𝐒𝐄𝐂𝐎𝐍𝐃𝐀 𝐏𝐀𝐑𝐓𝐄: capitolo quarantatré

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capitolo quarantatré
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2 febbraio.
sabato

il liquido era stato versato nel suo bicchiere da più di cinque minuti e, nnostante fosse stato lui ad ordinarlo con tanta fretta, taehyung rimaneva bloccato nell'osservarlo. le sue mani non raggiungevano il materiale trasparente per prenderlo e portarselo alle labbra, né sembrava sotto sforzo nel trattenersi. aveva voglia di bere, tantissima, ma allo stesso tempo era combattuto. sapeva che non avrebbe risolto assolutamente niente, che il giorno dopo si sarebbe odiato ancora di più e che non la sua vita sarebbe rimasta esattamente identica a prima.

erano passati due mesi da quando era rimasto a dormire a casa di seokjin, la notte dopo il suo compleanno, ma gli sembrava che tutto quel tempo fosse stato finto. non ricordava niente di quei giorni. non perché li aveva passati ubriaco per la metà, ma soprattutto perché sembrava da solo volerli cancellare dalla sua testa. la sua mente rifiutava in modo automatico il modo in cui stava gettando via gli anni migliori della sua vita, e si rintanava in una finta bolla di bugie che si era creato da solo per salvarsi. si convinceva che stesse andando tutto bene, che non c'era nulla di sbagliato, e che i giorni erano semplicemente noiosi. in verità stava male, ma mentiva anche a sé stesso.

non voleva ammettere quanto male gli facesse il cuore, quanto solo si sentisse in quei giorni. e allora convinceva sé stesso del contrario, si ripeteva che era tutto diverso. il suo migliore amico era scomparso da mesi, la persona che gli piaceva impegnata nella relazione che aveva aspettato per anni. tutti sembravano aver ritrovato l'equilibrio, tranne che taehyung. lui era sul fondo, sdraiato sulla rete di protezione sotto alla fune degli equilibristi, e con gli occhi chiusi si illudeva di stare ancora lì in alto, perfettamente a suo agio e in ordine con tutto il resto.

stava vivendo una bugia che lui stesso aveva creato.

« ti hanno dato buca, passerotto? » domandò il ragazzo dall'altra parte del bancone. era di bell'aspetto, la mascella pronunciata e gli occhi chiari. i capelli erano mossi, pettinati di lato, alle orecchie alcuni orecchini e piercing. taehyung alzò lo sguardo dal bicchiere, risvegliandosi dalla trance in cui era finito. le sue guance erano rosse per l'alcol e per il modo in cui il barista lo aveva chiamato.

scosse piano la testa « non c'è nessun'altra persona » rispose, immaginando che l'altro stesse pensando che fosse lì per un qualche appuntamento « sono da solo. » gli fece male dirlo, ma allo stesso tempo non se ne vergognava. usciva spesso da solo, da quando non c'era più jungkook. pensava che nessuno sarebbe stato la persona che l'amico era, il suo perfetto accompagnatore in ogni posto. erano stati ovunque in quella città, insieme. avrebbe voluto continuare a farlo, incontrarlo di nuovo e dirgli che la sua vita stava crollando in mille pezzi, che stava male, ed essere completamente sincero con lui. se aveva smesso di esserlo con sé stesso, forse era anche perché non c'era più jungkook. era l'unico che gli permetteva di spogliarsi da qualsiasi vergogna.

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