Chapter 2

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Zulema's P.O.V.

Avere una classe a cui insegnare qualcosa fu più che piacevole. L'ultima volta che risaliva a tanti anni addietro. Ero sicuramente più giovane di adesso, più paziente e delicata con gli alunni. Se mi vedono ora pensano probabilmente sia un mostro. Ed è questo quello che manca a molti professori oggigiorno. Se non si è stronzi si ricava poco, legge quasi naturale.
Penseranno che lo faccia perché mi stanno antipatici, o perché non scopo da mesi, ma mi ringrazieranno un giorno..ne sono sicura. È proprio perché sono stata alunna anch'io che mi comporto così.

Saray mi aveva aiutata a trasferire le ultime scatole nel nuovo appartamento di Madrid. Lo studio che ci hanno offerto è decisamente più grande di quello che avevo precedentemente, e con questo si allarga anche tutto il lavoro che devo portare avanti ogni giorno. Documenti su documenti, piani su piani. Spero meno viaggi su viaggi.

"Come ti senti?"

Mi aveva chiesto la gitana durante il viaggio in macchina. Sapevo bene che intendesse. Si riferiva al fatto che stessi tornando ad insegnare dopo così tanto tempo. Cercava in me la probabilità che provassi forse dell'ansia, dell'agitazione. Ma non la sentivo, non ancora. Ero pronta, come all'inizio di ogni intervista o all'inizio di ogni riunione con nuovi personaggi del mondo industriale.
È così che sono diventata con il nuovo lavoro e le nuove esperienze, e sì, spesso mi chiedo se sia lo stato giusto in cui dovrei trovarmi. A volte mi sento un gigante di pietra, aspettando di risvegliarmi.

"Sto bene, Saray. Vamos"

Uscimmo dalla macchina e lei mi lasciò proseguire la mia mattinata dandomi una carezza sulla schiena, assicurandomi che si sarebbe occupata di parte dei documenti da compilare dopo il nostro arrivo.

In classe mi avevano acclamata come se fossi un personaggio storico ritornato in vita. Non mi stupiva da un lato, e sembrerà troppo modesto. Ma sono ormai abituata ad essere lusingata. A volte mi detesto per esserne consapevole e non fare nulla a riguardo, ma lo lascio andare, perché infondo vuol dire che mi va bene così.
Sentii sulle spalle gli occhi innocenti dei giovani, chiesi qualche domanda di base per darmi un'ipotetica percentuale del livello in cui si trovassero, e quasi mi accasciai notando che nessuno fosse disposto a fare un passo avanti, probabilmente per i soliti motivi. Paura, indecisione, o semplice inconsapevolezza. Poi, finalmente, ecco lì una mano alzarsi piano.

Lasciai i miei occhi cadere su una biondina. Aveva l'aspetto tipico di una ragazzina troppo per bene. Ne avevo viste così tante come lei. Joder, anch'io sono stata così per un lungo tempo. Ammisi facilmente che la bellezza pura della ragazza mi colpì, e non poco. Avrebbe potuto conquistare il mondo finendo su qualche magazine, invece era finita in quella classe con gli occhi spaventati indirizzati a me. La squadrai per ricongiungermi ad altro della sua piccola persona, ma mi fermai.

Otra vez, no.

Non capitava da tempo, e proprio per questo motivo non dovevo inventarmi qualche nuova ragione per riprendere.
Le feci segno di continuare e la sua riposta, fortunatamente, era più che buona.

Macarena, si chiama Macarena ed è probabilmente la più studiosa della classe.

Quando finì la lezione la richiamai per incoraggiarla a continuare così, sperando che quello di oggi non sia stato soltanto un breve momento di fortuna per lei.
Mi sorrise, ma non ricambiai per evitare di inquinare minimamente la mia professionalità, con la patetica paura che anche sorriderle potesse darle un segnale sbagliato.

Rimasi fino alle sei del pomeriggio a ricontrollare quelli che saranno i compiti per la classe della prossima settimana. Forse sarà troppo difficile per loro, ma voglio mettere in chiaro cosa mi aspetto e in quanto tempo lo aspetto. Prima iniziamo a metterci in moto e meglio è.

Ma Io Voglio TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora