Era ora Presidente

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Irene passò una notte piuttosto agitata, un po' per lo spiacevole incontro il suo ex, un po' per tutto l'alcol che aveva ingerito e anche perché le mancava Giuseppe.
"Che pensiero sciocco" disse al suo riflesso nello specchio "Devo smetterla di pensare a lui, tra noi non c'è niente, quindi non vedo come possa mancarmi", ma non riusciva a credere alle sue parole nemmeno un po', forse perché a pronunciarle era il suo riflesso allo specchio: i lunghi capelli castani raccolti in uno chignon malandato, il pigiama di pile con gli orsetti e profonde occhiaie sul viso.

Dormì fino a mezzogiorno, una pratica a cui non era particolarmente avvezza, ma aveva urgente bisogno di riposare.

Quando si svegliò trovò diversi messaggi: era Simone.
Non li aprì nemmeno, sapeva già cosa contenevano: semplicemente ci stava riprovando con lei in modo ossessivo, come faceva da diversi mesi, da quando lei lo aveva lasciato.
Scorse velocemente i messaggi insolenti di Simone, dei vari gruppi whats app e poi ne trovò uno del tutto inaspettato: Giuseppe.

<<Ciao Irene, scusa l'ora, sicuramente starai dormendo o tornando a casa dopo una bella serata. Ho bisogno di vederti>>

Irene trasalì, rilesse più volte il messaggio temendo di aver travisato le parole lette sul display eppure no, diceva proprio così: la voleva vedere. Anzi, aveva bisogno di vederla.
E le aveva scritto questo messaggio alle 6 di sabato mattina, orario in cui nemmeno il Premier lavora. Forse si era svegliato presto e l'aveva pensata. Irene sentì il suo battito cardiaco accelerare e con le mani tremanti rispose

<<Nella pasticceria dell'ultima volta? >>

La risposta di Giuseppe si fece attendere per una decina di minuti che Irene passò attaccata al telefono come un'adolescente

<<Sì, oggi alle 18>>

<<Perfetto, sarò la ragazza col post sbornia>>
scrisse Irene credendo di strappargli un sorriso, ed effettivamente Giuseppe ne colse l'ironia

<<Io sarò quello che assomiglia incredibilmente al Premier>>

Irene si gettò sul materasso, felice di avergli strappato un sorriso, seppur virtuale.

Attese le 18 come aveva atteso poche cose nella sua vita, tanto che iniziò a prepararsi due ore prima per essere, come consigliatole da Clarissa "Super figa".
Per un attimo Irene si dimenticò di Simone, degli esami, della sera prima, mise la sua playlist preferita su Spotify e si truccò canticchiando.

Arrivò alla pasticceria in orario, anche se la tentazione di arrivare lì un'ora prima era molta. Come al solito la commessa le indicò la saletta adiacente al locale e Irene vi entrò entusiasta.
Lo vide seduto al tavolino, l'aria composta ed elegante che lo contraddistingue, davanti un vassoio con dei biscotti al cioccolato.
Appena la vide i suoi occhi parvero illuminarsi "Irene, siediti pure", lei lo raggiunse e si sedette davanti a lui.

Lo scrutò attentamente per un paio di secondi: i vestiti erano impeccabili, i capelli pettinati, anche lui aveva le occhiaie come lei, ma probabilmente erano per il troppo lavoro non per il troppo alcol. Tutto sommato le sembrava stesse bene, meglio dell'ultima volta.

"Sono felice di vederti" gli disse Irene "Ero preoccupata"
Lui sorrise abbassando lo sguardo, una cosa che mai gli aveva visto fare "Mi dispiace, purtroppo è stata una settimana difficile"
"Non devi spiegarmi" lo rassicurò Irene.

Dopo aver mangiato qualche biscotto e avuto una conversazione abbastanza piatta Irene decise di tirar fuori l'arma segreta, giusto per far sciogliere Giuseppe che sembrava ancora preoccupato per via del suo lavoro "Ho portato una cosa" disse Irene ridendo e tirando fuori dalla borsa il libro che li aveva fatti incontrare.
Giuseppe scoppiò a ridere e il suono della sua risata fu un sospiro di sollievo per Irene.
Quanto tempo che non lo sentiva più ridere.

