Provo a non pensare al dolore che provo dentro.
Lo sapevi che eri il mio eroe?
Tutti i giorni in cui ho cercato la tua presenza ora sembrano così lontani.
E ora anche a me non importa più, come non è mai interessato a te.
Brandisco la spada.
Non posso sopportare più questo silenzio, questo fingere di andarsi bene.
Voglio uno scontro. Voglio dirti quello che penso.
Voglio farti percepire l'odio che mi sale dalle viscere e mi avvelena i pensieri.
Mi concentro. La lama lucente ed egregiamente affilata prende fuoco.
Ti farò perdere qualunque cosa.
Stringo l'elsa tanto da sentirne la forma penetrarmi nel palmo della mano.
È un regalo di Gajeel.
È un'arma meravigliosa.
Nella sua discendenza si usa forgiare le scaglie dei più potenti draghi di ferro e crearne delle armi spettacolari e di una superbia mozzafiato.
Se la lama è piatta e brillante, come il vetro nero dalla forma fine ed elegante, l'impugnatura è più elaborata, due ali di drago si spiegano ai lati all'inizio dell'elsa, le venature sono di una precisione talmente ricercata da far credere che sia la realtà ad emulare l'oggetto e da queste, lineare e cilindrica, parte una rappresentazione della corazza di un drago.
Le scaglie sull'elsa mi si imprimono nella pelle, le sento, irregolari e disomogenee come se fosse davvero il manto di un drago. Sulla scura trasparenza dell'arma, incastonata tra lama ed elsa, una pietra di ossidiana nera, levigata a goccia, la pietra dei guerrieri.
Incredibile come un oggetto tanto bello sia stato creato per uccidere.
Ovviamente è intrisa di potere magico ed è stata creata per appartenere a me e al mio fuoco, da cui, ormai, è completamente avvolta.
Percepisco lo sguardo curioso e affascinato della ragazza seduta poco distante da me.
Non posso perdere la concentrazione.
Non è facile mantenere il fuoco su un oggetto senza propagarlo per tutto il corpo. Non posso neanche deconcentrarmi dal tenerlo a bada, sennò dalla spada può arrivare ad incendiare le cose che mi sono intorno.
La prima cosa che ci insegnano a noi draghi, è che il fuoco non è mai a nostra completa volontà, ha vita propria, lo ospitiamo in noi e lui ci permette di usarlo, ma non si piega mai.
Lentamente stendo il braccio portando l'arma infuocata orizzontalmente avanti a me, guardo la lunga lama. Le fiamme screpitano vogliose di espandersi. Non posso permetterglielo.
Ancora più lentamente, con un movimento fluido di polso e avambraccio, ruoto la lama in modo da puntare l'estremità affilata dove mira il mio sguardo, avanti a me.
Niente cambierà le cose dette. Niente metterà mai in ordine la nostra vita.
Il fuoco scoppietta impaziente.
Devo calmarmi o lo alimenterò troppo con sentimenti sbagliati e non saprò più controllarlo.
Prendo posizione voltando lateralmente il busto e facendo un passo indietro con la gamba opposta al braccio teso, il mento resta fermo sulla spalla, lo sguardo fisso sull'obiettivo. L'altro braccio lo porto, piegato, all'altezza del primo, la mano rigida è vicina al mio volto e mi sfiora lo zigomo aiutandomi a mantenere l'equilibrio e la mira.
Ok. Concentrazione.
Anche le gambe divaricate sono tese.
Devo idealizzare.
Immagina.
Immagina.
Parla al tuo fuoco.
Alleati con lui.
Un legame fraterno, di fiducia reciproca.
Respira.
Tenace, flessibile, fluido. Il fuoco affievolisce lungo l'arma e si allunga sulla punta, propende in avanti come un serpente incerto sull'attaccare o meno la sua preda. Prima la studia.
Quella lingua di fuoco striscia più avanti, è sospesa nel nulla ma sembra abbia un appoggio su cui procedere.
Non le stacco mai gli occhi di dosso.
Brucia di impazienza. Ora sta aspettando il momento in cui io le dica di attaccare.
Ma aspetto. Mi piace vedere che posso avere il controllo su di lei, ma so che non posso stuzzicarla per molto con questo giochetto. È come un cavallo sbizzarrito a cui tiri le redini per obbligarlo a fermarsi.
Ok.
Ora.
La lingua di fuoco scatta fulminea verso il fantoccio da allenamento, colpisce il punto esatto del cuore e in un batter d'occhio lo divora lasciandone solo cenere a terra.
Letale.
Torno a rilassarmi. L'oggetto, meno infuocato di prima, ora è al mio fianco.
Roteando il polso ci gioco un po' come fossi un mangiafuoco con il suo oggetto di scena. Me la ruoto anche davanti formando con i residui di fuoco un otto orizzontale.
<< È spaventoso.>>
Mi volto verso la voce perdendo del tutto la concentrazione. Il fuoco si spegne immediatamente.
<< Cosa?>> Chiedo curioso.
<< Tutto questo. Il modo in cui riuscite a...nemmeno i maghi migliori al mondo manipolano il fuoco con tanta facilità.>>
<< I maghi possono piegare il fuoco a loro piacimento, ma non lo posseggono. Noi siamo fuoco, lui è dentro di noi, lo lasciamo libero di essere e ci è amico, compagno, fratello.>> Spiego avvicinandomi a lei.
