③ Inverno: la risalita

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Taehyung dovette allontanarsi di qualche passo: tutte le emozioni che lo stavano investendo in quel momento erano talmente forti da spingerlo a scappare di nuovo verso casa tra le zampe della sua canina. Tuttavia rimase lì, come pietrificato e, nell'enorme confusione che si trovava nella sua testa, si fece spazio la necessità di controllare se il ragazzo fosse morto.
In realtà, fino a una decina di secondi prima, lo sperava con tutto se stesso, poiché era la situazione meno pericolosa per lui in quel momento, ma dopo aver guardato il ragazzo si rese conto che avrà avuto sì e no vent'anni e si sentì terribilmente in colpa sia per i suoi pensieri, che per averlo abbandonato al freddo.
Avanzò verso di lui e si inginocchiò portando l'orecchio vicino al naso dell'altro e sentì aria calda uscirne fuori: era ancora vivo.
Osservò successivamente il suo corpo, per capire da dove venisse il sangue, rendendosi conto che proveniva da una profonda ferita all'altezza dello stinco.
<<Forse lo zoppo era lui.>> Pensò Taehyung, continuando ad esaminare il ragazzo.
Gli sbottonò il cappotto, scoprendogli l'addome e notò lividi violacei sui fianchi che salivano lungo i lati del torace e altro sangue si rivelò, quando Taehyung gli passò una mano sotto la schiena.
Non sapeva cosa fare: voleva portarlo a casa e non ce l'avrebbe mai fatta a prenderlo di peso, l'unica opzione era trascinarlo sulla neve, ma non sapeva se avrebbe potuto aggravare eventuali danni alla spina dorsale. Lo girò cautamente su un fianco e sembrarono non esserci lividi, così si fece coraggio: gli alzò la schiena da terra, lo prese sotto le ascelle e iniziò a trascinarlo verso casa sua.

Era pesante, ma la neve facilitava il suo passaggio e Taehyung si prese una pausa per riposare: portare un peso morto per un chilometro non era proprio nei suoi hobby.
Così lo riappoggiò delicatamente sulla neve e si sedette di fianco a lui.
Lo guardava con un misto di sensazioni che si confondevano fra loro: non voleva salvarlo e portare un alpha proprio sotto il suo tetto, tuttavia si sentiva tremendamente in colpa nei suoi confronti per aver desiderato la morte di un ragazzo così giovane. Si chiedeva inoltre com'è che un alpha potesse farsi ridurre così dal freddo e da un paio di pedate: lui aveva subito ben di peggio e non era mai svenuto in quel modo. Si disse che forse aveva perso molto sangue dalla ferita sulla gamba e per quello era molto indebolito.
Inoltre era molto bello: la sua pelle candida sembrava perfettamente levigata e non aveva imperfezioni, le sopracciglia, scure e ben disegnate, sovrastavano un paio di occhi che sembravano essere affilati, sebbene chiusi. L'importante naso formava una dolcissima cunetta sopra un paio di labbra piene, ma screpolate, pallide e leggermente dischiuse a mostrare la parte finale dei primi due bianchissimi incisivi. I capelli neri come la notte, divisi in mezzo alla fronte, incorniciavano il volto piacente dell'alpha e a tradire la sua gioventù ci pensavano le sue gote piene.
Notò anche che i suoi vestiti non erano affatto adatti a quelle temperature: il cappotto di stoffa blu era zuppo, la felpa oversize era di semplice cotone e pensò non esistesse materiale più freddo del jeans per coprirsi le gambe. Ai piedi portava un paio di Timberland scamosciate, zuppe pure quelle.
Chissà da dove veniva.
Tra una domanda è l'altra, si rese conto di essersi ripreso un poco, quindi si fece coraggio e ripartì col suo carico, che stava iniziando a lamentarsi in modo flebile di tanto in tanto, segno che doveva sbrigarsi a portarlo dentro e mettere in atto il piccolo piano che aveva ideato lì sul momento per garantire la sua sicurezza con un alpha in casa.

Finalmente giunse davanti al portone, lo aprì e trascinò sul pavimento della casa il ragazzo.
Richiuse la porta e gli si avvicinò per valutarlo meglio: si era già accertato che il collo non avesse subito danni e sulla schiena aveva solo escoriazioni superficiali, così passò a controllare più approfonditamente il torace e l'addome che trovò messi peggio di quanto gli sembrasse inizialmente, poiché alcuni lividi indicavano senza dubbio una frattura di qualche costa e sopra il fianco destro ne aveva uno così gonfio che sembrava pulsare.
Gli tirò su le maniche della felpa e le braccia erano messe meglio, anche se un polso scricchiolava in modo strano, un gomito era sbucciato e nella mano destra si poteva vedere il tendine della nocca centrale fare capolino da un profondo taglio.
Fatto ciò gli tolse anche i pantaloni, ma prima lo buttò sul letto e gli ammanettò le mani al ferro della testiera e i piedi tra di loro.
Per sua fortuna le gambe erano state quasi risparmiate, non fosse stato per quel taglio sullo stinco.

Disinfettò quello che doveva e lo coprì: aveva già iniziato a riprendere colore e le sue labbra erano diventate di un rosa pescato così inusuale, che Taehyung pensò fosse rossetto.

Arrivato alla consapevolezza che a breve l'ospite si sarebbe svegliato, gli lasciò sul petto della carne essiccata e sparì nel seminterrato con Erika.
Il suo piano prevedeva di tenerlo in vita quanto bastava per farlo guarire presto e farlo andare via il prima possibile, preferibilmente prima che arrivassero le tormente: a quel punto nemmeno lui usciva più di casa, figuriamoci un poppante che sviene per un paio di calci.
Tutto ciò non facendosi vedere: sperava di entrare nella stanza a lasciargli da mangiare di notte, mentre dormiva e sgattaiolare di sotto subito dopo.
Per dagli da bere ci avrebbe pensato poi: non poteva certo togliergli le manette.
Con questa linea teorica da seguire, scese nella botola e radunò tutto ciò che gli serviva in un angolo del seminterrato, pregando di non essersi dimenticato nulla.
Erika lo guardava incuriosita e un po' preoccupata, dato che lui scendeva lì con l'intenzione di passarci del tempo solo in un determinato periodo che a Erika non piaceva proprio per nulla, ma oramai sembrava essersi messa l'anima in pace e si sistemò nella sua cuccia per schiacciare un pisolino.
Taehyung nel frattempo sistemava tutto negli scaffali rimasti vuoti, per poi sdraiarsi sul divano che teneva lì sotto: voleva dormire anche lui e non sentire nulla di tutto quello che sarebbe accaduto.

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