Capitolo Ventisei

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«Niña, ti ho preparato i pancakes» gli sentii dire mentre stavo ancora sotto le coperte.
«Alzati o li mangio tutti io» mi smosse un poco ma continuavo a tenere gli occhi chiusi mugugnando qualcosa «Dai niña» mi salì di sopra lasciandomi dei baci dappertutto, mi strofinai gli occhi aprendoli per qualche secondo ritrovandomi le sue labbra a pochi centimetri dalle mie.
«Buongiorno» gli diedi un bacio a stampo levandomelo poi da sopra «Hai fatto i pancakes quindi?» gli chiesi alzandomi ancora assonnata dal letto «Sì! Sono o non sono il ragazzo perfetto?» come al suo solito si vantò portandosi una mano sui capelli.
«Certo come no, io ti ho già detto che tu vuoi farmi ingrassare, lo fai apposta!» gli spettinai i capelli che si era appena sistemato andando verso la cucina dove si potè sentire sin da subito il buon profumo dolce dell'impasto da poco cotto.
«Hai fatto pure il caffè?» chiesi in modo retorico adocchiando una tazza di caffè caldo sul tavolo insieme ai pancakes «Vorrei ritornare indietro e dire che sei il ragazzo perfetto» mi sedetti con lui accanto sorseggiando la bevanda.
«Ovviamente so che lo sono» ancora una volta il suo egocentrismo mi fece ridere «Ogni tanto mi scordo che tu sei Mr.Perfección».

Cominciammo a fare colazione tra battutine e cose simili trascorrendo così il poco tempo che ci rimaneva per stare insieme.
Quando entrambi finimmo io corsi a mettermi in ordine quindi vale a dire lavarmi i denti, vestirmi ed acconciarmi i capelli, cercando nel dunque di vedere se ci fosse qualcosa che ancora non avevo messo in valigia ed era necessario.
Erano le 9:30 e tra un'ora esatta avrei preso il mio volo.

Arrivati dopo un lungo tragitto in macchina all'aeroporto di Torino-Caselle, io che ero già imbarcata nell'aereo che mi avrebbe portata all'aeroporto di Francoforte, mi preparavo all'inferno che avrei dovuto passare: più di 12 ore di viaggio.
Chiusi gli occhi addormentandomi, ricordando il saluto che ebbi qualche minuto prima con Paulo per poterlo sognare.

«Mi mancherai» mi disse spostandomi una ciocca di capelli da dietro l'orecchio «Anche tu, mi raccomando fai una bella partita oggi!» lo incoraggiai «Certo, tu fai invece fai un buon viaggio» gli annuii abbracciandolo forte subito dopo «Anche se non voglio, mi sa che devi scappare o rischi di perdere il volo» mi strinse anche lui prima di staccarsi e posarmi un bacio sulle labbra, vorrei tanto che il tempo si fermasse purtroppo però non è possibile quindi ci allontanammo perché seriamente avrei perso l'aereo perciò salutandolo un'ultima volta mi avvicinai al mio imbarco.

D'istinto mi svegliai quando l'aereo stava atterrando al primo scalo dove giusto due ore dopo nelle quali mi fermai a pranzare in un bar dell'aeroporto, mi reimbarcai questa volta con destinazione Lisbona, dove il viaggio tutto sommato tranquillo durò dalle 13:25 alle 15:35.
Ora con la valigia sempre con me, mi mancava l'ultimo aereo, quello più tosto, che sarebbe durato non una né due ore, ma ben sette con anche quaranta minuti in più e da qui si può intuire il perché non vada molto spesso nella mia casa natale.
Sbuffai al solo pensiero delle ore di viaggio e approfittai della fila d'imbarco per prendere il telefono e mandare un messaggio ai contatti più importanti ovvero mio fratello, mia madre, Paulo e Yael che mi chiedevano come stesse procedendo.

Ore 18:40
Il mio telefono una volta che atterrai al Petrolina Airport in Brasile cambiò orario automaticamente, in Italia erano le 21:40 e la partita era iniziata già da un'ora, peccato che non avessi modo di seguirla per due principali motivi, il primo è che il telefono nonostante avendolo toccato nelle brevi pause tra uno scalo e un'altro si scaricò in fretta e la seconda ragione è che ero soprattutto stanca morta e l'unica cosa che volevo fare era arrivare a casa e buttarmi sul letto, mancavano solo 22 minuti di pullman per poterlo fare.

Come previsto infatti alle 19 arrivai a Juazeiro nella nuova casa che mio fratello comprò ai miei genitori, provando una forte emozione quando li abbracciai dopo forse due anni che non li vedevo, anche loro erano super felici e mi raccontarono  che nel mentre io salivo da un aereo all'altro, mia madre pensava a cucinare la cena che sembrava essere stata preparata per un esercito data l'enorme quantità di cibo che era presente a tavola.
Nonostante la stanchezza riuscii a rispondere a tutte le loro domande che si basavano principalmente sulla mia salute, il mio lavoro e i figli di Dani, dicendomi che li mancano tanto e di mandargli un saluto quando avrei fatto ritorno a Torino.

Serendipity | Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora