spiegò.
<<Va bene. >> Gli rispose il minore con ancora il cuore che gli martellava forte nelle tempie.
Il padrone di casa sbloccò la porta e la socchiuse appena: lo spazio sufficiente per domandare chi fosse e poi sbirciare con un occhio il viso dell'inatteso ospite.
Tuttavia nessuno rispose al castano e quando si affacciò dalla fessura non vide altro che neve su neve, nulla altro.
Aprì ancora, concedendo di vedere fuori a entrambi gli occhi insieme, ma il risultato fu lo stesso: non c'era nessuno lì.
<<Chi è? >> Urlò ancora, udito solo dalla notte.
<<Hyung non c'è nessuno fuori. >> Constatò anche il più piccolo che, in punta di pedi, aveva nel frattempo appoggiato il proprio mento sulla testolina castana dell'omega.
<<Dai torniamo dentro al caldo. >> Gli disse il minore più rilassato.
A Taehyung però la situazione puzzava e infatti, messo un piede fuori casa, si rese conto che quel bussare non se lo era immaginato: la sua scatolina di soppressanti stava appoggiata davanti la porta di casa.
Improvviso come un'epifania un pensiero gli arrivò: <<Cazzo li avevo lasciati da Ten. >> In un secondo, il senso di profondo disagio che provava iniziò a salirgli dalla pancia, al petto, fino a farlo scoppiare in lacrime proprio lì sulla soglia di casa sua.
Avrebbe voluto trasformarsi e andare da lui in quel preciso istante a spiegargli ogni cosa, ma era consapevole un piccolo omega bianco non poteva che essere inghiottito in un grande bosco nero.
Si abbassò per prendere le pasticche da terra e rientrò in casa chiudendosi la porta alle spalle.
Chissà cosa pensava ora quel dolce beta di lui: era riuscito a ferire anche la sola persona che lo avesse mai difeso e sostenuto in ogni occasione, con una cattiveria e una subdolaggine rare per un omega.
Si era fatto dare il suo aiuto con l'inganno per poi abbandonarlo nel momento in cui non gli era più utile. Si faceva schifo da solo.
<<Taetae che c'è? >> Gli domandò preoccupato Jungkook, vedendolo in quelle condizioni. Si avvicinò a lui e
lo abbracciò senza più chiedere nulla, finché il castano non stette meglio e allora lo prese per mano e lo fece sedere accanto a lui sul divano, col del camino acceso di fronte, che scaldava il suo cuoricino congelato.
<<Quelle sono le tue? >> Cercò lo sguardo del più grande, mentre indicava la scatola di pastiglie.
<<Sì. >> Si limitò a rispondere l'omega ancora con lo sguardo sui suoi piedi.
<<E qualcuno te le ha riportate? >> Lo interrogò ancora quando vide che non si decideva a spicciare parola.
<<Sì. >> Questa volta era un sussurro.
Non voleva che Jungkook sapesse la persona orribile che era stata, non voleva che sapesse il rapporto che aveva con Ten, né che lo avesse lasciato a casa da solo per andare da lui a farsi scopare. La disperazione lo pervase ancora una volta e altre calde gocce salate ricominciarono a scivolare lungo le sue gote.
Ancora prima che il minore potesse piegarsi verso di lui per asciugargliele, si alzò in piedi e iniziò a camminare verso la botola.
<<Voglio stare da solo. >> Asserì senza ammettere alcuna replica e scese di sotto.
Nel frattempo Erika, che era rimasta di sopra non avendo avuto il tempo di seguire il padrone nello scantinato , si era messa a dormire accanto al marmocchio quasi a volerlo rassicurare del fatto che non avrebbe comunque sofferto di solitudine.
Jungkook non era triste, né arrabbiato: si sentiva semplicemente stranito e un po' confuso dal fatto che una semplice scatolina di medicinali portata da un amico potesse rappresentare una tragedia tanto grande. Ma c'era un mondo che ancora non aveva colto dietro a quella faccenda e che non poteva arrivare a capire senza che qualcuno gliene parlasse.
Si alzò dal divano per infilarsi nel letto e spegnere la luce.
Sarebbe stata una notte difficile quella: si sentiva solo come un cane per la prima volta dopo settimane.

Taehyung sentiva un peso sullo stomaco dato dal senso di colpa che mai avrebbe creduto potesse coglierlo così impreparato e fragile.
Si sdraiò sul freddo divano del seminterrato senza nemmeno la rassicurante e discreta compagnia della sua cagnetta.
Pensò a come agire per reincontrarsi con Ten e parlare della situazione , ma allo stesso tempo si vergognava terribilmente e non aveva assolutamente la faccia tosta necessaria a compiere un atto del genere. E Jungkook? Non voleva nemmeno immaginare cosa stesse pensando di lui in quel preciso istante, sperava solo che avesse elementi troppo scarsi per mettere in relazione quel pacchetto di medicine davanti la porta e la sua reazione. Non voleva che sapesse nulla di tutta quella parte della sua esistenza in cui scappava dalla casa dei suoi e andava da Ten a passare i calori. Sorrise ripensando a quante ore di scuola avessero saltato insieme l'ultimo anno di liceo, per rintanarsi in casa sua a fare sesso finché non tornavano i suoi genitori da lavoro. Era successo solo cinque anni prima, ma all'omega pareva una vita fa. I suoi ricordi relativi a quel periodo erano opachi, l'unico episodio vivido nella sua testa era quell'avvenimento in particolare.
Si addormentò così: fra la paura per il futuro e la nostalgia per il passato a opprimergli la mente e il cuore, che finalmente aveva trovato la pace.

Quella notte il vento si era calmato del tutto e la neve aveva smesso di cadere. Il cielo si era rasserenato e si potevano addirittura vedere le stelle e la luna. Proprio quest'ultima, affacciandosi alla finestra della casupola, iniziò ad accarezzare dolcemente la pelle dell'alpha dormiente, destandolo dal suo torpore nel mezzo della notte.
Sveglio e intontito, sentì Erika dormigli al lato dei piedi.
Il primo pensiero appena svegliato fu quello di trovare il suo omega e vedere come stesse dopo il pianto della sera scorsa.
Si mise a sedere sul letto per poi alzarsi. Non voleva svegliarlo, né disturbarlo troppo: solo aveva bisogno di sapere che almeno dormisse è non pensasse alle brutte cose che avevano riempito di lacrime i suoi bellissimi occhi nocciola.
Andò verso la botola e si abbassò per aprirla, sentendo dei rumori al di sotto.
Afferrò la maniglia e la scoperchiò, trovandosi davanti il castano tutto assonnato che cercava di salire.
Si guardarono entrambi con le espressioni meno intelligenti che avessero mai avuto in volto, dovute al sonno.
<<Volevo vedere come stavi. >> Si giustificò il più piccolo.
<<Volevo venire nel letto con te. >> Disse invece il maggiore, mentre reggeva la sua solita copertina blu.


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