"Adesso, dato che ho l'onore di parlare con l'autore del libro" disse Irene portando la sedia accanto a lui "Mi farò spiegare questo capitolo".
Poggiò il pesante tomo sul tavolino e, ormai vicinissima a Giuseppe iniziò a sfogliare alla ricerca di un capitolo, qualsiasi esso fosse.
Pagina 123.
Giuseppe rise "Davvero non hai capito questo? E dire che ti avevo definita la migliore del corso"
Irene sorrise "Ma io voglio che me lo spieghi lei, professore" disse la ragazza avvicinandosi di qualche centimetro "La ascolto" disse infine poggiando il viso sul palmo della mano, Giuseppe la guardò divertito e incredulo "Devo davvero farti lezione?"
"Sei o non sei professore?"
Giuseppe rise di nuovo e si schiarì la voce iniziando seriamente a spiegarle quel paragrafo, anche se ora ovvio che Irene fosse estremamente divertita dalla situazione e ben poco attenta alle sue parole.

"Sei una pessima attrice" le disse lui dopo circa dieci minuti di spiegazione
"Hai ragione, il capitolo l'ho già studiato però volevo farti sorridere e ci sono riuscita" disse lei prendendo le mani di Giuseppe.
Si rese conto che questo gesto lo fece tremare impercettibilmente.
Irene rimase piacevolmente colpita da questa sua reazione e pensò che, sotto sotto, la sua amica Clarissa poteva avere ragione.
"Sa professore" sussurrò Irene, in modo che Giuseppe dovette farsi più vicino per udire le sue parole "Io sono un'adulta"
Fece una piccola pausa e lo guardò negli occhi "Quindi non si faccia troppi scrupoli con me".
Giuseppe la guardò stupito e Irene trionfò mentalmente per la sua vittoria.
Lui non la stava allontanando, per cui le cose potevano essere solo come le aveva dipinte Clarissa.

Prima che Irene avesse tempo di dire altro, di tentarlo ancora un po', lui le prese il viso tra le mani e la baciò.
Nonostante fosse un contatto bramato e preannunciato da diverso tempo Irene ne rimase comunque stupita.
Istintivamente afferrò il colletto della camicia di Giuseppe per tirarlo ancora di più a sé, lui rispose portando una mano sulla schiena di Irene e mantenendo l'altra sul viso, ad accarezzarle la guancia.
Irene non seppe quanto durò quel bacio, ma si staccarono solo quando entrambi rimasero senza ossigeno, quindi constatò che doveva aver avuto una durata tutt'altro che breve.

Si guardarono, gli occhi lucidi per l'emozione, per il piacere.
"Era ora Presidente!" disse Irene senza levargli gli occhi di dosso, lui le sorrise  accarezzandole le labbra con il pollice.
"Io so che sei il Premier e non voglio incasinarti la vita, ma hai fatto davvero bene a baciarmi" rispose Irene dandogli un altro piccolo bacio.
Conte a malincuore si staccò da lei constatando l'orario ormai tardo.
"Non facciamo passare più così tanto tempo" le disse intento a sistemare il nodo della cravatta "A costo di doverti trascinare a Palazzo Chigi voglio rivederti questa settimana" aggiunse sorridendo.
Uscirono insieme dalla pasticceria che per fortuna dava su una via secondaria in cui i fotografi non venivano mai.

Nonostante non ci fosse praticamente nessuno non si scambiarono altre effusioni, per non dare spettacolo e sopratutto per non dare ai giornalisti qualcosa di cui parlare: loro sono dovunque anche quando pare che non ci siano.

Si salutarono nel modo più professionale possibile anche se la voglia di baciarsi di nuovo era lampante in entrambi.
Salutarsi fu la cosa più difficile che fecero quel giorno.

Ebbene sì, finalmente i nostri due innamorati ce l'hanno fatta, ci hanno messo un po' (9 capitoli ahah) ma penso ne sia valsa la pena, le cose fatte di fretta spesso non sono la soluzione.
Spero vi sia piaciuto questo capitolo, ci "vediamo" al prossimo!!

Mr President in love || Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora