39.2 La lingua tagliente di Diego Ferrari.

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Leonardo

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Leonardo

Venti minuti dopo, mia madre si mette ad urlare dai piedi delle scale per informarci che la cena è pronta.
Ci dirigiamo nuovamente al piano di sotto e troviamo mio padre davanti alla porta ad attenderci con un bicchiere di vino in mano.
Fa scorrere i suoi occhi languidi lungo tutto il corpo di Alice mentre sorseggia un po’ del liquido rossastro. Istintivamente mi metto davanti a lei per far terminare quel contatto visivo che mi ha già dato fin troppo sui nervi.
Mio padre poggia il bicchiere sulla superficie in marmo alle sue spalle e sospira.
– Ti dispiacerebbe spostarti? Vorrei presentarmi alla tua amica. – Afferma pacatamente e con uno stupido sorriso stampato sul volto.
– Lei non è una mia amica, è la mia ragazza. – Specifico.
Alice si mette davanti a me, interponendosi tra me e l’uomo e tende lui la mano.
– E’ un piacere conoscerla, signor Ferrari. – Dice mentre mio padre ricambia la stretta.
– Il piacere è mio, signorina. Puoi chiamarmi Diego. – Risponde, per poi piegarsi a baciare il dorso della sua mano.
Lancio un’occhiata a mia madre sperando capisca che sono già abbastanza nervoso. Coglie il messaggio e ci invita a sederci tutti a tavola in modo che possa ripartire la pasta con crema di zucchine e prosciutto.
Mi siedo accanto a mio padre, che è seduto a capotavola, di fronte a mia madre, in modo che possa chiederle silenziosamente, con uno sguardo, di intervenire qualora la situazione dovesse diventare tesa ed imbarazzante come poco fa, ed al mio fianco è seduta Alice.
Non appena iniziamo a mangiare, Alice si complimenta genuinamente con mia madre sia per l’aspetto della portata sia per il suo sapore.
– Non sei costretta a complimentarti. – Mio padre s’inserisce nella conversazione delle due, al che Alice si volta sorridente nella sua direzione.
Lo riconosco, quello è il sorriso da risponde taglienti. 
– So che non sono costretta a farlo, ma penso sinceramente che sua moglie abbia cucinato magnificamente questa pasta dunque mi premeva farglielo sapere. Non è di certo un modo per cercare di conquistare sua moglie. – Risponde, lasciandolo allibito per qualche istante e concentrandosi nuovamente su mia madre, quasi come se lui non avesse aperto bocca.
Cerco di trattenere una risata e bevo un bicchiere d’acqua per non farmi sgamare.
La cena procede tranquillamente, Alice insiste ad aiutare mia madre a togliere i piatti della prima portata per sostituirli con quelli della seconda che consiste in pollo al forno con le patate.
– Leo mi ha detto che sei l’unica ad avere i suoi stessi voti in classe. – Incalza mamma.
– Sì, è vero. I nostri compagni ci obbligano sempre ad offrirci volontari per le interrogazioni per questo motivo. – Ridacchia.
– Sai già cosa vorrai fare una volta diplomata, Alice? – Domanda mio padre.
– Considerando la mia predisposizione ad organizzare tutto meticolosamente, mi piacerebbe diventare una manager e tenendo anche in considerazione i miei interessi, vorrei diventare un project manager oppure un brand manager. –
La osservo incuriosito perché l’ultima volta che avevamo parlato del nostro futuro, mi era sembrata abbastanza indecisa sulla strada che le sarebbe piaciuto intraprendere mentre adesso, sta spiegando con sicurezza, seppur mantenendo un tono di voce pacato, le figure professionali alle quali è interessata.
– Ed i tuoi genitori supportano questa tua scelta? Perché io e mio figlio ci troviamo in netto disaccordo circa il suo futuro. Io voglio che diventi un avvocato e che subentri al mio posto quando andrò in pensione. – Afferma.
– Ed io continuo a ripetergli che a me giurisprudenza non piace affatto e che preferisco la facoltà di ingegneria. – Ribatto, per l’ennesima volta.
– Altri al tuo posto non ci penserebbero due volte! – Mio padre fa cadere la forchetta nel piatto, emettendo un rumore sordo.
