capitolo 71

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Brody' s Pov

Il respiro affannato, il petto dolente, la testa tra le nuvole, le orecchie tappate, il cuore impazzito e la sensazione che la vita mi stesse scappando di mano  davanti agli occhi. Questo era ciò che riuscivo a ricordare di quel maledetto giorno.

Ricordavo i miei piedi contro quel pavimento scivoloso e splendete che rifletteva la luce luminosa dei lampadari affissi a quel soffitto pallido, come i muri che tinti di blu notte e bianco latte.

Pallido, come il viso.

I miei capelli che sferzavano per velocità della mia corsa, ad ogni mio passo verso qualcosa di ignoto.
Così ignoto che una strana sensazione di angoscia mi avvolgeva per intero, risucchiandomi in un mondo sconosciuto.
E mentre quelle pareti così anguste si stringevano attorno a me ad ogni mio passo, l'aria dai miei polmoni sembrava essersi esaurita, così come le gambe e le braccia che presero a tremare con una forza spaventosa portandomi ad appoggiare la mano contro la parete ruvida, cercando in quelche modo di sorreggere il mio corpo pesante e metter fine al flusso di pensieri che non dava pace alla mia mente offuscata dal nero.

Quello, mi sembrava il colore esatto per descrivere quella sensazione così sconosciuta che la mia pelle, ogni singola volta, si riempe di brividi al sol pensiero.

Ricordo che, ad un certo punto, quel corridoio aveva preso a girare così velocemente.
Così veloce da sfocare qualsiasi oggetto o persona davanti a me, rendendola solo come un insignificante sfumatura colorata mentre la terra sotto ai miei piedi sembrava aprirsi in un enorme varco, come le fauci di uno squalo pronto e gustare la sua preda.

-Brody, cazzo. Calmati- sentivo la sua voce roca e spaventata nel mio orecchio mentre le sue braccia muscolose mi scuotevano con forza.
Le sue mani corsero sui bottoni della mia camicia bianca, strappando quelli del colletto e permettendomi di respirare. I polmoni bruciavano così tanto che il mio corpo sembrava volersi schiantare contro quel pavimento lucido e splendente mentre la mia vista si faceva lucida ed un ansimo scappava dalla mia gola.
-Devi calmarti cazzo, ascoltami- quasi urlava la voce di Brandon, afferrando con forza la mia testa e scuotendomi con vigore.

Mi passai una mano tremante sul petto che faceva su e giù ad una velocità inaudita per poi strofinarmi il viso confuso.

Staccandomi in modo sbrusco dalla parete, barcollai prima di fissare gli occhi su un punto fisso e sbattere le palpebre che bruciavano e sembravano volersi chiudere anche solo per un istante. Un istante in cui, quella telefona magari non ci sarebbe mai stata. O anche solo un istante in cui il mio corpo si sarebbe appoggiato sotto le coperte del nostro letto con il suo corpo posato sul mio ed i suoi capelli tra le mie labbra. Un istante in cui magari, lei avrebbe svoltato l' angolo e sarebbe corsa da me con le braccia spalancate. Un istante in cui, le sue labbra si sarebbero posate sulle mie ed il suo sorrisetto impertinente mi avrebbe fatto perdere la testa mentre tuffavo il viso tra le sue ciocche color grano, aspirando quel profumo di ciliegia e frutti di bosco fino ad esaurirlo.

Ma le mie mani tremanti e gli ansimi pesanti che lasciavano le mie labbra, bruscamente misero fine a quel sogno ad occhi aperti, soprattutto quando un pianto disperato giunse alle mie orecchie, facendo contorcere le mie budella.
-È colpa mia- urlava la voce fin troppo conosciuta, mentre il suo viso si plasmava contro il petto del suo migliore amico, che stringeva le braccia attorno alla sua figura alta e snella.
-Le ho detto io di uscire- continuava con la voce rotta dal pianto, ed i singhiozzi le scuotevano violentemente il suo corpo.

E fu proprio lì, infondo a quel corridoio, che la verità mi fu schiantata addosso, dolorosa come un pugno allo stomaco che ti mozza il respiro facendo girare la tua testa a mille all'ora.

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