Capitolo {7}

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Sharon era quel tipo di ragazza cresciuta troppo in fretta, senza genitori, o meglio, aveva un padre ed una madre ma la madre l'aveva cacciata di casa dopo alcuni mesi del trasferimento con lei nella casa del nuovo compagno.

Suo padre, ex giocatore d'azzardo, dopo esserne uscito (così diceva a tutti), si ammazzava di lavoro per mantenere gli alimenti a sua figlia e al fratello diversamente abile.

Sharon, ormai abitava con sua zia e suo zio in un piccolissimo monolocale, dormiva sul divano e per giunta in incognito e clandestinamente dato che quel monolocale era solo per due persone.

Non aveva mai superato il divorzio dei suoi e fra lei e sua madre, non era di certo la madre stessa a fare da figura materna.
Sua madre sembrava una bambina alle prime prese con le prime sbandate d'amore, era nel corpo di una trentasettenne ma nella mentalitá di una tredicenne.

E così Sharon era diventata un'accumulatrice di rabbia, nervosismo e insicurezze.
A volte aveva così tanti crolli che, se non ci fossi stata io o la persona giusta al momento giusto, probabilmente lei non ci sarebbe nemmeno più in questo mondo.

Ma come biasimarla con una madre che l'aveva cacciata via, non la considerava più sua figlia e suo padre che pur facendo molto, non riusciva ad essere il padre perfetto.
Non aveva nessuno se non me.
Di me si fidava ciecamente, aveva trovato finalmente la sua ancora di appoggio e a me poterla aiutare, mi rendeva almeno utile a qualcosa in questo pianeta.

***

Me :
sei sicura di non voler venire?

Sharon :
Si, non mi va più.

Me :
Ma dai, ci divertiremo da matti, lo sai bene.

Sharon :
Basta, sto andando a dormire.
A domani.

Me :
Ma è successo qualcosa?

Sharon :
No.

Me :
Sicura?

Sharon :
Si.

Me :
Bah, okay.

***

<<Oddio e ora come facciamo noi se Sharon non viene più? Dove ci faremo lasciare?>> si lamentó Sophia al telefono.
<<Non lo so Sophia... non ne ho idea... se voi non potete venire, allora nemmeno io vado stasera... che diamine dovrei fare io lì da sola.>> sbuffai mentre mi passavo il telefono dall'orecchio sinistro a quello destro.

<<No, dai, non credo che riusciamo a non arrivare ad una conclusione...>> disse Sophia sospirando.
<<Boh, vediamo, adesso scrivo di nuovo a Sharon, magari la convinco...>> aggiunse Sophia.
<<Prova.>> risposi solamente sospirando.

<<Ci vediamo, dai.>> disse infine prima di staccare la chiamata.

***

Alla fine a forza di "Dai ti prego" e di "Fallo per noi", riuscimmo a convincere Sharon e quindi riuscimmo ad andare alla festa.
Entrammo nella grande casa sulla terrazza di quel ricco sfondato di Michael e giá l'odore di erba e di alcol ci penetró dalle narici fino a picchiare, come un martello, sulle nostre tempie.

<<Oh ma chi c'è qui! Bimba!>> esclamó immediatamente la voce rauca ma allo stesso tempo squillante di Michael che si precipitava verso me e le mie amiche.
<<Ciao Michael.>> fu solamente la mia risposta sorridendo a malapena.

Quel ragazzo non mi andava per niente a genio, difatti non capivo nemmeno il motivo per cui fosse uno della nostra comitiva.
Forse erano i suoi occhi troppo azzurri al punto di risultare quasi falsi, forse i lineamenti del viso e lo sguardo da ragazzaccio o il suo modo di vestire misto all'elegante e trasandato, non so cos'era, ma Michael non mi aveva mai dato la classica "buona" prima impressione.

<<Divertitevi, mi raccomando.>> disse poi fiondando l'ultimo sguardo su di me seguito da un velocissimo occhiolino prima di sparire fra le altre persone che c'erano in quella grande terrazza.

<<Angie, dov'è Sal e gli altri?>> domandai subito dopo voltandomi verso quella ragazza dai capelli biondi e ricci.
<<Non ne ho idea, Sal mi aveva detto che stavano per arrivare, sicuramentte Joseph gli stará facendo perdere tempo prendendo la roba.

Eravamo in quella festa da nemmeno due minuti e io giá mi ero stufata e volevo andarmene a casa.

...

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