41. Una finta famiglia felice

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Leonardo

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Leonardo


Non appena entro in casa vengo assalito dalle urla dei miei genitori. Mio padre arriva in soggiorno come una furia e mi punta il dito contro.
– Ho chiamato il mio amico che lavora come segretario all’Università di Bologna, mi ha detto che della tua iscrizione non c’è alcuna traccia. Dimmi che sta scherzando. – Grida, con tono minaccioso.
– Ti avevo già avvertito che non avevo intenzione di fare giurisprudenza. – Rispondo a tono.
Mi raggiunge con due falcate, afferra il colletto della mia t-shirt e mi fa arretrare fino a far aderire con violenza la mia schiena contro il portone di casa.
– Stupido ragazzino, adesso mi hai veramente seccato. – Sibila, facendomi sbattere nuovamente contro la porta.
Porto le mani intorno ai suoi polsi e stringo più forte che posso.
– Toglimi subito le mani di dosso. – Il mio tono non ammette repliche, eppure mio padre non sembra neanche lontanamente intenzionato ad ascoltarmi.
Quando mia madre vede ciò che sta accadendo, sbianca.
– Diego, lascia immediatamente Leonardo! – Urla alle sue spalle.
Lui l’ascolta, ma non prima di avermi spintonato nuovamente contro il portone, facendomi sbattere la testa questa volta. Mi piego appena per il dolore che sto percependo dietro la nuca e nel frattempo mio padre si sta dirigendo verso mia madre.
– È tutta colpa tua, dei tuoi insegnamenti del cazzo e di quella zoccola che gli ha aperto le gambe! – Grida ancora più forte, le vene sul suo collo sono rigonfie e sembrano stare per esplodere.
Poi accade una cosa alla quale io non avevo mai assistito, mio padre schiaffeggia mia madre così forte che lei rimane pietrificata, con gli occhi spalancati.
La forma rossastra della manata si forma subito sulla sua pelle chiara e delicata. I suoi occhi si riempiono di lacrime ed il sangue mi ribolle nelle vene.
– Vattene subito da questa casa –, dico rimettendomi in piedi e tenendomi ancora la testa.
Lui si volta nuovamente verso di me e ride nervosamente.
– Che cosa hai detto? –, Domanda retoricamente.
– Ho detto che devi andartene da questa casa, adesso! – Gli urlo contro, come non avevo mai fatto.
Torna nuovamente verso di me, ma questa volta, anziché starmene con le mani in mano reagisco e riesco a colpirlo dritto sul naso, facendolo piegare su sé stesso dal dolore. Anche il suo pugno è andato a segno, infatti non vedo più un cazzo dall’occhio sinistro e sento rivoli di sangue scorrere lungo il mio viso.
– Leonardo! – Mia madre fa per raggiungermi, ma alzo la mano e le intimo di stare ferma lì dov’è. 
Barcollando mi avvicino nuovamente a mio padre, mi siedo a cavalcioni sopra di lui e stringo forte il colletto della sua camicia e faccio quello che lui ha fatto con me.
– Devi sparire da questa casa –, dico alzandolo da terra.
Perde sangue dal naso, gli cola lungo le labbra arrivando fin sopra i miei arti. Mi guarda con i suoi occhi gelidi e piedi di rabbia, ma non dice niente.
Lo scuoto violentemente, facendolo sbattere contro il pavimento. – Hai capito pezzo di merda?! – Grido a qualche centimetro dalla sua faccia di cazzo.
– Non sei tu a decidere –, dice mostrando una fila di denti rossastri.
– Infatti, decido io e tu da stasera non sei più il benvenuto qui. Fai le valigie e vattene, lunedì ti farò chiamare dal mio avvocato, voglio il divorzio. – Sentenzia mia madre.
Alzo la testa verso di lei e le sorrido. Finalmente ha capito che non è l’uomo giusto per lei, che non la merita. Non so se è per il dolore all’occhio o per la felicità di aver sentito quelle parole, ma gli occhi mi si riempiono di lacrime. Lascio mio padre per terra e corro a stringerla tra le mie braccia.
– Scusami se l’ho capito solo adesso –, sussurra tra le lacrime ricambiando l’abbraccia.
– Non importa, mamma. Sono orgoglioso di te –, affermo.
– Vieni, andiamo al pronto soccorso, facciamo controllare questo occhio. – Dice osservandomi per bene.
Annuisco per poi riportare lo sguardo su mio padre, che nel frattempo si è rialzato.
Mamma porta i suoi occhi castani su di lui.
– Porto Leonardo in ospedale, sarà meglio che al nostro ritorno tu non sia qui, altrimenti chiamo i carabinieri e ti denuncio per violenza domestica. – Il suo tono di voce è fermo ed irremovibile.
Mentre passiamo accanto a lui, mio padre prova a bloccarla per il polso.
– Ines, mi dispiace io…–
Sono pronto ad intervenire nuovamente, ma adesso è mia madre a farmi intendere che non devo intromettermi. Mamma si libera il polso dalla sua presa con un gesto secco.
– Hai osato mettere le mani su nostro figlio, tu e le tue scuse potete andarvene dritte all’inferno. Ci vediamo in tribunale. – Sono le ultime parole che gli rivolge prima di chiudersi la porta alle spalle. 

Autrice:
Salve, rieccomi!
Spero che questo capitolo vi piaccia e volevo informarvi che il prossimo, s'intitolerà "Il mio rifugio preferito" e sarà il penultimo capitolo e anch'esso sarà un po' breve.
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e se vi è piaciuto e ricordate di lasciare una stellina!
Un abbraccio,
Alexandria Lewis

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