Prendo posto al suo fianco e lascio cadere la spada a terra, lei per la paura sposta i piedi e a me viene da sorridere divertito, mi piego per riprenderla e mettergliela davanti al viso. << Non brucia, tocca.>>
Non si fida. Passa lo sguardo da me all'arma e muove la sua mano in piccoli movimenti incerti, l'avvicina ma poi la tira via.
<< Puoi fidarti.>> Le dico intrappolando il suo sguardo nel mio e sorridendole gentile. Resta a fissarmi mentre, lenta, sfiora con i polpastrelli il piatto della lama. Sgrana gli occhi e guarda il suo gesto.
Più sicura di prima poggia le dita sul metallo freddo.
<< Ma...>> Torna a fissarmi stupefatta e io non posso fare a meno di ridere della sua espressione.
<< Avendo una sua volontà il nostro fuoco riconosce la magia degli oggetti e sceglie se bruciare o meno. Non divora, ma avvolge.>> Spiego.
<< Ma il manichino...>>
<< Quello perché gliel'ho fatto percepire come nemico di entrambi.>> Mi alzo dalla panchina e torno nella mia postazione.
Afferro l'elsa con entrambe le mani e alzo la spada difronte al mio viso, come i sacerdoti fanno con gli oggetti sacri. Le braccia piegate come un segno di preghiera.
Vedo il mio riflesso su di essa.
Torna a prendere fuoco.
Ora l'esercizio è differente.
Alimenta il fuoco.
Ripensa a quante volte ti ha voltato le spalle e ha reso difficile anche solo parlargli.
Prima non riuscivi a capire perché fosse tanto difficile instaurare un dialogo con lui, ora è chiaro.
È diverso da te.
Allargo le braccia distendendole poco distanti dai fianchi, la spada salda nella destra.
Muovo il collo prima a destra e poi a sinistra.
Faccio un giro di polso per scaldare il movimento.
Giro il busto, ma questa volta dal lato dell'arma portando la gamba avanti e contemporaneamente piego e alzo il braccio come se stessi tendendo un arco. Il fuoco sulla lama mi accarezza la guancia e sembra indicarmi la strada. Il braccio sinistro è alzato, dritto e rigido con il palmo rivolto al nemico.
La fiamma scalpita. La sento dentro, sento forte il suo lamento, il suo desiderio di essere lasciata andare.
Chiudo gli occhi, le chiedo di restare calma al mio fianco. Sospiro.
Il fuoco si calma e io sorrido perché mi ha dato ascolto e adoro quando c'è questa complicità con la cosa che mi rappresenta e chi mi ha creato. Ruotando il braccio sinistro verso l'alto lo riporto lungo il fianco e avanzo con la gamba dello stesso lato iniziando a molleggiare la spada davanti a me con lo stesso ritmo di prima e formando nuovamente un otto sdraiato, con le fiamme che restano come disegnate nell'aria aspettando solo che io ci passi in mezzo disperdendole e assorbendole in me. Arrivo con passo felpato davanti al secondo manichino, sta volta protetto da una corazza magica, e, rapido come una serpe, lo trapasso da parte a parte. Fuma, ma non brucia.
Mi rilasso e sorrido soddisfatto.
Sono riuscito a potenziare la spada senza far prendere il sopravvento al fuoco, non gli ho permesso di bruciare la vittima, è rimasto sull'arma.
Mi volto verso la maga e sorrido di più per la sua espressione meravigliata. Sembra le piaccia guardare questo tipo di allenamento.
Porta le braccia ad incrociarsi all'altezza del petto e sorride.<< Vorrei imparare anche io a maneggiare una spada, sembra divertente.>>
Scuoto la testa avvicinandomi a lei.
<< Quando sarò sicuro che con una spada in mano non cercherai di uccidermi ti allenerò.>> Mi posiziono davanti a lei.
Porto la spada ormai spenta dietro il collo per poggiarla sul trapezio e con cautela afferro anche la punta della lama.
Sembra contrariata dalla mia affermazione.
<< Ma io mi sono fidata di te prima, potevo bruciarmi.>> Ribatte.
<< È diverso, io non ti farei mai del male e tu lo sai perché non ti guardo come tu guardi me.>> La prendo in giro.
<< Ti guardo come ogni mago dovrebbe guardare un drago.>> Si difende.
<< Ah ma lo penso anche io.>> Affermo prendendo dalla panchina in ferro battuto la mia sciarpa bianca a quadri e mettendola al collo in un largo giro.
<< Sei strano.>> Mi apostrofa guardandomi curiosa da sotto.
La guardo con ilarità e le sorrido gentile porgendole la mano per invitarla ad alzarsi, lo fa, ma senza accettare il mio aiuto.
Allucinante.
Sorrido scuotendo la testa.
<< Andiamo a mangiare qualcosa?>> Mi chiede sorpassandomi.
Non posso fare altro che seguirla.
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La Meraviglia Di Fiore
Fanfiction"Quando la vedo entrare strabuzzo gli occhi. Per tutti i cieli se è bella. È bionda, capelli lunghi, più o meno della mia statura, è formosa al punto giusto e nei punti giusti... Mi avvicino di più. Cosa avevo detto prima degli occhi marroni? Mi...