6. Scappati

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Mi guardai allo specchio un'ultima volta. Jack era fermo dietro di me e mi guardava: non aveva detto una parola dopo la “proposta” di scappare.

Mi girai di scatto e gli sorrisi. Lui ricambiò, ma si vedeva che era confuso; nella mia mente avevo un piano, era pericoloso e poco sicuro, ma era indispensabile provarci.

Tentar non nuoce.

Almeno credo fosse così. Avevo sentito i miei genitori dirlo varie volte, ma io non avevo mai trovato occasione.

《Dopo che sua maestà ha finito di specchiarsi e contemplare il suo riflesso, che ne dice di darmi un'idea su come andarcene?》fece ironia.
Era una sua grande dote.

Questo non lo si poteva negare.

Risi divertita dalle sue parole, ma subito dopo andai verso il mio armadio; nessuno sapeva quello che stavo mostrando a Jack.
Lo conoscevo da poco, è vero, ma avevo questo senso di fiducia nei suoi confronti e speravo che la cosa fosse reciproca.

Jack mi guardava armeggiare con la chiave del mio armadio, senza capire che cosa avessi intenzione di fare; appena riuscì ad aprire l'anta del mio guardaroba, feci cenno al mio amico di avvicinarsi.

《Vuoi farmi nascondere lì e impedire a chiunque di aprire?》chiese visibilmente confuso.

Scossi la testa con fare disperato, di sicuro non era il mio piano.

《No, scemo. Volevo solo farti vedere come andremo via di qui. Seguimi》risposi.

Era davvero la cosa più segreta che tenevo, nessuno era a conoscenza di quel posto; forse solo chi l'aveva costruito.
Comunque, era lì da sempre o forse era stato messo su prima della mia nascita.

Entrammo entrambi nell'armadio, e chiusi la porta per non destare sospetti; subito dopo, mi girai verso il muro, o meglio il dietro del mio armadio dove non c'era il legno.
Ovviamente, tutto l'armadio era di un legno abbastanza scuro ma, nel retro del guardaroba, o almeno in quella parte, c'era solo il muro.

O meglio: il muro e una porta.

Sì, perché era proprio il mio piano. Quella porta ci avrebbe condotti fuori; avevo le chiavi - che erano proprio quelle del mio armadio -, provai ad aprire e quando, al terzo tentativo, ci riuscii, condussi fuori Jack.

Davanti a noi c'era un corridoio lungo, ma non tanto stretto; il mio amico si guardò per vari minuti intorno, per questo dovetti scuotere il suo braccio e mostragli la strada.
Era umido e sembrava che non ci fosse aria, ma si poteva stare certi che ce n'era di più pulita qui che in qualunque altro posto. La strada portava al pian terreno, dove c'era il giardino e potevamo uscire dalla porta - di cui avevo, ovviamente, le chiavi -.
Appena fuori, vidi che il cielo era sereno e che nessuno era nei paraggi.

Si poteva dire che era il mio giorno fortunato: non passava mai nessuno, proprio quando dovevo fare le cose in segreto.

《Andiamo》dissi al mio amico, che se ne stava a contemplare la bellezza di quel cortile pieno di fiori.

La porta sul retro era aperta, e mi sembrò strano che nessuno l'avesse chiusa. Ma meglio per noi. Dissi a Jack di muoversi e lo invitai a correre via, non appena sentii dei passi nella vicinanze.

Non mi preoccupai nemmeno di chiudere la porta di legno, ero troppo impegnata a scappare per pensare a non farmi beccare da quel punto di vista.

Corsi come un razzo, mentre davanti a me Jack era anche più veloce; se ci fossero state delle persone, mi chiesi che cosa avrebbero pensato a vederci nell'attimo di fuga.
Passammo tra cespugli e alberi, finché non mi fermai all'improvviso e urlai a Jack di fare lo stesso.

Lui si girò verso di me e chiese perché mai non continuavamo a correre, in risposta gli indicai una piccola collina. O meglio: poteva sembrare una collina, ma era tutt'altro.

Davanti a noi si trovava una porta, Jack non capiva che cosa avessi intenzione di fare, ma quando la aprii e gli feci cenno di entrare tutto fu chiaro.

Avevo un nascondiglio.

Sì, avevo un nascondiglio nel bosco.
Di solito, lo usavo per nascondermi da mia madre oppure quando i miei non erano a casa e io potevo fare quello che volevo.
Era un po' di tempo che non ci andavo, ed era il momento di tornare.

《Cosa hai intenzione di fare, scusa?》mi domandò Jack con aria perplessa.

Lo guardai con un'aria come a dire "Adesso vedrai" e lo incitai di nuovo ad entrare.

Era come una stanza segreta, ovviamente non poteva essere considerata una casa.
Ma era utile.

Della sua esistenza ne sapevano solo Jack e Mary. Tutti gli altri erano all'oscuro, ma non potevo rischiare di rendere pubblico il mio luogo segreto.

Era una stanza spaziosa, con in grande sacco a pelo per terra, un tavolo, una credenza dove andavano tutte le cose che mi portavo da casa da mangiare, una lampada a olio.
Ovviamente, non avevo l'elettricità e quindi dovevo accontentarmi.

《Ma che posto è?》chiese stupito il mio amico.

Non risposi, lo lasciai guardare la bellezza di quella stanza. Io, davvero, la amavo: aveva un non so che di libertà.

Mi sedetti per terra e aspettai che Jack facesse lo stesso. Si posò al mio fianco. Potevamo stare lì quanto volevamo, a patto che nessuno venisse a “farci visita”.

Sennò, sapevate i guai.

_ _ _

Il bussare alla porta mi fece sussultare. Anche Jack si spaventò. Il suo sguardo scattò verso l'ingresso; gli feci cenno di stare fermo e non fare rumore. Non potevamo rischiare vi essere scoperti.
Mi avvicinai alla porta, nonostante avessi paura di aprire, e abbassai la maniglia: appena vidi chi fosse, lanciai un sospiro di sollievo e maledii Mary per averci spaventati.

《Scappati, vero?》chiese porgendomi un sacchetto.

Lo mossi fra le mani, era poco pesante e mi chiesi cosa potesse contenere. Forse era cibo, o forse no.

Per quanto riguardava la sua domanda, annuii e sorrisi.
Ero preoccupata per la nostra sorte: non era facile non farsi scoprire, ma io mi fidavo sia di Jack che di Mary.

《Stanno facendo un'enorme ispezione, speriamo non vengano qui. Dubito lo faranno, ma voi non abbassate mai la guardia》alzò la voce per farsi sentire pure da Jack.

Mary dovette tornare subito a palazzo, mentre io e il mio amico rimanemmo nel mio nascondiglio.

Se davvero “domani è un nuovo giorno”, allora sperai fosse migliore di quello precedente.

In sole ventiquattro ore erano successe più cose, che in tutta la mia breve vita.

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