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Cammino per l'accampamento, dietro di me ho lasciato il capanno dell'infermeria con quei pochi pivelli che si sono fatti colpire.
La magia è forte, ma quando sei un drago e puoi volare non lo sembra più così tanto.
Le tende rosse mi passano ai lati, sono alte ed imponenti, sembrano quasi quelle di un circo. Già, un circo.
È tutto così minuziosamente ordinato, ogni centimetro che passa tra di esse, ogni viale, lasciato libero per il passaggio, è della stessa larghezza degli altri, al centro di tutto questo, come un sole, la tenda del comandante. Sembra io stia camminando su un raggio.
Ma posso davvero non farlo? Sono stato chiamato da lui in persona...posso rifiutarmi mai?
Tsh. Ridicolo.
Non so se io o lui però.
Che scelta banale il rosso...
Rosso come il sangue che abbiamo fatto scorrere.
Stringo i pugni mentre affretto il passo.
Il Castro è grande, rettangolare, con tende poste orizzontalmente all'altare che si trova davanti all'impalcatura maggiore. Io cerco sempre di stare il più lontano possibile dalla tenda dei Pretori, ma solo per uno di questi.
Se non mi sbrigo mi ammazza. Che cazzo.
Io non ci volevo nemmeno mettere piede qui.
Chiudo gli occhi, sospiro per calmarmi. Davanti mi passano le immagini dei maghi che ho dovuto uccidere, che sono riuscito a salvare...i loro occhi. Occhi che supplicavano vita. Occhi arresi alla nostra potenza. Pieni di lacrime e paura...paura di noi, di me.
Scuoto la testa. Devo mandare via quelle immagini, metterle nel ripostiglio della mia mente, come tutte le altre volte.
Il vento soffia forte qui, sembra anche lui voglia portare altrove le sofferenze che ha dovuto vedere. Io, come ogni volta, mi sono lasciato tutta quella devastazione alle spalle, come il sole all'orizzonte, come quelle madri che, svelte, chiudevano le porte delle case nel vederci, solo per proteggere la prole, credendo che questo potesse fermarci.
Vorrei solo una ragione. Solo una.
Vorrei qualcosa che mi allungasse una mano, che mi raccogliesse da per terra e mi pulisse dalle scaglie che porto addosso come una vergogna, che mi guarisse dai morsi di un serpente velenoso e mi liberasse dalle sue spire che mi tengono fermo, intrappolato.
Vorrei qualcunə che non abbia mai ascoltato le lingue biforcute di questi draghi dalle corazze d'oro e il cuore in fiamme vergognose.
Vorrei qualcosa a cui aggrapparmi, una musa per la mia vita, qualcunə a cui raccontare di me prima di l*i, quando ero solo un pazzo con la maglia sgualcita e le ferite da battaglia sia dentro che fuori, qualcosa che mi faccia sentire benedetto, che mi faccia riconoscere da questa gente, che mi faccia sentire da tutti quando urlerò che io, Natsu Dragneel, figlio di Igneel, non sono affatto come loro e non sarò mai come il padre che ripudierò.
Ora sono solo vittima e giudice di me stesso. Sono io che mi giudico. Sono io che soffro.
Ma è sempre lui che comanda. È sempre sua la scelta.
Vedrò mai la luce nelle tenebre? Un brivido che mi liberi da un torpore che mi tiene stretto come se fossero catene, che mi faccia capire se sono morto o no.
Vorrei qualcosa, qualcunə, che mi desse la forza per intraprendere un percorso che nessuno ha mai fatto...o si, qualcuno in realtà si era ribellato a quel serpente, ma aveva trovato solo morte. Neanche l'amore. Nemmeno la famiglia erano valse di più.
Madre...ti ho promesso che non sarei mai stato stanco, ma è talmente difficile.
Madre...il tempo non aveva ancora portato il bianco sui tuoi capelli.
Cosa mi è rimasto adesso? Solo il tempo. Di quello ne ho quanto ne voglio. Potrei anche fermarmi qui e continuare comunque a vivere, anche se inutilmente.
O potrei dire a mio padre la frase che mi gira in testa da quando ho memoria e porre fine alla mia esistenza. Tanto la vita, senza un motivo per viverla, non può essere completamente vissuta.
Vorrei che la mia voglia di esistere tornasse da me, che la fiamma che alimenta noi draghi si accendesse nuovamente nel mio cuore e non mi permetta più di sentire questo freddo. Non voglio più aspettare di morire.
Sto vivendo la mia vita aspettando di sparire, ma al contempo tremo di paura all'idea di andarmene senza aver lasciato nulla su questo mondo. Io, figlio di Igneel, del grande condottiero, del liberatore della fiamma eterna dei draghi...io...che non ho invece concluso un cazzo di niente.
Alzo lo sguardo al cielo, le nuvole si stanno disperdendo piano, il sole si affaccia da esse e sembra illuminarmi, come a voler mostrare tutte le mie debolezze. Sento che mi scava dentro la cassa toracica, ma non ci troverà nulla se non una lacrima salata che scivola sulla sua guancia, mentre mi accarezzava il viso da bambino, dolcemente, prima di andare a morire davanti al regno intero. Tutti erano accorsi a vedere mio padre, il console più influente di Fiore, giustiziare per tradimento mia madre.
Sua moglie.
Mentre lei lo aveva scelto per passarci il resto della vita insieme, lui aveva scelto di porre fine alla sua di vita.
Deglutisco con fatica. Sento un pesante groppo alla gola.
Mi sento come se dovessi iniziare a scalare una montagna ma non ne trovo la forza, come se so che mi uscirà del sangue dalle mani per quell'impresa, ma non è la sola cosa che mi spaventa. Ho paura di arrivare oltre, dove nessun altro può arrivare, dove non posso essere raggiunto e nessuno può capirmi.
Ma so che prima o poi quella scalata dovrò farla, potrei espiare così le mie colpe.
Colpe troppo grandi, anche per "gli angeli della morte", come ci chiamano per il continente. Non ho mai voluto approfondire su questo appellativo, forse per paura di scoprire che in realtà non fosse un terribile soprannome dato dai perseguitati, bensì un nome glorioso dato dai persecutori stessi, come un vanto.
Come se fosse un vanto poi portare morte e distruzione.
Io, da codardo, la morte la temo anche, quindi che razza di Angelo sono?
Gli angeli hanno paura della morte? Perché io si, ma non della mia, ho paura di vederla negli occhi degli altri, ho paura dei loro sguardi quando stanno per morire, quando lo sanno che è finita ma si riempiono comunque di sete di vendetta, quando hanno l'odio, la paura...peggio ancora quando ti chiedono il perché.
Mi blocco. Non riesco a camminare. Non riesco a prendere fiato.
Mi sento soffocare, sento che la terra anche si è fermata e che stia cercando di inghiottirmi. La sento stretta. Mi chiede di essere altro, di liberare il mio vero io, di lasciarmi andare al fuoco che mi scorre dentro.
No.
No, no, no.
Ho detto no.
Mi sforzo di prendere un bel respiro. Trattengo il fiato, faccio scorrere l'aria respirata dentro di me, la lascio freddare il mio corpo, la butto fuori.
Altre tre volte.
Io sono quiete. Non tempesta.
Sono quiete. Non una catastrofe naturale.
Riprendo a camminare, facendo finta di nulla.
Non devo mostrarmi debole davanti ai soldati.
Arrivo davanti all'altare e mi blocco. Come potrei venerare davvero degli dei che pretendono guerre di dominio?
Con estrema riluttanza, dopo essermi guardato in torno, accenno un inchino...per dimostrare alla mia gente un finto rispetto.
Poco dietro, eccola la, la tenda del grande capo. Grande quanto la sua megalomania.
Chissà chi è con lui.
Tanto a morire non sarà morto nessuno, si tengono ben lontani dall'azione. Farabutti.
Vedo anche dei tribuni più avanti. Che viscidi rettili.
Calcio una piccola pietra e la vedo rotolare davanti a me, fino a finire contro un logoro stivale di cuoio. Alzo lo sguardo e difronte a me si staglia, con la sua possente stazza, Gajeel, il famoso drago di ferro.
<< Finita la passeggiatina di piacere, fiammifero?>> Mi schernisce con un ghigno.
Alzo gli occhi al cielo.
Lo conosco da anni ormai, diciamo che è uno di quelli che tollero.
<< Andare al patibolo lo definiresti un piacere?>> Sbuffo facendolo ridere di nuovo.
<< E se andassi a morire cammineresti così? Dovresti metterci più orgoglio.>>
Si diverte a prendermi in giro?
<< Hai ragione, se andassi a morire camminerei senza dubbio più veloce.>> Incrocio le braccia al petto, anche se il busto dell'armatura me lo rende molto difficile.
Voglio togliermi questo affare di dosso.
<< Ma zitto stecco bruciato, sbrigati ad entrare, ti ha fatto chiamare più di dieci minuti fa.>> Sorride.
<< Non puoi prendere in giro chi è della taglia giusta, ferro arrugginito.>> Lo provoco.
Ha tutti quei dannati pezzi di ferro infilati nella faccia che...boh, è quasi assurdo.
Mai visto uno come lui.
<< Almeno io non ho dei capelli di mer...>>
<< Natsu!>>
Il mio nome viene come...tuonato da quella voce, dalla sua voce, appena in tempo per bloccare la frase del moro che faceva da guardia all'entrata della tenda.
<< Generale.>> Saluto come un bravo soldato. Gajeel si rimette rigido e dritto con la schiena, lo sguardo fiero che punta solo davanti. L'unica direzione degna di essere presa, in questa vita. Lo disse una volta mio padre. Gli diedi torto anche lì. A volte, quanto è bello fermarsi per godersi la vista?
<< Natsu, rapporto.>> Intimò con il suo solito fare...da comandante.
Non mi viene altro modo per descriverlo.
<< Abbiamo attaccato e conquistato la parte ovest della città, non ci sono superstiti.>> Affermo sicuro.
<< Chi ha sorvolato sulla zona per accertarsene?>> Ha la fronte aggrottata in un cipiglio curioso.
<< Io stesso, pretore.>>
Dei fuggitivi in realtà li avevo visti.
<< Feriti nelle nostre fila?>>
<< Cinque, signore. Due con gravi ferite, uno al torace e uno dietro la nuca, tre solo lievi lesioni agli arti.>> Mi sbrigo a rispondere.
Annuisce abbassando di poco il capo.
Senza dire nulla torna nella tenda e io mi lascio andare buttando fuori il respiro che non mi ero nemmeno accorto di stare a trattenere.
Tra qualche ora avrei fatto ritorno a casa...non vedo l'ora di andarmene di qui.
Almeno li ci sono Gray ed Erza, due maghi che mio padre ha portato a casa per un proprio sollazzo. A quanto pare guardare due dei maghi più forti che avesse mai conosciuto crescere sotto il suo tetto era una gioia per il suo ego. Loro avevano all'incirca la mia età e quando sono venuti a vivere da noi, come fossero bestie da compagnia da far ammirare alla società come un vanto, avevano nove e dieci anni. Siamo cresciuti praticamente insieme.
Da solo poco tempo però sta prendendo piede questa moda dove la tua potenza e ricchezza deriva dalla forza del potere magico del mago che hai al fianco. Più il tuo mago da compagnia è forte e più sei potente. Soprattutto se sai addestrarlo a stare fermo e zitto al suo posto.
Raccapricciante.
<< Hai deciso cosa fare?>> Mi ha preso alla sprovvista il moro.
<< Se tornare o meno in città?>>
<< Si ma ci torni volando o a piedi?>>
Alzo gli occhi al cielo. Perché è così importante la trasformazione per loro? In parte, quando è necessario, me le faccio uscire le ali. Tipo prima che ho dovuto cercare i superstiti e nasconderli.
Ma no, non mi trasformerò mai più di così.
<< Ho un cavallo.>> Affermo. Non voglio dargli altre spiegazioni. Sa già che non mi trasformerò. Mai.
<< Natsu, devi trasformarti, prima o poi.>> Sospira contrariato.
Scuoto le spalle e mi volto per dargli la schiena. Alzo la mano e mi incammino lontano da lì.
<< L'altare!>> Urla ricordandomi di dover venerare con un inchino i nostri dei.
Mi blocco, volto la testa di lato e, guardando quell'impalcatura, la chino impercettibilmente.
Torno a camminare guardando avanti.
Dov'è quel nullafacente di Happy?

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