Chapter 6

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Zulema's P.O.V.

Avevo speso l'intera mattinata a correggere i compiti che mi tormentavano ormai da tempo. Saray si stava occupando di riorganizzare bene i meeting della schedule, mi stava aiutando più di quanto avrebbe dovuto, e lo apprezzavo tantissimo.
Il compito di Ferreiro mi aveva colpita più degli altri. Oltre al contenuto, anche il modo in cui avesse organizzato l'intero foglio mi trasmetteva ordine e coesione.
Ogni punto era stato precisamente abbreviato con le parole adatte. Macarena Ferreiro sapeva cosa servisse per fare un buon Business Plan. Sembrava non fosse affatto la prima volta che lo realizzasse.

Dopo aver tenuto il tappo della penna per ore tra i denti poggiai finalmente la testa sulla sedia. Tutti i fogli presentavano ora un voto sulla loro facciata, da due a otto. Se qualcuno avesse mai preso più di un otto con me, sarebbe stato un miracolo. Preferisco non illudere gli alunni a cui insegno e ogni voto va interpretato come merita di essere interpretato.

Presi un sorso del mio macchiato caldo e osservai lo schermo del cellulare. La notifica di Instagram era ancora lì, fissa nella mia testa, ed iniziava ad appesantirmi fin troppo. Ritornai sull'account della biondina e in un attimo cliccai il tasto segui.
Immaginai quale sarebbe stata la sua reazione, e mi chiesi se stesse parlando alle sue amiche di ciò che potesse pensare di una come me, di quello che le avevo detto fino ad ora. Se potesse arrivare al punto di prendermi in giro o prendersi gioco di me. Ormai era chiaro che quella ragazza avesse qualcosa che mi costringeva a voltare lo sguardo e guardarla, ogni volta che la vedevo dispersa per quei corridoi.

Una chiamata dal telefono dell'ufficio riportò la mia attenzione sulla scrivania.

"Ufficio Zahir. Con chi parlo?"

"Buongiorno, professoressa. Sono Sandoval..la interrompo?"

Fu così che venni convocata nel suo ufficio durante il mio giorno libero. L'unico cazzo di giorno in cui forse avrei potuto avere della tregua. Le facce shockate dei genitori quando spiegai loro i motivi per cui il loro figlioletto fosse stato cacciato via dalla classe erano da immortalare tramite una fotografia.

"Vostro figlio mi ha chiaramente detto di avere di meglio da fare, invece di svolgere i compiti. Qual è stato il motivo della sua iscrizione all'università?"

Se n'erano usciti con altre tre scuse riguardo la routine troppo occupata di García, un calciatore principiante occupato sei giorni su sette sul campo sportivo. E che me ne sarei fatta io del loro orgoglio per quelle banalità? Provo pena per i cinquantenni sempre propensi ad incitare e dare ragione ai propri figli strafottenti. Ma alla fine cosa c'è da meravigliarsi? Se ho imparato una cosa negli ultimi anni di insegnamento è che tali genitori, tali mostriciattoli.

Lasciai che Sandoval mi istruisse dicendo che avrei dovuto mitigare le mie precauzioni, parole alle quali annuii perché stare dentro quella stanza, circondata da idioti, era l'ultima maniera in cui avrei voluto spendere la mia mattinata. Uscii dall'ufficio con un sorriso stampato sulle labbra, passando per la porta che affaccia sulla pista da corsa, dove la prof Aguirre mi trattenne per qualche minuto chiedendomi cosa fosse successo.

Tutto andava bene, finché non venni attratta dal cigolio della porta a un metro dalla mia destra. Vedere Ferreiro lì, con le scocche rosse e lo sguardo di chi è appena stato sgamato, mi portò a terminare velocemente la conversazione con Aguirre per poi recarmi verso gli spogliatoi.
Avevo voglia di congratularmi con la bionda riguardo il suo compito, ma la vista del suo corpo in quei pochi indumenti scombussolò totalmente i piani che inizialmente mi vagavano per la testa.

Tutta quella autorità che avevo dentro non si tradusse più nella mia solita professionalità, ma venne sganciata in ogni passo che facevo verso di lei.
Mi incuriosì quanto la ragazza potesse essere tanto timida che inaspettata.

Ma Io Voglio TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora