⑦ Inverno: tregua

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Seduto al tavolo in legno, con la voglia di compiere un omicidio, Taehyung mangiava quell'arrosto come se il volatile fosse ancora vivo e dovesse stare attento a non farselo scappare dalle fauci. Dovette però ammettere che quel pranzo era il migliore che avesse mangiato in intere settimane e il pensiero lo rasserenó un poco. Addentò la seconda ala buttando un sguardo di fronte a sé e vide il ragazzino tutto ingobbito sul bordo del letto, intento a osservare le proprie scarpe. La sua mandibola si fermò un attimo e, senza il rumore della masticazione a risuonargli nel cranio, udí lo stomaco dell'altro brontolare.
Cercò il suo sguardo, ma non si decideva a sollevare la testa e mostrargli i suoi occhioni scuri e Taehyung si trovava adesso un po'in difficoltà: pur non avendo ancora sbollito l'arrabbiatura, gli dispiaceva per il ragazzo e avrebbe voluto invitarlo a mangiare. D'altro canto era ancora molto intimorito dal fatto che fosse un alpha e non intendeva dargli troppa confidenza.
Una lampadina si accese nella sua testa.
Inspirò ed espirò per un paio di volte.
<<Non sento odore di alpha.>> Realizzò.
Provò di nuovo ad annusare l'aria, ma niente.
<<Com'è possibile? La prima sera l'ho sentito distintamente.>>
Cercò di darsi spiegazioni, ma nessuna di queste gli sembrava plausibile.
<<L'apha potrebbe esser stato uno degli altri, ma non accade mai che una traccia olfattiva resti così presente.
Forse la mia percezione era aumentata dalla paura e l'ho sentita più forte di quanto fosse effettivamente.>>
Oppure: <<Magari ha un compagno con un odore molto pesante e si erano incontrati da poco.>>
Tuttavia nessuna di queste spiegazioni gli tornava e la cosa strana era che più annusava e meno sentiva il suo odore, che in realtà assomigliava molto a quello di un essere umano.
<<Be' non m'interessa, l'importante è che se ne stia lì legato e->> alzò gli occhi e trovò Jungkook a guardarlo con un'espressione lievemente corrucciata, a tratti preoccupata. Il momento nel quale i loro sguardi si trovarono, fu lo stesso in cui Taehyung iniziò ad arrossire diventando quasi un peperone: aveva voluto così tanto che il moro si girasse verso di lui e adesso non sapeva reagire in alcun modo.
Dopo attimi di panico interiore, distolse la vista e si alzò in piedi. Il ragazzino, impaurito dall'azione repentina, mosse istintivamente la testa indietro.
Taehyung prese il piatto con l'altra metà del volatile che aveva tagliato, lo portò all'altro e sparì velocemente nel seminterrato senza proferire parola.

Jungkook nel frattempo aveva raggiunto vari livelli di confusione: il primo gli si era presentato mentre cercava di capire come mai il maniaco si fosse incantato a fissare una sedia con gli occhi spalancati, il secondo fu la voragine che si sentì nella pancia quando l'altro ricambiò il suo sguardo e l'ultimo, dovuto all'improvvisa fuga del castano dentro quella botola.
Guardò quella sottospecie di polletto che aveva in mano e smise di pensare a tutto: si fiondò sul suo pasto come il lupo affamato che era, per poi posare il piatto con le ossa sopra il comodino e stendersi sul materasso.
Il suo carceriere aveva tralasciato di riammanettargli le caviglie e i polsi alla testiera del letto e Jungkook pensò che scappare con la pancia piena e la vescica vuota non sarebbe stata una cattiva idea. Si ricredette tuttavia ben due secondi dopo, quando per cambiare posizione vide le stelle a causa del dolore al torace.

Taehyung sentì dei lamentii al piano superiore, ma decise di ignorarli, preso com'era ad analizzare la situazione in un modo che rasentava il maniacale.
La reazione che aveva avuto all'incontro con gli occhi dell'altro era stata totalmente inaspettata e impossibile da gestire per lui, che come al solito aveva preferito rintanarsi per leccare le proprie ferite.
L'istinto di protezione che sentiva in quel momento per il ragazzo era quello della tipica mamma omega con tutti i cuccioli, anche quelli non suoi, ma di questo Taehyung non si era reso conto fino ad un millesimo di secondo prima di alzare lo sguardo e incontrare quello del poppante. In quell'istante aveva iniziato a sistemare i pezzi del puzzle, a partire dall'assenza di un odore definito nell'altro: Jungkook era ancora un cucciolo. Per questo motivo Taehyung non era riuscito ad abbandonarlo al suo destino e per questo si era preso la briga di curarlo e nutrirlo.
Odiava questa sua parte di sé, odiava dover compiere alcuni gesti solo perché dettati dalla natura di omega che non aveva scelto e che non avrebbe mai voluto scegliere, se solo gliene avessero data la possibilità.
Quello che non gli tornava era la sua reazione imbarazzante di poco prima, né aveva ancora capito il motivo per il quale l'altro non avesse ancora completato il suo sviluppo sessuale.
Sperava che quest'ultimo evento non fosse prossimo, poiché prossimo era anche il suo calore e lì sarebbero stati guai.
Nello scaffale bianco del seminterrato teneva una scorta a vita di soppressanti, che però poteva assumere solamente arrivato al terzo giorno, dato che funzionavano per cinque giorni e non potevano essere presi più di una volta al mese.
Doveva comunque subire 48 ore di agonia ogni mese, o quasi: a volte non resisteva e riusciva a uscire dal seminterrato, allora il suo fortissimo odore attirava un beta che abitava dall'altro capo del bosco. Per la gioia di Taehyung i beta non sono in genere molto fertili, così non era mai rimasto incinta.
Guardò Erika dormire beata dall'alto del divano su cui si era seduto e la invidiò come un cane legato alla catena può invidiare un gatto che scorrazza libero dietro ai topi.
Si alzò e risalì di sopra, trovandosi di fronte ad una scena che gli fece sciogliere il cuore nonostante le temperature artiche: il marmocchio dormiva ranicchiato sul letto e mezzo scoperto, con un lieve sorriso e l'espressione più serena che il ragazzo avesse mai visto.
Gli passò di fianco per andare a sistemare le cose del pranzo e lavare le stoviglie sporche, ma, arrivato al tavolo, si ricordò di aver dato tutto all'altro e allora lo scrutò meglio per vedere dove avesse lasciato la roba.
Quel moccioso aveva voglia di fargli prendere un colpo: il piatto sporco era sul suo comodino e le mani unte, probabilmente (anzi sicuramente) ancora sporche dalla pisciatina di poco prima, erano candidamente appoggiate sulla sua coperta.
Aveva voglia di svegliarlo a schiaffoni, ma per la paura di riceverne anche lui, si limitò a lavare il piatto e detergere il comodino.
Tornò poi da lui con una pezza bagnata, si sedette sul bordo del letto e gliela strusciò sulle mani e tra le dita mentre dormiva. Le sue mani erano grandi e molto ben proporzionate, le unghie curate e la pelle morbida.
Osservandolo, intravide dalla felpa alzata uno dei lividi sulle coste. Si portò una mano sulla fronte esasperato: in tutta la confusione che aveva in testa, si era dimenticato di dirgli di muoversi il meno possibile e ora se lo trovava lì, addormentato su un fianco.
<<Porca puttana!>> Si disse.
Le ferite di tutti i tipi nei licantropi si rimarginano con metà del tempo, ancora più rapidamente nei cuccioli: se non avesse agito subito le sue ossa sarebbero potute ricrescere in posizioni distorte.
Doveva svegliarlo per forza e informarlo alla svelta della sua condizione.

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