capitolo 58

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Catalina' s Pov

Fermai la macchina dopo averla parcheggiata accanto a un Suv molto simile a quello di Andrew, mentre con le mani tremanti ed il respiro affannato estraevo le chiavi ed aprivo la portiera, facendo entrare nell' abitacolo una folata d'aria gelida.

Lentamente appoggiai i piedi sul cemento del marciapiede, rendendomi conto di quanto molli si erano fatte le mie ginocchia, tantochè iniziai a temere di cedere a terra da un momento all' altro.
Mi sbattei dietro la portiera, che provocò un tonfo piuttosto rumoroso, per poi premere il piccolo bottoncino sulle chiavi e chiudere la macchina. Senza assicurarmi di averla realmente sigillata, camminai a passo di lumaca verso la questura dove un via vai di commissari e poliziotti con la loro divisa pesante facevano avanti e indietro per le grandi porte scorrevoli.

Respirando pesantemente attirai l' attenzione della guardia di sicurezza posta all' entrata che subito si mise sugli attenti.
-Ha bisogno di qualcosa signorina?- domandò lentamente, analizzando il mio viso che non doveva avere un ottima cera.

Avevo pianto per tutto il viaggio in macchina, dalla casa del mio migliore amico alla centrale di polizia ed ero più che sicura di aver occhi e viso gonfi.
Aprendo e chiudendo la bocca ripetutamente, cercai le parole che difficilmente volevano uscire, lasciando spazio solo alla nuvoletta di anidride carbonica che si mischiava con il freddo glaciale di quella notte infinita e maledetta, mentre l' espressione dell' uomo si faceva sempre più guardigna.

Senza nemmeno accorgermene, Andrew fu accanto a me ed immediatamente fece un cenno col capo all' uomo della sicurezza che dopo avermi guardato per un ultima volta, fece alcuni passi indietro tornando a concentrarsi sul suo lavoro.

Girai di scatto la testa verso il migliore amico di Brody, guardandolo con gli occhi spalancati e completamente fuori di senno.
-Che cazzo è sucesso?- sputai stringendo tra le mani la sua maglietta che fasciava il suo petto tonico.

Un grosso sospiro lasciò le sue labbra mentre distoglieva gli occhi dai miei e li fissava su un punto indefinito del cemento sotto i nostri piedi.
-Andrew- sibilai deglutendo rumorosamente, sentendo gli occhi farsi sempre più lucidi.

-Catalina, mi dispiace- sussurrò facendomi stringere il cuore in una morsa stretta tanto da provocarmi un dolore atroce.

-Non so come sia successo- affermò passandosi una mano sul viso e tirandosi forte i capelli.

-È successo tutto così in fretta. Non avrei dovuto permetterlo- mormorò stringendo con forza gli occhi e maledicendosi.

Senza pronunciare una parola, mi mordicchiai con forza il labbro inferiore tremante, superandolo ed entrando nell' edificio dai toni pallidi.

Una marea di poliziotti, intenti a fare il loro lavoro, facevano avanti e indietro tra un ufficio e l' altro e tra un collega e l' altro, mentre con gli occhi vagavo disorientata su quel posto così triste.

Facendo alcuni passi non smisi mai di guardarmi attorno, cercandolo tra le tante persone.
Ed il mio cuore sprofondò quando in un angoloino, dove erano sistemate alcune sedie color nero, visualizzai il viso dei suoi genitori che in quel momento stavano parlando tra di loro.

E non potei non ignorare il viso contorto in una smorfia di dolore della signora Walker, mentre si sedeva stringendosi le braccia attorno al petto e suo marito le appoggiava una mano sulla spalla.

Lentamente camminai nella loro direzione, concentrandomi sul pavimento lucido su cui si rifletteva la luce dei lampadari.
E nemmeno mi resi conto di essere giunta a pochi metri da loro finché due braccia esili non avvolsero le mie spalle, stringendomi con forza contro il suo petto e facendomi sentire uno strano sentimento di conforto e protezione.

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