Ricatti

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Il giorno seguente Irene si alzò con l'umore sotto ai piedi, quanto era effimera la felicità, pensò mentre si vestiva.
Andò a lezione come sempre, ma capì poco o niente di cosa stessero spiegando i suoi docenti, la sola cosa che riusciva a pensare era a quella foto, a Simone, ai suoi ricatti.
Simone aveva davvero un talento nel rendere impossibile la vita alle persone.
Mentre si recava al bar per vedere Simone, Conte la chiamò, una cosa che non aveva mai fatto.

"Irene" disse semplicemente "Come va, disturbo?"
"Ehi!" rispose Irene tentando di non far trapelare la sua ansia "Nono affatto, dimmi tutto"
"Volevo solo chiederti se ti andasse di vederci tra mezz'ora, sempre se hai tempo ovviamente"
A Irene si spezzò il cuore nel constatare quanto la voce di Giuseppe fosse rilassata e da quanto lui tenesse a lei, a rivederla.
"No, mi dispiace ho un impegno.. Devo vedere una persona" ma dato che questa frase sembrava equivoca aggiunse subito "Amico, deve vedere un amico. Ormai gliel'ho promesso"
"Certo, non preoccuparti" rispose lui con tono calmo "Ma.. Tutto bene? Ti sento strana"
"Va tutto a meraviglia" Irene si morse la lingua per non dire altro, non poteva di sicuro mettere altra pressione addosso a Giuseppe.
"Va bene, era solo una mia impressione, allora. Buona serata"

Irene prese un lungo respiro come quelli che prende Giuseppe prima di affrontare una situazione difficile: mentirgli le faceva male più di quanto avrebbe mai creduto fosse possibile.
Arrivata al bar trovò Simone con indosso un sobrissimo giacchetto verde fluo, alzò gli occhi al cielo domandandosi come avesse potuto frequentare un simile soggetto, anche se per pochi mesi.

Lui ordinò per lei senza nemmeno interrogarla su cosa volesse, tipico.
Ancora prima che cominciasse a parlare, Irene già voleva andarsene, scappare a gambe levate in direzione Palazzo Chigi.

"Ti trovo splendida Irene"
"Non posso dire lo stesso di te" rispose Irene in tono acido, ma si rese conto dall' espressione di Simone che probabilmente era meglio placare i toni.
"Dai non fare la ribelle" rispose lui iniziando a sorseggiare il suo spritz tentando di darsi un tono e di ostentare un' eleganza che non aveva e che mai avrebbe avuto.
Provi ad essere la scarsa imitazione di Giuseppe e non ti riesce per niente, pensò Irene stringendo i pugni.
" Cosa vuoi, Simone?" domandò Irene cercando di mantenere un tono fermo ma calmo.
"Beh, non voglio che la mia ragazza passi per una troia che vince le borse di studio grazie alle sue scopate"
Irene sgranò gli occhi "Non sono la tua ragazza, tanto per iniziare. E in secondo luogo la tua foto ci ritrae all'uscita di una pasticceria, sei davvero così scemo da credere che io abbia fatto sesso col Presidente del Consiglio in una pasticceria?" domandò esasperata
"Non io, Irene. So che sei intelligente e so anche che simili metodi non ti riguardano. Tu sei una persona così moralmente integra, non è vero? "
Irene lo guardò così male che con quello sguardo avrebbe fatto rabbrividire chiunque.
"Ma sai" riprese lui con quell'aria teatrale "La stampa dice tante cose"
"Dimmi cosa vuoi"
"Non devi più vederlo, perché se lo vedrai" indicò il suo cellulare "Io lo saprò"
Irene si alzò di scatto, indignata, delusa, arrabbiata.
"Sarebbe anche carino se potessimo rivederci ogni tanto.. Sai uscire, andare alle feste.. E chissà..."
Irene si trattenne come più poté dal tirargli un pugno, prese un respiro profondo pensando a Giuseppe e alle loro carriere.
"Accetti?" domandò lui con sguardo lascivo.

Irene abbassò lo sguardo "Accetto" e senza lasciar tempo a Simone di dire altro se ne andò in fretta verso casa.
Appena varcata la porta, si accasciò per terra e iniziò a piangere tra le braccia della sua amica che la guardava preoccupata.

"Non potrò più avere una vita" diceva Irene tra i singhiozzi "Finché ci sarà Simone"
Quando si fu calmata spiegò tutto a Clarissa che ascoltava il racconto con un'aria severa e furiosa in volto.

Nei giorni i seguenti Irene declinò tutti gli inviti fatti da Giuseppe nonostante sapesse alla perfezione che lui per vederla cercava di incastrare riunioni su riunioni, apposta per ritagliarsi un po' di tempo.

A Irene piangeva il cuore perché sapeva quanto stressante fosse la sua vita, con quanta difficoltà riuscisse a far coincidere lavoro con vita privata. Gli tornò in mente un discorso affrontato qualche tempo fa su quanto gli mancasse passare del tempo di qualità con Niccolò, suo figlio.
Si sentiva una stronza, ma non voleva in alcun modo fornire altro materiale potenzialmente scandalistico a Simone.

Le stesse conversazioni via messaggio erano diventate più fredde con Giuseppe, Irene cercava sempre di giustificare le sue assenze, ma come poteva inventarsi di avere impegni improrogabili davanti al Presidente del Consiglio che lavorava da mattina a sera?

Quei giorni furono terribili, Irene provava a studiare, ma ci riusciva a malapena, andava in Facoltà con la testa bassa, come se fosse colpevole di qualcosa e si sentiva perennemente lo sguardo di Simone addosso. Lo cercava in mezzo alla gente, sapeva che era lì, ormai viveva in uno stato di paranoia perenne.

Clarissa soffriva nel vederla così, cercava di spronarla, la invitava a denunciare Simone ma Irene, da brava studentessa di Giurisprudenza, sapeva che serviva molto più materiale per incriminare quel bastardo.

Mr President in love || Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora