Nella Cucina

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Eravamo nella parte della casa dedicata alla servitù, era sera ormai e in cucina non c'era nessuno oltre a noi.
Mi guardo in giro, in questo posto ho passato molto tempo da bambino, poi sempre più di rado, anche dopo essere tornato dagli anni in battaglia non ho avuto quasi mai la fantasia di tornare qui, dove giocavo con Gray ed Erza, qui dove, per la prima volta, ho assistito alla dimostrazione pratica del senso di giustizia di mio padre.
Tornare a quei tempi con i ricordi sembra sempre portare felicità, ma se mi soffermo bene e riesco a riesumare cose volutamente nascoste, mi rendo conto che forse così bello non dovrebbe essere.
Giocavamo nelle stanze meno frequentate perché nessuno poteva vedermi con loro due, mio padre lo tollerava a malapena ed ogni scusa era buona per punirci o separarci.
Una volta vennero i miei cugini a trovarmi. Il drago bianco e dell'ombra. Due delle discendenze che più sembrano approfittarsi di questi tempi. Non sono veramente fratelli ma sono stati cresciuti come se lo fossero. Entrambi sono di un ramo diverso della nostra famiglia, ma il drago dell' ombra Rogue perdette i genitori che era ancora molto piccolo, non si sa ancora come morirono, o meglio, credo non l'abbiano mai voluto far sapere.
Ricordo con ancora tanto rancore quel giorno.
Volevo giocare con tutti e quattro, con Erza, Gray, Rogue e Sting, l'altro cugino, ma a quest'ultimo sembrava non andare a genio la presenza di due maghi, così li mise nei pasticci creando un macello nella stanza che lo ospitava e dando la colpa a loro. Senza sapere se fosse vero o meno, senza accertarsi o ascoltarmi che urlavo per fargli sapere che avevano passato tutta la giornata con me, li puní qui, davanti a tutti, davanti alla faccia soddisfatta di Sting e a quella indifferente di Rogue, come se fosse abituato alle scenate del fratellastro.
Da quel momento i miei rapporti con i due si sono un po' raffreddati.
Gajeel mi ricorda sempre che devo tenerli buoni, ma comunque al loro posto, che si, posso aver bisogno di loro, ma sono loro a dipendere da me. Io sono fuoco, loro non sono altro che il mio riflesso. Sia luci che ombre provengono dal fuoco, ergo io devo avere un comando su di loro.
A proposito, per il ballo devo sentirli.
Il ballo...
<< Lucy...>> Torno con lo sguardo alla realtà ma mi blocco nel vederla rovistare nella dispensa, è simpatica la scena, non arriva ad afferrare quello che vuole.
Mi avvicino per aiutarla, faccio aderire il mio petto alla sua schiena e seguo la linea del suo braccio per allungare il mio ed afferrare l'oggetto del suo desiderio. Un barattolo in vetro. Credo sia confettura.
Però non è che mi interessi molto...
Sono appiccicato a lei, con una mano che...ma quando l'ho messa sul suo fianco? Da quanto ha voltato il capo per guardarmi?
Probabilmente ho il cuore a mille ma non riesco a concentrarmi su nient'altro che la sensazione che mi lascia il suo corpo così tanto attaccato al mio e i suoi occhi...i nostri occhi che si guardano così tanto da vicino.
Entrambe le nostre mani sono sul vasetto in vetro.
So che non è elegante come pensiero ma il fatto che lei sia leggermente piegata in avanti mi...e la gonna non è nemmeno poi tanto lunga.
Vorrei...
Il suo respiro caldo mi fa venire i brividi lungo la schiena.
È così tanto vicina...
Nei suoi occhi non sembra nemmeno più esserci il veleno di questa mattina.
Sento crescere una sempre più irrefrenabile voglia di baciarla. Li, su quelle labbra rosa leggermente aperte per lo stupore di trovarmi così vicino. Sembrano calde e morbide e in cerca di un affetto, di un amore che mai avevano assaporato. Potevo darglielo io?
Si. Ma non lo avrebbe voluto.
Deglutisco.
Devo cercare di riprendere la ragione.
Devo trovare la forza per allontanarmi.
Ma perché non lo fa lei?
Ancora mi guarda.
<< Natsu...?>>
È un sussurro lontano.
<< Natsu?>>
È sempre più concreta questa voce che mi chiama.
<< Drago!>>
Cosa? Chi? Io?
Scuoto la testa e...cavolo.
Mi allontano immediatamente da lei.
<< Scusa io...>> Mi guardo in torno per non guardare lei, in mano ho l'oggetto colpevole. Allungo il braccio per porgerglielo. << Tieni.>>
Mi rendo conto che anche lei è rossa e in imbarazzo, segno che sta solo facendo finta di essere scocciata e di stare senza alcun tipo di turbamento psichico.
Devo riprendermi.
È stato...wow.
Mi leva il barattolo dalle mani e si mette a rovistare tra i cassetti.
<< Li hai le cose che ti sono state messe da parte.>> Mi avvisa indicando un punto sul tavolo.
<< A te no? Nemmeno tu hai mangiato.>> Chiedo avvicinandomi alla tavola di legno che padroneggia il centro cucina.
Mi siedo davanti alle pietanze.
<< Non sono mica te.>> Alza le spalle.
Scuoto la testa e alzo gli occhi al cielo, prendo una posata da dentro uno dei piatti lasciatomi e gliela porgo invitandola a favorire.
Dapprima mi guarda con sospetto, poi si siede alla mia sinistra e mi prende velocemente la forchetta dalla mano.
Sorrido prendendo un'altra posata di un'altra portata e iniziamo a mangiare insieme, dallo stesso piatto.
È interessante anche vederla mangiare, ha un portamento ed un eleganza mai visti e sembra conoscere molto bene le regole del galateo. Non avvicina la bocca alla posata, come chiunque, resta diritta con la schiena e lascia che il cibo venga da lei.
Basta che non mi finisce le patate al forno.
Io intanto taglio tutta la carne a pezzi levando anche gli ossicini, così può mangiare tranquilla.
<< Comunque non mi hai detto ancora perché rincorrevi le farfalle.>>
Per poco non mi strozzo.
Mi do due colpi di pugno sul petto.
Aspetta con impazienza che smetta di tossire e che mi riprenda.
Ok, sto bene.
<< La farfalla.>> Preciso riprendendo la posata che avevo poco delicatamente gettato sul tavolo.
<< Perdonami, la farfalla.>> Sbuffa.
<< Gray mi ha detto qualcosa di spiacevole e ho preferito passare del tempo da solo nella serra.>> Porto un boccone alla bocca.
Mmmh adoro l'anatra fatta così, anche fredda mi fa impazzire.
<< Cosa ti ha detto di tanto brutto da farti cercare la solitudine piuttosto che parlargli e chiarire il discorso?>> Non so se sia interessata per un tornaconto personale, per poi potermi prendere in giro o se voglia davvero farmi parlare per capire chi sono.
<< Ha insinuato che io mi sia dimenticato delle...cose...che ho fatto in guerra.>> Abbasso lo sguardo. Non so perché ma non me la sento di guardarla. Il piatto semivuoto sembra più interessante.
<< Ed è così?>> Mi colpisce la posata con la sua per richiamare l'attenzione su di lei.
<< Ovvio che no.>>
<< Ma forse ti sei posto in modo da farglielo pensare, non mi sembra il tipo che lancia sentenze a caso. Almeno non a te. Mi ha detto che siete molto legati.>> Posa la posata e si rilassa sulla sedia, poggia gli avambracci sul tavolo ma lascia i gomiti fuori.
<< Io cerco solo di non pensarci e di non...>>
<< Ricordarlo?>>
Sembro in difficoltà? Beh lo sono.
<< Ho fatto cose che non avrei voluto fare per poter sopravvivere. Ho scelto di combattere per la vita mia e dei miei compagni pur non meritandola affatto e sacrificando innocenti. Ho...>> Mi interrompo.
Devo tornare calmo.
Niente emozioni Natsu. Niente emozioni che possano alimentare il fuoco. Respira profondamente.
<< Hai scelto chi far vivere e chi far morire, nonostante sapessi chi meritava davvero cosa.>> Sussurra abbassando il capo.
Mollo la presa sulle posate e il loro tintinnio nel piatto riempie di un fastidioso rumore la stanza. Poggio la schiena alla sedia e le mani sulle cosce.
<< E tu che ne sai di chi è giusto far vivere e chi morire? I draghi al mio fianco, loro...avevano genitori, figli, amici da cui far ritorno e molti non erano d'accordo con questa guerra. Quindi perché non sarebbe stato giusto salvare amici sacrificando degli sconosciuti?>> dico con ferocia trattenuta tra i denti.
<< Sai, credo che in una battaglia, il vero e proprio movente del combattimento, non sia la ragione per cui si è scatenata la guerra, ma il voler proteggere le persone a cui si vuole bene o con cui si è passato del tempo insieme. Credo che, ovviamente, tu abbia preferito salvare un compagno con il quale hai condiviso una tenda per una sola notte, anche solo senza parlarci molto, che uno sconosciuto pronto ad uccidervi entrambi e questo vale anche per l'altra fazione.>> Alza lo sguardo tornando a guardarmi.
Sono esterrefatto da queste parole.
Non riesco a crederci che lei mi abbia capito e che abbia centrato subito in pieno la questione.
Che altro avrei potuto fare? Lasciar morire i miei compagni?
In una situazione in cui la vita e la morte sono così vicine, le emozioni sembrano amplificarsi ed anche la persona con cui hai condiviso magari solo la strada dell'andata pensi sia un fratello legato dalla tua stessa sorte. Come puoi lasciarlo morire?
Tutto in quei momenti era così surreale, se ci ripenso adesso, ma li il legame con i miei compagni era la cosa più reale che avevo, forse la sola cosa che avevo.
Sento il rumore della sedia che struscia e vedo lei alzarsi da tavola.
Mi dà le spalle per andare non so dove. << Comunque non ce l'ho con te per questo. Io vi odio per l'idea alla base di tutto.>> Si volta tenendo in mano una boccia in vetro di vino rosso.

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