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PRESLEY'S POV

«È stata una cena magnifica.» Allacciai il braccio sul palo di un lampione posto sulla strada e ci girai attorno, ridacchiando euforica. «Beh, forse era meglio evitarlo quel bicchiere di vino bianco.» Mi tolsi le scarpe con i tacchi e gliele lasciai tra le mani non appena vidi un'altalena all'entrata di un piccolo parco giochi. Ci corsi contro, non badando affatto a dove stessi mettendo i piedi e mi sedetti, pronta a dondolare come una bambina.

«Un bicchiere?» Rise divertito posizionandosi alle mie spalle affine di spingermi . «Erano due dita di vino, e non l'hai nemmeno terminato. Ah, dilettante!»

Chinai la testa all'indietro facendogli le boccacce finché mi bloccò in volo affinché non mi facessi male e piegò la sua in avanti, incominciando poi a baciare la mia fronte con estrema cura tant'è che chiusi gli occhi e mi rilassai, appoggiando la nuca sul suo addome. Premette la sua bocca calda sopra le mie palpebre e poi sulla punta del mio naso, finché sorrise contro le mie labbra quando mimai un bacio, aspettando che mi accontentasse. Non lo fece di proposito, visto che rise , ma mi diede una lieve spinta in avanti facendomi piagnucolare triste.

«Hey, sei cattivo, uffa....» mi lamentai scherzando «....se dovessi scegliere un altro luogo dove vivere, oltre a Long Island, quale sceglieresti?»

«Come ti è venuta in mente questa domanda?»

«Dai, rispondi e basta.»

«Lo stesso luogo in cui vivi tu.» Rispose secco.

«New York?» Mi voltai a guardarlo scrollare le spalle.

«Non è detto che tu vivrai per sempre lì. Un giorno ti potresti trasferire da un'altra parte ed io farei lo stesso.»

«Lascia stare me per un secondo. Tu dove vorresti vivere?»

Aspettai che parlasse alle mie spalle. Mi bloccò quando la mia schiena toccò il suo addome, poi mise la sua mano sulla mia clavicola e bruciò la mia pelle sotto il suo tocco fino a che raggiunse il mio collo, che piegai di lato, dandogli modo di piazzare la sua faccia lì e di baciarmi come solo lui sapeva fare.

Bloccò tra i suoi denti il lobo del mio orecchio. «Londra. Probabilmente andrei lì perché è l'unico luogo in cui mi sento davvero a casa.» Parlò pacato facendomi rabbrividire ogni volta che il suo alito caldo mi sfiorava. «Oltre che nelle tue braccia. Nelle tue braccia ci passerei una vita intera.»

Deglutii e mi voltai beccandomi la sua faccia a pochi millimetri dalla mia. Mi sorrise, abbellendomi la vita inconsciamente. Già, perché non aveva la più pallida idea di quello che riusciva un suo sorriso con tanto di fossette ed occhi lucidi, a scaturire in me. Era la cura del mio tutto.

«Andresti a Londra?»

«Andrei a Londra.» Mi diede un bacio a stampo ed acchiappò la mia mano affinché ce ne ritornassimo in hotel tra i nostri soliti balletti in mezzo alla strada, liberi di volerci e di amarci a dovere senza temere niente o dover rendere conto di ciò che potevamo essere.
Per me lui era semplicemente Harry,
l'amore della mia vita.
Il più grande.
L'immenso, quello impareggiabile.
Il mio meglio.
Meglio del rumore del mare che amavo alla follia, o meglio delle albe che mi facevano impazzire. Meglio delle passeggiate in macchina a mezzanotte, con i finestrini abbassati e le canzoni cantate a squarciagola e meglio dei lunghi baci sotto la pioggia gelida, l'uno tra le braccia calorose dell'altra.
Harry era il meglio del mio meglio.
Senza ombra di dubbio.

Agrodolce - vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora