26. Buenos Aires

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Il viaggio in treno durò almeno quattro ore. Ricevemmo, in quell'arco di tempo, una miriade di occhiate confuse.

Chiunque sapeva dei Reali di Settentrione e Meridione, del loro odio e di come non si possono nemmeno vedere. Perciò vedere due membri di due famiglia reali nemiche seduti uno accanto all'altro, con la testa di uno poggiata sulla spalla dell'altra, lascia tutti di stucco.

Non c'era molta gente sul treno, o almeno sul vagone in cui eravamo. Sui treni, c'era un vagone solo per la famiglia Reale, ma io e Jack avevamo deciso di mimetizzarci tra la gente e sederci dove siedono tutti. Quella cosa dei posti riservati, per me, era davvero stupida: va bene che siamo di sangue reale, ma non è che merito un vagone a parte e più lussuoso. Dovevo ammettere, che ero molto diversa da molti ragnanti; ho visto Re e Regine vantarsi di essere sul trono e sminuire ci era un semplice cittadino.
Per me abbiamo tutti gli stessi diritti e io non merito un'aria a parte sul treno.

Jack aveva il suo capo poggiato sulla mia spalla destra, gli occhi erano chiusi e il respiro regolare. Ciò mi fece pensare che, anche grazie al movimento del treno, si fosse addormentato. Il viaggio era lungo e ci aspettavano ancora due ore da passare in questo vagone.

Tanto vale fare qualcosa.
E quel qualcosa per Jack era dormire.

In quel momento, entrò dalla piccola porta davanti a noi una signora.

Avrà avuto una trentina d'anni, i capelli lisci neri e gli occhi del medesimo colore, molto magra ed esile, uno sguardo severo visibile da oltre i suoi buffi occhiali. Spostò lo sguardo su di me e sul mio migliore amico e si addolcì, sorrise leggermente nel vederci. Guardò Jack dormire sulla mia spalla, per poi spostare lo sguardo su di me allargando ancora di più il suo sorriso.
Si sedette nel posto dietro al nostro, ma sulla fila opposta. Tirò fuori un libro e si immerse nella sua lettura, probabilmente scordandosi di tutto ciò che le accadeva intorno.

D'un tratto, Jack si mosse e mugugnò infastidito. Gli chiesi sottovoce cosa ci fosse anche non andava, ma non rispose. Solo dopo altre due volte che la scena si ripeté, si svegliò e mi guardò.

《Per quanto ho dormito?》chiese con la voce ancora impastata dal sonno.

Aveva gli occhi rossi, i capelli spettinati e un'espressione confusa.

《Circa due ore》risposi.

Il mio migliore amico si mise dritto con la schiena e mi guardò negli occhi, restammo così per vari secondi, forse minuti, prima che uno scossone ci distraesse.

Assunsi un'aria spaventata,poiché presa dal panico per la scossa che il treno aveva subito. Posai il mio sguardo su Jack, che sembrava confuso quanto me. La donna seduta nell'altra fila, invece, sembrava del tutto tranquilla, come se non fosse successo nulla. Si alzò dal suo posto, prese la sua roba e se andò varcando la soglia della piccola porta davanti a noi, ma prima si voltò e ci salutò con sorriso.

Passarono almeno cinque minuti, prima che il treno ripartisse. Nonostante avessi sentito persone salire a bordo, nessuno venne nel nostro vagone.

Eravamo solo io e Jack.

Il mio migliore amico era stanco, ma non si addormentò più. Guardava fuori dal finestrino, immaginando solo Dio sa cosa; avrei davvero voluto chiedergli a cosa stesse pensando, ma alla fine mi feci i fatti miei e tornai a contemplare il luogo in cui mi trovavo.

*****

Buenos Aires, signori! Buenos Aires! Fermata di Argentina, Buenos Aires, raggiunta!》sentii gridare al controllore.

Scattai in piedi, prendendo Jack per mano e facendogli cenno di alzarsi.
Non mi ero resa conto del tempo che scorreva e non aveva pensato che fossero già passate due ore.

Eravamo in Argentina.

Scendemmo dal grande treno, lasciandoci alle spalle quei due posti su cui eravamo stati seduti per ben due ore. Jack era sperduto quanto me e osservava la stazione con aria perplessa e, allo stesso tempo, stupita.
Mi guardai un po' intorno, vedendo una miriade di persone vagare per poter raggiungere i treni o per poter scendere.

Sembravano avere tutti molta fretta, come se arrivare in orario fosse una questione di vita o di morte.

Usciti dalla stazione ferroviaria, vidi Buenos Aires.
E me ne innamorai.
Come città era davvero bella e mi sentivo quasi a casa, nonostante non avessi mai visto – nemmeno in foto – la città argentina.  Il mio migliore amico sospirò ammaliato da tale bellezza.

Avevamo di fronte a noi una bellissima città.

Subito dopo il mio innamoramento per Buenos Aires, realizzai un'altra cosa: eravamo da soli, senza soldi e in giro in un posto mai visto.

Per di più a nemmeno otto anni.

Mi chiesi se Carmen stesse bene e se fosse arrivata in tempo negli Stati Uniti, anzi... mi chiesi se fosse arrivata in tempo sul treno.

Avevo sentito dai passi, non appartenenti alla quattordicenne, venire verso di noi; erano veloci e pesanti, come se chi corresse fosse infuriato.

Erano i Contrari.

Io e il mio migliore amico eravamo saltati sul nostro treno, mentre Carmen avrebbe dovuto aspettare l'arrivo del suo. Questo mi portò a pregare che avesse fatto in tempo a partire.
Jack sembrava tranquillo, come se non gli importasse del pericolo che tutti noi stavamo correndo.

《Checca, che facciamo, adesso?》domandò il mio amico.

Proprio come me, non sapeva dove andare o con che soldi.
Eravamo fottutamente da soli.

Mi guardai attorno allungo, prima di indicare un bar e proporre di entrarci.

《Almeno staremo al caldo》, alzai le spalle.

Appena entrai percepii il tepore che mi fece pensare a casa mia. Il bar non era affollato, ma almeno la metà dei tavoli erano occupati. Dissi al mio migliore amico di sederci ad uno di essi, vuoto e pulito.

Era vicino alla finestra e potevamo vedere da lì le affollate strade.

《Rebecca?》mi chiamò.

Girai la testa, spostando lo sguardo sul di lui, e gli chiesi cosa servisse.

《Secondo te, Mary verrà qui?》domandò, con tono preoccupato.

Lo speravo anche io.

SPAZIO AUTRICE

Mai stati a Buenos Aires?
Io no, ma ci vorrei andare un giorno.

P.s #prayforCarmen

-Tata🖤

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