– Non mi interessa ciò che farebbero altri. Io farò ingegneria meccanica, che ti piaccia o meno. – Tuono, irremovibile.
Alice mi poggia una mano sulla gamba per avvertirmi che probabilmente sto iniziando ad agitarmi troppo. Come al solito, mia madre sta in silenzio, non osa intromettersi in questo discorso poiché altrimenti mio padre inizierebbe ad inveire contro di lei.
Alice però non è mia madre, ed osa farlo.
– Mi permetta di dissentire, signor Ferrari. Se Leonardo non è interessato a subentrare nel suo studio, obbligarlo a fare giurisprudenza non gioverebbe a nessuno dei due. In città lei è conosciuto come un ottimo avvocato e se a succederle fosse qualcuno che non ha la sua stessa passione per la legge, ne risentirebbero non solo il suo studio legale e la sua reputazione, ma anche il rapporto con suo figlio. Quindi ciò che si dovrebbe domandare è: “Preferisco che mio figlio diventi un ottimo ingegnere meccanico oppure un avvocato mediocre e completamente disinteressato alla giurisprudenza?” –
Stringo la mano di Alice per ringraziarla di essere intervenuta, cosa che avrebbe potuto benissimo non fare. Abbiamo ascoltato tutti le sue parole in assoluto silenzio.
Mio padre ha adesso i gomiti poggiati sulla tavola e le dita delle mani intrecciate tra di loro davanti alla bocca. Posso notare la sua tempia pulsare e sono certo che è a dir poco furioso per quella intromissione.
– Dissentire è facile quando non hai nessuno che ti abbia già asfaltato la strada da percorrere, cara Alice. Indipendentemente da cosa deciderai di fare nel tuo futuro, dovrai faticare perché a quanto ho capito, tua madre è una casalinga così come tua nonna e tuo padre un semplice operaio, non hai alcun input, alcun appiglio. Mio figlio è in una situazione diversa rispetto alla tua, riesci a capirlo? – Dice, riservandole un sorriso che non mi piace affatto.
– Papà…– cerco di intervenire, ma Alice non me lo permette.
– Suo figlio dovrà faticare comunque, indipendentemente dalla scelta. Se sceglierà ingegneria, facoltà altrettanto rispettabile, una volta terminati gli studi non avrà nessuno a spianargli la strada ma bisogna anche tenere in considerazione che la figura professionale dell’ingegnere è molto ricercata. Se sceglierà giurisprudenza unicamente per il suo volere, il vostro rapporto potrebbe incrinarsi e Leonardo potrebbe comunque scegliere di aprirsi uno studio legare per conto proprio. – Ci tiene a precisare Alice.
– Anche se tu non dovessi pagarmi gli studi, troverei un lavoro e sceglierei comunque la facoltà che desidero. Se pensi che io abbia paura a sporcarmi le mani, ti sbagli di grosso. – Affermo, puntando i miei occhi nei suoi, così simili da sembrare gli stessi.
– Adesso basta parlare del futuro, concentriamoci su quanto sta accadendo in questo momento e godiamoci la cena. – Sentenzia mia madre.
– Non ho intenzione di continuare questa farsa, Ines. – Dice, alzandosi dalla tavola.
– Diego, per favore, Leonardo vuole semplicemente farci conoscere la sua ragazza. – Tenta di farlo ragionare, mia madre.
– Ragazza? Ha diciannove anni. Pensi davvero che questa relazione sia qualcosa di serio?! – Lo urla a gran voce, quasi come se io ed Alice non fossimo nella stanza.
Mi volto alla mia destra per poterla guardare in faccia: sembra un miscuglio tra vergogna, rabbia e mortificazione. Non intendo più intrattenermi in questa casa.
Mi alzo di scatto, facendo cadere la sedia dietro di me.
– Adesso noi ce ne andiamo. E voglio che sappiate una cosa entrambi: ho accettato di farla venire qui stasera, a sorbirsi questa pagliacciata, solo perché ero stanco che Alice si sentisse insicura a causa della sua situazione familiare e perché aveva sempre pensato che la nostra fosse una famiglia perfetta. Adesso che le avete dimostrato come siamo veramente, posso benissimo andarmene. – Affermo con tono aspro e sarcastico, per poi  prendere Alice per mano e trascinarla fuori da casa mia.

***
Alice

Lo seguo senza dire una parola, ancora esterrefatta da quanto accaduto. Sbatte con forza lo sportello della Jeep e si affretta a metterla a moto, fare manovra e ad aumentare la distanza tra noi ed i suoi genitori.
Leonardo è evidentemente furibondo. Si passa nervosamente una mano tra i capelli per poi abbassare il finestrino.
– Mi puoi passare le sigarette? –
Anziché passargliele, estraggo direttamente una sigaretta dal pacchetto e gliela porgo. La mette tra le labbra e tende la mano in attesa che gli passi l’accendino, ma non lo trovo.
– Non c’è dentro il pacchetto –, lo informo.
Impreca un paio di volte per poi fermarsi al primo tabacchino e comprarne uno. Lo osservo in silenzio poiché sono convinta che abbia bisogno innanzitutto di sbollire la rabbia e mettere in ordine al casino che probabilmente ha in testa.
Parcheggia l’automobile alla villetta, che in questo momento è deserta perché è giovedì sera, e si accende la sua tanto agognata sigaretta. Mentre l’aspira, getta la testa indietro e chiude gli occhi. Sembra rilassarsi nell’istante in cui espelle il fumo fuori dalle narici. Solo adesso, si volta nella mia direzione. I suoi occhi azzurri incontrano i miei e come ogni volta, mi sento pervasa dalla pelle d’oca.
– Mi dispiace – sussurra, allungando la mano nella mia direzione.
Stringo la sua mano nella mia e scuoto la testa.
– Non dirlo nemmeno per scherzo, non è stata colpa tua. –
– Sì, invece. Avrei dovuto rifiutare l’invito di mia
madre. – Continua ad incolparsi, inutilmente.
– No, hai fatto bene ad accettare. Mi ha fatto piacere rivedere tua madre e finalmente ho avuto l’onore di testare sulla mia pelle la lingua tagliente di Diego Ferrari. Come sono andata, a proposito, ho risposto bene? – Domando sorridendogli.
Leonardo mi sorride a sua volta e mi guarda in uno strano modo che solo altre poche volte avevo notato. Quando ha questo sguardo, mi sembra sempre che stia per dirmi qualcosa di importante anche se alla fine sembra cambiare idea.
– Sei andata benissimo. Hai risposto a modo e senza scomporti mai, differentemente da lui. Sembravi così sicura di te che non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso. – Confessa, facendomi arrossire.
Anche se ero sembrata sicura di me, mentre parlavo con il signor Ferrari, mi tremavano le gambe. Era stato strano, dovermi confrontare con lui, che somigliava così tanto a Leonardo, che aveva i suoi stessi occhi eppure mi riservava delle parole con le quali tentava, ma non troppo, di velare il suo disprezzo nei miei confronti.
Mi ero sentita nuda sotto il suo sguardo insistente e mi si era mozzato il respiro quando aveva affermato che non avrei mai potuto capire la situazione di suo figlio perché, sostanzialmente, aveva fatto intendere seppur utilizzando altre parole, io venivo dal nulla e sia i miei genitori che mia nonna erano delle persone semplici, che si erano accontentate di quello che la vita aveva riservato loro senza impegnarsi per ottenere di più.
Mi ero obbligata a mantenere la calma seppur il mio sangue stesse ribollendo dalla rabbia e dalla vergogna.
Grazie alle sue parole però, adesso sono più convinta che mai di andare all’università, realizzare i miei sogni e regalare tanta soddisfazione a nonna Adele. Non importa quanto sarà difficile, quanto a dura prova mi metterà la vita e quanti ostacoli incontrerò lungo la strada, ho intenzione di far rimangiare le parole a Diego Ferrari.
– Grazie – rispondo, fiera di me stessa.

Autrice:
Salve a tutti con la seconda parte del 39simo capitolo.
Siamo oramai agli sgoccioli e da un lato la cosa mi rattrista poiché Alice e Leonardo mi hanno accompagnata negli ultimi due anni ed oramai mi sono affezionata a loro.
Spero che questa seconda parte vi piaccia ed inoltre.
Voglio lasciarvi in anteprima la copertina del secondo libro. Ho bisogno della vostra opinione a riguardo.
Come al solito, per supportarmi, vi invito a lasciare una stellina o un commento.
Un'enorme abbraccio a tutti,
Alexandria Lewis.

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